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Corte Costituzionale sui motivi aggiunti di ricorso in materia di appalti pubblici

Corte Costituzionale, S. 204/2021 del 06/10/2021 depositata il 28/10/2021

Processo amministrativo – Disposizioni specifiche ai giudizi inerenti a controversie su provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture – Impugnazione degli atti – Prevista proposizione dei motivi aggiunti nel termine di trenta giorni, decorrente dalla ricezione della comunicazione di cui all’art. 79 del decreto legislativo n. 163 del 2006.
Dispositivo: non fondatezza


Sentenza 204/2021 (ECLI:IT:COST:2021:204)
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: CORAGGIO – Redattore: BARBERA
Udienza Pubblica del 05/10/2021; Decisione del 06/10/2021
Deposito del 28/10/2021; Pubblicazione in G. U. 03/11/2021 n. 44
Norme impugnate: Art. 120, c. 5°, dell’Allegato 1 al decreto legislativo 02/07/2010, n. 104.
Massime:
Atti decisi: ord. 107/2020

Pronuncia
SENTENZA N. 204

ANNO 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Giancarlo CORAGGIO; Giudici : Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 5, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, nel procedimento vertente tra la Sincon srl e il Comune di Latiano e altri, con ordinanza del 2 marzo 2020, iscritta al n. 107 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Visti gli atti di costituzione della Sincon srl e del Comune di Latiano, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 5 ottobre 2021 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;

uditi l’avvocato Francesco Caricato per la Sincon srl, Pietro Quinto per il Comune di Latiano, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021, e l’avvocato dello Stato Andrea Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 6 ottobre 2021.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 2 marzo 2020 (reg. ord. n. 107 del 2020), il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 5, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo) in riferimento all’art. 24 della Costituzione, nella parte in cui fa decorrere il termine per proporre motivi aggiunti, nelle controversie di cui al comma 1, dalla ricezione della comunicazione di cui all’art. 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).

2.– Il giudice rimettente riferisce che gli atti di una procedura di affidamento di un appalto di servizi sono stati impugnati con un ricorso proposto ai sensi dell’art. 120 dell’Allegato 1 al d.lgs. n. 104 del 2010 (d’ora in avanti: cod. proc. amm.), a seguito della comunicazione di aggiudicazione a favore della controinteressata in data 29 maggio 2019.

Fin dal 30 maggio 2019 la ricorrente ha chiesto l’accesso agli atti di gara, che è stato consentito dalla stazione appaltante solo il 15 luglio successivo.

A ciò è seguita la proposizione di motivi aggiunti al ricorso, notificati il 31 luglio 2019. Pertanto, a parere del giudice a quo, essi sarebbero irricevibili per tardività, in applicazione del denunciato art. 120, comma 5, cod. proc. amm. Ne seguirebbe la rilevanza della questione di legittimità costituzionale della norma censurata.

3.– Con riferimento alla non manifesta infondatezza, il rimettente ritiene di essere vincolato ad applicare l’art. 120, comma 5, cod. proc. amm. nell’univoco senso espresso dalla lettera della disposizione, che riconnetterebbe la decorrenza del termine alla sola ricezione della comunicazione di aggiudicazione, inviata agli operatori concorrenti alla gara ai sensi dell’art. 79 del d.lgs. n. 163 del 2006 (d’ora in avanti: “primo” cod. contratti pubblici).

Posto che i vizi da porre a base dei motivi aggiunti, tuttavia, ben potrebbero essere conosciuti solo in data successiva a tale ricezione, in forza dell’accesso agli atti di gara, tale regime processuale sarebbe palesemente in contrasto con l’art. 24 Cost., perché, comportando che il termine per la proposizione dei motivi medesimi decorra prima della cognizione del vizio, impedirebbe “di fatto” la tutela giurisdizionale.

4.– Il giudice a quo stima poi inadeguata a risolvere il profilo di illegittimità costituzionale la soluzione interpretativa invalsa in giurisprudenza, secondo la quale, in caso di accesso agli atti di gara, il termine di trenta giorni per proporre ricorso, anche con motivi aggiunti, va incrementato di un numero di giorni pari a quelli che l’art. 79 del “primo” cod. contratti pubblici assegna ai fini dell’accesso.

Il rimettente dà atto che l’art. 79 appena citato è stato abrogato, e che, ad oggi, la giurisprudenza si è attestata nel senso che il rinvio operato dall’art. 120, comma 5, cod. proc. amm. a tale disposizione vada ora indirizzato al nuovo art. 76, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), che, pur con una diversa formula letterale, assegnerebbe quindici giorni, anziché dieci, dalla comunicazione della aggiudicazione per un tempestivo accesso. Il termine per proporre motivi aggiunti potrebbe essere perciò incrementato di conseguenza.

Tale soluzione, secondo il rimettente, non è compatibile con la lettera della norma censurata, che continua a rinviare all’art. 79 del “primo” cod. contratti pubblici, per quanto abrogato.

Inoltre, essa comporterebbe lo slittamento anche del termine per proporre il ricorso principale, «in radicale contrasto con la previsione del rito speciale accelerato in materia di appalti pubblici».

5.– È intervenuto nel giudizio incidentale il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, eccependo la inammissibilità della questione, e, nel merito, chiedendo che essa sia dichiarata non fondata.

6.– La questione sarebbe inammissibile perché il rimettente non indica quale sia il regime «alternativo e conforme a Costituzione» rispetto a quello imposto dalla norma censurata.

Inoltre, essa sarebbe inammissibile perché il rimettente si è sottratto al dovere di interpretazione conforme, mancando di uniformarsi all’indirizzo giurisprudenziale che permette di incrementare il termine per proporre motivi aggiunti.

Il giudice a quo non avrebbe inoltre considerato la giurisprudenza secondo cui, nell’ipotesi in cui l’accesso non sia permesso tempestivamente dalla stazione appaltante, il giudice dovrà escludere che il termine per proporre motivi aggiunti decorra comunque.

7.– Le medesime considerazioni appena svolte sull’interpretazione conforme renderebbero la questione, ove ammissibile, in ogni caso non fondata.

8.– Si è costituito il Comune di Latiano, già parte del giudizio principale, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o non fondata.

Il Comune sostiene, al pari dell’Avvocatura generale, che la soluzione praticata dalla giurisprudenza respinta dal rimettente sia corretta, e superi ogni dubbio di legittimità costituzionale.

Tale indirizzo, si aggiunge, è stato di recente ribadito dalla Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 24 giugno-2 luglio 2020, n. 12, che ha confermato come il rinvio disposto dall’art. 120, comma 5, cod. proc. amm. all’art. 79 del “primo” cod. contratti pubblici vada ora riferito all’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016 (d’ora in avanti: “secondo” cod. contratti pubblici).

Il Comune condivide la «svalutazione del criterio letterale» a favore di una «interpretazione sistematica delle norme», e aggiunge che, nel caso di specie, si è in presenza di un mero difetto di coordinamento tra l’art. 120 cod. proc. amm. e il “secondo” cod. contratti pubblici.

9.– Si è costituita la Sincon srl, ricorrente nel giudizio principale, chiedendo che la questione sia accolta.

La parte premette di avere notificato il ricorso principale il 27 giugno 2019, quando ancora non era stata posta in grado di percepire la sussistenza dei vizi poi dedotti con motivi aggiunti, posto che la istanza di accesso del 30 maggio precedente non era stata ancora soddisfatta.

A parere della Sincon srl, i motivi aggiunti notificati il 31 luglio 2019 sarebbero tempestivi, perché intervenuti nel termine di trenta giorni dalla conoscenza degli atti, conseguita il 15 luglio precedente. La parte aggiunge che non vi sarebbero motivi per derogare al principio generale che fa decorrere il termine dalla conoscenza del vizio, ottenuta a seguito di accesso.

Tuttavia, ove si intendesse aderire alla ricostruzione ermeneutica fatta propria dal giudice a quo, e quindi si ritenesse che il termine di decadenza per proporre motivi aggiunti decorra dalla comunicazione dell’aggiudicazione, la questione di legittimità costituzionale sarebbe da accogliere, perché tale interpretazione lederebbe il diritto di difesa.

10.– Nell’imminenza dell’udienza pubblica, la Sincon srl ha depositato memoria, insistendo sulle conclusioni già formulate. Nel caso di specie, i motivi aggiunti proposti nel processo principale sarebbero tempestivi, in quanto la conoscenza dei vizi con essi dedotti sarebbe stata raggiunta solo a seguito di accesso agli atti, ai sensi dell’art. 52, comma 2, del “secondo” cod. contratti pubblici.

Considerato in diritto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, ha sollevato, con ordinanza del 2 marzo 2020 (reg. ord. n. 107 del 2020), questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 5, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo) in riferimento all’art. 24 della Costituzione, nella parte in cui fa decorrere il termine per proporre motivi aggiunti, nelle controversie di cui al comma 1, dalla ricezione della comunicazione di cui all’art. 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).

Il rimettente giudica della legittimità di una procedura di affidamento di appalto pubblico di servizi, nella quale è controversa la tempestività della proposizione di motivi aggiunti al ricorso.

Questi ultimi, infatti, sono stati notificati il 31 luglio 2019, a seguito di accesso agli atti di gara conseguito il 15 luglio precedente. Tuttavia, la comunicazione dell’aggiudicazione (disciplinata ora, a seguito dell’abrogazione dell’indicato art. 79 del d.lgs. n. 163 del 2006 – d’ora in avanti: “primo” cod. contratti pubblici – dall’art. 76 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante «Codice dei contratti pubblici») era pervenuta alla parte ricorrente nel processo principale fin dal 29 maggio 2019, sicché, assumendo tale ultima data a dies a quo per computare il termine di decadenza per proporre i motivi aggiunti, sarebbe palese la tardività di questi ultimi e la conseguente irricevibilità del ricorso che li contiene.

Il giudice a quo muove da tale presupposto interpretativo, che reputa imposto dal chiaro tenore letterale della disposizione censurata, e ne denuncia gli esiti come difformi dalle garanzie del diritto di difesa assicurate dall’art. 24 Cost. Infatti, il termine di decadenza per proporre motivi aggiunti decorrerebbe da una data nella quale la parte ricorrente ben potrebbe ignorare i vizi che affliggono la procedura di gara, e la cui conoscenza potrebbe seguire non già alla mera comunicazione dell’aggiudicazione a favore di altro concorrente, ma alla visione degli atti del procedimento, per effetto dell’istanza di accesso.

2.– L’Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l’inammissibilità della questione per «mancata compiuta individuazione del petitum», ovvero perché il rimettente non avrebbe indicato quale soluzione compatibile con la Costituzione questa Corte dovrebbe adottare, al fine di superare il prospettato vizio di illegittimità costituzionale.

L’eccezione non è fondata.

Questa Corte ha già affermato che «l’ordinanza di rimessione delle questioni di legittimità costituzionale non necessariamente deve concludersi con un dispositivo recante altresì un petitum, essendo sufficiente che dal tenore complessivo della motivazione emerga[no] con chiarezza il contenuto ed il verso delle censure» (sentenze n. 150 e n. 123 del 2021).

Nel caso di specie, il tenore dell’ordinanza di rimessione rende esplicito che il giudice a quo ravvisa una soluzione al dubbio di legittimità costituzionale nel regime generale di proposizione dei motivi aggiunti regolato dall’art. 43 dell’Allegato 1 al d.lgs. n. 104 del 2010 (d’ora in avanti: cod. proc. amm.), per il quale il termine non può che decorrere da quando chi abbia interesse al ricorso sia stato posto nelle condizioni di percepire il vizio, suscettibile di essere reso oggetto del motivo aggiunto.

3.– L’Avvocatura ha altresì eccepito l’inammissibilità della questione, perché il giudice rimettente avrebbe omesso ogni tentativo di interpretazione costituzionalmente conforme.

Ciò sarebbe particolarmente grave, secondo l’interveniente, alla luce della giurisprudenza amministrativa maturata sul censurato art. 120, comma 5, cod. proc. amm., che avrebbe già offerto una lettura della disposizione tale da renderla del tutto conforme all’art. 24 Cost.

La giurisprudenza, per la sua parte largamente maggioritaria, aveva infatti già precisato, al tempo in cui è stata adottata l’ordinanza di rimessione, che il rinvio contenuto nella norma censurata all’art. 79 del “primo” cod. contratti pubblici va ora riferito al vigente art. 76 del “secondo” cod. contratti pubblici, che disciplina l’analogo istituto delle informazioni da comunicare a candidati e offerenti nella gara pubblica. Si era aggiunto che, per effetto di tale rinvio, il termine di trenta giorni per proporre il ricorso è suscettibile di essere incrementato (cosiddetta dilazione temporale) con riferimento agli ulteriori quindici giorni che l’art. 76, comma 2, prima parte, del “secondo” cod. contratti pubblici prevede ai fini dell’accesso agli atti di gara, e che, in ogni caso, per le ipotesi in cui l’amministrazione non permetta l’accesso, o lo procrastini indebitamente, il termine decorre solo da quando l’interessato abbia conosciuto gli atti della procedura.

Successivamente all’ordinanza di rimessione, tale indirizzo giurisprudenziale ha incontrato l’avallo della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza 24 giugno – 2 luglio 2020, n. 12.

3.1.– L’eccezione non è fondata.

Il giudice rimettente si è mostrato consapevole dell’indirizzo ermeneutico appena rammentato, ma ha dichiarato di ritenerlo precluso all’interprete dalla univoca formulazione letterale dell’art. 120, comma 5, cod. proc. amm., la quale imporrebbe di computare la decorrenza del termine per proporre motivi aggiunti dalla comunicazione dell’aggiudicazione, senza alcun correttivo che permetta in ogni caso al ricorrente di godere pienamente del termine assegnato dal legislatore, ove il profilo di illegittimità non potesse essere colto sulla base del solo provvedimento di aggiudicazione.

Questa Corte ha ripetutamente affermato, a tale proposito, che «l’effettivo esperimento del tentativo di una interpretazione costituzionalmente orientata – ancorché risolto dal giudice a quo con esito negativo per l’ostacolo ravvisato nella lettera della disposizione denunciata – consente di superare il vaglio di ammissibilità della questione incidentale sollevata. La correttezza o meno dell’esegesi presupposta dal rimettente – e, più in particolare, la superabilità o non superabilità degli ostacoli addotti a un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione censurata – attiene invece al merito, e cioè alla successiva verifica di fondatezza della questione stessa» (sentenza n. 189 del 2019; in tal senso, sentenze n. 172 del 2021, n. 262 e n. 221 del 2015).

Pertanto, alla luce della motivazione offerta dal rimettente per contrapporsi all’interpretazione costituzionalmente orientata, pur predominante in giurisprudenza, la questione è ammissibile.

4.– Nel merito, essa non è fondata.

Anzitutto, va osservato che non sussiste alcuno degli ostacoli ravvisati dal giudice a quo, quanto alla praticabilità della interpretazione adeguatrice da ultimo sposata dalla menzionata Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.

4.1.– Il giudice a quo ritiene, in primo luogo, che il rinvio operato dalla norma censurata alla comunicazione dell’aggiudicazione di cui all’art. 79 del “primo” cod. contratti pubblici, ai fini della decorrenza del termine per proporre motivi aggiunti, non permetta di postergare in nessun caso il dies a quo, neppure per l’ipotesi di accesso agli atti di gara, né di adottare soluzioni correttive che garantiscano l’esercizio del diritto di difesa, nonostante simile decorrenza.

Viene così ravvisato un impedimento letterale che si frapporrebbe all’interpretazione invalsa in giurisprudenza durante la vigenza dell’art. 79 appena citato, e che è stata poi riproposta con riferimento al sopravvenuto art. 76 del “secondo” cod. contratti pubblici.

Tuttavia, il rimettente non considera che entrambe le disposizioni appena ricordate disciplinano non solo l’informazione attinente alla aggiudicazione, ma anche quelle successive che l’amministrazione è tenuta a rendere disponibili, ovvero a comunicare, a seguito di richiesta di accesso agli atti (art. 79, comma 5-quater, del “primo” cod. contratti pubblici; art. 76, comma 2, del “secondo” cod. contratti pubblici). Fermo restando, perciò, che l’inizio del termine per proporre il ricorso coincide (in questo caso e salve le altre ipotesi individuate dalla giurisprudenza amministrativa) con la data della comunicazione della aggiudicazione, è proprio il rinvio al testo integrale (e dunque comprensivo dell’attività conseguente alla richiesta di accesso) dell’art. 79 del “primo” cod. contratti pubblici (ed ora a quello del sopravvenuto art. 76 del “secondo” cod. contratti pubblici) a ricondurre nel cerchio delle interpretazioni compatibili con la lettera della legge, secondo il contesto logico-giuridico al quale pertiene la norma, la lettura che impone una dilazione temporale, correlata all’esercizio dell’accesso nei quindici giorni previsti attualmente dall’art. 76 del vigente “secondo” cod. dei contratti pubblici (e, in precedenza, ai dieci giorni indicati invece dall’art. 79 del “primo” cod. contratti pubblici).

4.2.– Il rimettente, in secondo luogo, osserva che il censurato art. 120, comma 5, cod. proc. amm. continua a rinviare all’art. 79 del “primo” cod. contratti pubblici, pur dopo l’abrogazione di esso ad opera dell’art. 217, comma 1, lettera e), del “secondo” cod. contratti pubblici. Il giudice a quo ricava da ciò un ulteriore elemento letterale sfavorevole all’applicabilità alla fattispecie del sopraggiunto art. 76 del “secondo” cod. contratti pubblici, sulla quale ormai si fonda l’interpretazione adeguatrice accolta dalla giurisprudenza amministrativa.

Tuttavia, tale argomento è inidoneo a sorreggere una simile conclusione. L’abrogazione dell’art. 79 del “primo” cod. contratti pubblici, e la perdurante vigenza dell’art. 120, comma 5, cod. proc. amm. censurato, infatti, pone un dubbio ermeneutico concernente la natura formale o materiale del rinvio disposto dalla disposizione censurata, e, nel caso in cui l’interprete si orienti per il carattere formale, un ulteriore profilo concernente l’individuazione, ove possibile, della norma eventualmente divenuta applicabile in luogo di quella abrogata, e delle forme e dei limiti entro i quali il rinvio può continuare ad operare. Si tratta, vale a dire, di tappe di un percorso integralmente riconducibile alla sfera propria dell’interpretazione, ovvero di un’attività tipica del giudice. Rispetto ad esso la lettera della legge, per la parte in cui dispone un rinvio ad una disposizione successivamente abrogata, non è un ostacolo, ma al contrario il punto di partenza che onera l’interprete del compito di assegnare alla norma il significato che essa acquisisce, a seguito dell’abrogazione della disposizione oggetto di rinvio.

4.3.– Infine, il rimettente sostiene che l’interpretazione intesa a individuare nel sopraggiunto art. 76 del “secondo” cod. contratti pubblici l’oggetto del rinvio contenuto nell’art. 120, comma 5, cod. proc. amm. sarebbe del tutto eccentrica, perché comporterebbe che il termine per proporre non solo i motivi aggiunti, ma anche il ricorso principale decorra non già dalla comunicazione dell’aggiudicazione, ma «solo a partire dal momento in cui l’interessato abbia avuto cognizione degli atti della procedura» a seguito di richiesta di accesso.

Il rimettente ritiene tale effetto, che sarebbe «in radicale contrasto con la previsione del rito speciale accelerato in materia di appalti pubblici», una conseguenza necessitata del presupposto secondo il quale la norma censurata dispone ora un rinvio all’art. 76, comma 2, del “secondo” cod. contratti pubblici, che disciplina le comunicazioni rese dall’amministrazione a seguito di istanza di accesso.

Tale convincimento non è però condivisibile, perché non vi è alcuna ragione per ritenere che la norma censurata contenga ora un rinvio solo a tale porzione dell’art. 76 del “secondo” cod. contratti pubblici, e non anche al comma 1 dello stesso articolo, che continua a disciplinare la comunicazione dell’aggiudicazione.

Ne consegue che il testo dell’art. 120, comma 5, cod. proc. amm. è compatibile con un’interpretazione, come quella da ultimo seguita dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, secondo la quale il dies a quo per proporre il ricorso principale ed i motivi aggiunti decorre dalla comunicazione dell’aggiudicazione (salve le ulteriori ipotesi di decorrenza di altra natura, ed estranee al presente incidente di legittimità costituzionale), fermo il già descritto meccanismo di dilazione temporale per denunciare i vizi che emergano a seguito dell’accesso agli atti di gara.

5.– Una volta appurato che non vi è alcun impedimento letterale o logico ad adottare l’interpretazione della norma censurata propugnata dalla giurisprudenza amministrativa maggioritaria, avvallata dalla Adunanza plenaria, resta da verificare se essa sia tale da assicurare la conformità della disposizione all’art. 24 Cost.

Questa Corte osserva, in via preliminare, che senza dubbio sarebbe contrario alle garanzie proprie del diritto di difesa un assetto che imponga alla parte lesa dal provvedimento di aggiudicazione di proporre un ricorso recante motivi aggiunti prima che essa sia stata posta nelle condizioni di percepire il vizio che si intende denunciare, o comunque quando non le sia stato assicurato, a tal fine, l’intero termine di trenta giorni previsto dalla legge, e non le possa essere mosso alcun addebito di colpevole inerzia, o comunque di negligenza.

L’istituto stesso dei motivi aggiunti, infatti, è finalizzato, per quanto qui rileva, a permettere l’introduzione in giudizio di profili di illegittimità dell’atto impugnato che non era stato possibile percepire innanzi, sulla base della sola cognizione del provvedimento lesivo.

Perciò, prevedere che il termine di decadenza per proporre i motivi aggiunti maturi, nonostante il vizio non fosse conoscibile mediante l’impiego della ordinaria diligenza, comporterebbe una arbitraria e irragionevole compressione del diritto di agire (ex plurimis, sentenze n. 271 del 2019 e n. 94 del 2017).

Oltretutto, nella materia degli affidamenti pubblici di lavori, servizi o forniture soggetti al diritto dell’Unione europea, una tale previsione sarebbe anche in contrasto con quest’ultimo, che invece esige che il termine per proporre ricorso decorra dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della illegittimità che intende denunciare (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 28 gennaio 2010, in causa C-406/08, Uniplex, UK, Ltd, e ordinanza 14 febbraio 2019, in causa C-54/18, Cooperativa Animazione Valdocco S.C.S. Impresa sociale Onlus), formulando così una regola che, in tale settore, concerne sia il ricorso principale, sia la proposizione di motivi aggiunti.

Perciò, sono compatibili con l’art. 24 Cost., oltre che con il diritto dell’Unione europea, ove applicabile, quelle sole interpretazioni del quadro normativo per effetto delle quali la parte ricorrente disponga di un termine non inferiore a trenta giorni per agire in giudizio, e comunque per proporre motivi aggiunti, tenuto conto della data in cui essa ha preso conoscenza, o avrebbe potuto prendere conoscenza usando l’ordinaria diligenza, dei profili di illegittimità oggetto dell’impugnativa. Si tratta, infatti, del termine discrezionalmente scelto dal legislatore per la proposizione sia del ricorso principale, sia dei motivi aggiunti, per i quali ultimi non è stabilita normativamente alcuna dimidiazione di esso.

6.– L’interpretazione respinta dal rimettente, ma avallata da ultimo dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, rientra nel novero appena descritto delle letture costituzionalmente orientate del censurato art. 120, comma 5, cod. proc. amm.

Difatti, essa assicura, mediante il meccanismo della cosiddetta dilazione temporale per i casi di accesso tempestivamente soddisfatto dall’amministrazione, che il termine per proporre i motivi aggiunti, pur decorrendo, per l’ipotesi prevista dalla disposizione censurata, dalla data di comunicazione dell’aggiudicazione, sia ugualmente pieno.

Parimenti, per il caso in cui l’amministrazione, invece, neghi l’accesso o lo procrastini con condotte dilatorie, il termine, secondo tale lettura esegetica, decorre, quanto ai vizi non percepibili innanzi, dalla data di effettiva conoscenza degli atti di gara, sicché con ciò si assicura alla parte ricorrente di poter usufruire dei trenta giorni assegnati dall’art. 120 cod. proc. amm. per articolare le proprie censure in giudizio.

7.– La configurabilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione censurata, che supera il profilo di illegittimità costituzionale denunciato, e che peraltro è già dominante in giurisprudenza, rende non fondata la questione sollevata dal rimettente.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 5, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), sollevata, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 ottobre 2021.

F.to:

Giancarlo CORAGGIO, Presidente

Augusto Antonio BARBERA, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 28 ottobre 2021.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA

Aggiudicazione – Termine per impugnazione e motivi aggiunti – Sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 02.07.2020 n. 12

Nella succitata sentenza l’Adunanza Plenaria ha affermato i seguenti principi di diritto:

a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016;

b) le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale;

c) la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;

d) la pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è idonea a far decorrere il termine di impugnazione;

e) sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati.


Il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29, d.lgs. n. 50 del 2016; la pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29, d.lgs. n. 50 del 2016, è idonea a far decorrere il termine di impugnazione; sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati.

Le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76, d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale; la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta.

In considerazione dell’immutato testo dell’art. 120, comma 5, del c.p.a., degli artt. 29, comma 1, e 76 del ‘secondo codice’, nonché dell’art. 5, d.P.R. n. 184 del 2006, per determinare il dies a quo per l’impugnazione va riaffermata la perdurante rilevanza della ‘data oggettivamente riscontrabile’, cui ancora si riferisce il citato comma 5.
La sua individuazione, dunque, continua a dipendere dal rispetto delle disposizioni sulle formalità inerenti alla ‘informazione’ e alla ‘pubblicazione’ degli atti, nonché dalle iniziative dell’impresa che effettui l’accesso informale con una ‘richiesta scritta’, per la quale sussiste il termine di quindici giorni previsto dall’art. 76, comma 2, del ‘secondo codice’, applicabile per identità di ratio anche all’accesso informale.
Le considerazioni che precedono sono corroborate dall’esame dell’art. 2 quater della direttiva n. 665 del 1989 e della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
L’art. 2 quater della direttiva n. 665 del 1989 ha disposto che il termine ‘per la proposizione del ricorso’ – fissato dal legislatore nazionale – comincia ‘a decorrere dal giorno successivo alla data in cui la decisione dell’Amministrazione aggiudicatrice è stata inviata’ al partecipante alla gara, ‘accompagnata da una relazione sintetica dei motivi pertinenti’.
Da tale disposizione, si desume che la direttiva ha fissato proprio il principio posto a base dapprima dell’art. 245 del ‘primo codice’ e poi dell’art. 120, comma 5, c.p.a., e cioè che la decorrenza del termine di impugnazione dipenda dall’accertamento di una ‘data oggettivamente riscontrabile’, riconducibile al rispetto delle disposizioni sulle informazioni dettagliate, spettanti ai partecipanti alla gara.
Inoltre, come ha evidenziato l’ordinanza di rimessione, in sede di interpretazione dell’art. 1, § 1, della direttiva n. 665 del 1989, la Corte di Giustizia ha evidenziato che:
– i termini imposti per proporre i ricorsi avverso gli atti delle procedure di affidamento cominciano a decorrere solo quando ‘il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione” (Corte di Giustizia, sez. IV, 14 febbraio 2019, in C-54/18, punto 21 e anche punti 32 e 45, che ha deciso una questione pregiudiziale riguardante il comma 2 bis dell’art. 120 del c.p.a., poi abrogato dalla legge n. 55 del 2019; Sez. V, 8 maggio 2014, in C-161/13, punto 37, che ha deciso una questione pregiudiziale riguardante proprio l’art. 79 del ‘primo codice’ e l’art. 120, comma 5, c.p.a.);
– “una possibilità, come quella prevista dall’art. 43 c.p.a. di sollevare «motivi aggiunti» nell’ambito di un ricorso iniziale proposto nei termini contro la decisione di aggiudicazione dell’appalto non costituisce sempre un’alternativa valida di tutela giurisdizionale effettiva. Infatti, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, gli offerenti sarebbero costretti a impugnare in abstracto la decisione di aggiudicazione dell’appalto, senza conoscere, in quel momento, i motivi che giustificano tale ricorso” (Corte di Giustizia, sez. V, 8 maggio 2014, in C-161/13, cit., punto 40).
Anche l’art. 2 quater della direttiva n 665 del 1989 e tale giurisprudenza inducono a ritenere che la sopra riportata normativa nazionale vada interpretata nel senso che il termine di impugnazione degli atti di una procedura di una gara d’appalto non può che decorrere da una data ancorata all’effettuazione delle specifiche formalità informative di competenza della Amministrazione aggiudicatrice, dovendosi comunque tenere conto anche di quando l’impresa avrebbe potuto avere conoscenza degli atti, con una condotta ispirata alla ordinaria diligenza.
In altri termini e in sintesi, l’Adunanza Plenaria ritiene che – ai fini della decorrenza del termine di impugnazione – malgrado l’improprio richiamo all’art. 79 del ‘primo codice’, ancora contenuto nell’art. 120, comma 5, c.p.a. – rilevano:
a) le regole che le Amministrazioni aggiudicatrici devono rispettare in tema di ‘Informazione dei candidati e degli offerenti’ (ora contenute nell’art. 76 del ‘secondo codice’);
b) le regole sull’accesso informale (contenute in termini generali nell’art. 5, d.P.R. n. 184 del 2006), esercitabile – anche quando si tratti di documenti per i quali la legge non prevede espressamente la pubblicazione – non oltre il termine previsto dall’art. 76, prima parte del comma 2, del ‘secondo codice’;
c) le regole (contenute nell’art. 29, comma 1, ultima parte, del ‘secondo codice’) sulla pubblicazione degli atti, completi dei relativi allegati, ‘sul profilo del committente’, il cui rispetto comporta la conoscenza legale di tali atti, poiché l’impresa deve avere un comportamento diligente nel proprio interesse.

I principi che precedono risultano conformi alle ‘esigenze di celerità dei procedimenti di aggiudicazione di affidamenti di appalti pubblici’, sottolineate dall’ordinanza di rimessione.
Tali esigenze:
– sono state specificamente valutate dal legislatore in sede di redazione dapprima dell’art. 245 del ‘primo codice’ (come modificato dal d.lgs. n. 53 del 2010) e poi dell’art. 120, commi 1 e 5, c.p.a. (con le connesse regole sopra richiamate della esclusione della proponibilità del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e della fissazione del termine di trenta giorni, ancorata per quanto possibile ad una ‘data oggettivamente riscontrabile’);
– sono concretamente soddisfatte – anche nell’ottica della applicazione dell’art. 32, comma 9, del ‘secondo codice’ sullo stand still – in un sistema nel quale le Amministrazioni aggiudicatrici rispettino i loro doveri sulla trasparenza e sulla pubblicità, previsti dagli articoli 29 e 76 del ‘secondo codice’, fermi restando gli obblighi di diligenza ricadenti sulle imprese, di consultare il ‘profilo del committente’ ai sensi dell’art. 29, comma 1, ultima parte, dello stesso codice e di attivarsi per l’accesso informale, ai sensi dell’art. 5, d.P.R. n. 184 del 2006, da considerare quale ‘normativa di chiusura’ anche quando si tratti di documenti per i quali l’art. 29 citato non prevede la pubblicazione (offerte dei concorrenti, giustificazioni delle offerte).
L’ordinanza di rimessione ha posto anche una ulteriore specifica questione (concretamente rilevante per la definizione del caso di specie), sul se il ‘principio della piena conoscenza o conoscibilità’ (per il quale in materia il ricorso è proponibile da quando si sia avuta conoscenza del contenuto concreto degli atti lesivi o da quando questi siano stati pubblicati sul ‘profilo del committente’) si applichi anche quando l’esigenza di proporre il ricorso emerga dopo aver conosciuto i contenuti dell’offerta dell’aggiudicatario o le sue giustificazioni rese in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta.
Ritiene l’Adunanza Plenaria che il ‘principio della piena conoscenza o conoscibilità’ si applichi anche in tale caso, rilevando il tempo necessario per accedere alla documentazione presentata dall’aggiudicataria, ai sensi dell’art. 76, comma 2, del ‘secondo codice’ (come sopra rilevato ai punti 19 e 27).
Poiché il termine di impugnazione comincia a decorrere dalla conoscenza del contenuto degli atti, anche in tal caso non è necessaria la previa proposizione di un ricorso ‘al buio’ [‘in abstracto’, nella terminologia della Corte di Giustizia, e di per sé destinato ad essere dichiarato inammissibile, per violazione della regola sulla specificazione dei motivi di ricorso, contenuta nell’art. 40, comma 1, lettera d), c.p.a.], cui dovrebbe seguire la proposizione di motivi aggiunti.

fonte: sito della Giustizia Amministrativa

Aggiudicazione ed atti di gara – Impugnazione – Termini – Rimessione ad Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Consiglio di Stato, sez. V, 02.04.2020 n. 2215 ord.

Sono rimesse all’Adunanza plenaria le questioni seguenti:

a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione possa decorrere di norma dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nellart. 29, d.lgs. n. 50 del 2016;

b) le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76, d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri consentano la sola proposizione dei motivi aggiunti, eccettuata l’ipotesi da considerare patologica – con le ovvie conseguenze anche ai soli fini di eventuali responsabilità erariale – della omessa o incompleta pubblicazione prevista dal già citato art. 29;

c) la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara non sia giammai idonea a far slittare il termine per la impugnazione del provvedimento di aggiudicazione, che decorre dalla pubblicazione ex art. 29 ovvero negli altri casi patologici dalla comunicazione ex art. 76, e legittima soltanto la eventuale proposizione dei motivi aggiunti, ovvero se essa comporti la dilazione temporale almeno con particolare riferimento al caso in cui le ragioni di doglianza siano tratte dalla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero dalle giustificazioni da questi rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;

d) dal punto di vista sistematico la previsione dell’art. 120, comma 5, c.p.a. che fa decorrere il termine per l’impugnazione degli atti di gara, in particolare dell’aggiudicazione dalla comunicazione individuale (ex art. 78, d.lgs. n. 50 del 2018) ovvero dalla conoscenza comunque acquisita del provvedimento, debba intendersi nel senso che essa indica due modi (di conoscenza) e due momenti (di decorrenza) del tutto equivalenti ed equipollenti tra di loro, senza che la comunicazione individuale possa ritenersi modalità principale e prevalente e la conoscenza aliunde modalità secondaria o subordinata e meramente complementare;

e) in ogni caso, con riferimento a quanto considerato in precedenza sub d), la pubblicazione degli atti di gara ex art. 29 d.lgs. n. 50 del 2016 debba considerarsi rientrante in quelle modalità di conoscenza aliunde;

f) idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione debbano considerare quelle forme di comunicazione e pubblicità individuate nella lex specialis di gara e accettate dagli operatori economici ai fini della stessa partecipazione alla procedura di gara.

Sulla questione della individuazione del dies a quo per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione si osserva che un primo orientamento giurisprudenziale, maturato nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006, sulla scorta del tenore letterale dell’art. 120, comma 5, c.p.a., e sull’espresso richiamo fatto all’art. 79, d.lgs. n. 163 del 2006, ha distinto a seconda che l’amministrazione appaltante abbia inviato una comunicazione completa ed esaustiva dell’aggiudicazione (contenente l’esposizione delle ragioni di preferenza per l’offerta dell’aggiudicatario alla luce delle caratteristiche della stessa per come apprezzate dalla commissione giudicatrice) ovvero si sia limitata a rendere noti l’avvenuta aggiudicazione della procedura ed il nominativo dell’operatore dell’aggiudicatario.

Con riferimento alla prima ipotesi è stato affermato che il ricorso deve essere sicuramente proposto nel termine di trenta giorni decorrenti dalla comunicazione del provvedimento di aggiudicazione ai sensi dell’art. 79, d.lgs. 12 aprile 2016, n. 163; nell’altro caso, invece, si è ritenuto che ai fini della decorrenza del termine di impugnazione di debba tener conto della necessità dell’interessato di conoscere gli elementi tecnici dell’offerta dell’aggiudicatario e, in generale, gli atti della procedura di gara per poter apprezzare compiutamente le ragioni di preferenza della stazione appaltante e verificare la sussistenza di eventuali vizi del suo operato (Cons. Stato, sez. V, 26 luglio 2017, n. 3675; id. 27 aprile 2017, n. 1953; id. 13 febbraio 2017, n. 592; id. 26 novembre 2016, n. 4916; id. 3 febbraio 2016, n. 408C.g.a. 8 giugno 2017, n. 274).

La predetta distinzione introduce l’ulteriore tema che accompagna la problematica in esame riguardante l’accesso agli atti della procedura di gara e in particolare se e in che modo il tempo necessario rilevi ai fini della decorrenza del termine per impugnare l’aggiudicazione: è evenienza notororia che l’impresa concorrente, proprio a seguito della comunicazione di aggiudicazione (non completa dei verbali di gara o delle informazioni sulle caratteristiche e sui vantaggi dell’offerta selezionata), chiede di accedere agli atti della procedura di gara.

Secondo le previsioni dell’art. 79, d.lgs. n. 163 del 2006 l’accesso poteva avvenire entro 10 giorni dalla comunicazione mediante visione ed estrazione di copia, senza la necessità di un’apposita istanza e di un formale provvedimento di ammissione (salvi i provvedimenti di esclusione o di differimento dell’accesso adottati ai sensi dell’art. 13), così che è stato ritenuto che il termine di trenta giorni per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione dovesse essere incrementato di un numero di giorni (massimo dieci giorni) pari a quello necessario per aver piena conoscenza e contezza dell’atto e dei relativi profili di illegittimità, ove questi non fossero oggettivamente evincibili dalla comunicazione di aggiudicazione (Cons. Stato, sez. III, 28 agosto 2014, n. 4432; id., sez. V, 5 febbraio 2018, n. 718; id., sez. III, 3 luglio 2017, n. 3253; id., sez. V, 27 aprile 2017, n. 1953; id. 23 febbraio 2017, n. 851; id. 13 febbraio 2017, n. 592; id. 10 febbraio 2015, n. 864).

E’ stato poi precisato che qualora l’amministrazione appaltante abbia rifiutato illegittimamente l’accesso o abbia adottato comportamenti dilatori il termine per l’impugnazione non inizia neppure a decorrere e il potere di impugnare “non si consuma” se non dal momento in cui l’accesso sia effettivamente consentito (Cons Stato, sez. III, 22 luglio 2016, n. 3308; id. 3 marzo 2016, n. 1143; id., sez. V, 7 settembre 2015, n. 4144; id. 6 maggio 2015, n. 2274; id., sez. III, 7 gennaio 2015, n. 25; id., sez. V, 13 marzo 2014, n. 1250).

Tale orientamento ha trovato conferma anche a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016, ritenendosi che il rinvio, tuttora contenuto nell’art. 120, comma 5, c.p.a., all’art. 79, d.lgs. n. 163 del 2006, n. 163, sia da intendersi, a seguito dell’abrogazione di quest’ultimo, al primo. (Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 2019, n. 3879; id. 27 novembre 2018, n. 6725).

A causa tuttavia del diverso contenuto letterale delle due disposizioni (art. 79, d.lgs. n. 163 del 2006 e art. 76, d.lgs. n. 50 del 2016) si è affermato che la dilazione temporale, fissata in dieci giorni per l’accesso informale ai documenti di gara ex art. 79, comma 5 quater, d.lgs. n. 163 cit., debba ora essere ragionevolmente in quindici giorni, termine previsto dal comma 2 dell’art. 76 per la comunicazione delle ragioni dell’aggiudicazione su istanza dell’interessato (Cons. Stato, sez. V, 20 settembre 2019, n. 6251; id. 2 settembre 2019, n. 6064; id. 13 agosto 2019, n. 5717, id., sez. III, 6 marzo 2019, n. 1540).

È stato mantenuto fermo il principio che se la stazione appaltante rifiuti illegittimamente l’accesso, o tenga comportamenti dilatori che impediscono l’immediata conoscenza degli atti di gara (nei termini indicati), il termine per l’impugnazione non decorrere e il potere di impugnare “non si consuma”; se non dal momento in cui l’interessato abbia avuto cognizione degli atti della procedura (Cons. Stato, sez. III, 6 marzo 2019, n. 1540).

3.3. Secondo un più rigoroso orientamento giurisprudenziale, per effetto del tenore letterale del citato art. 120, comma 5, c.p.a., il termine di impugnazione del provvedimento di aggiudicazione è sempre di trenta giorni e decorre in ogni caso dalla ricezione della comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione proveniente dalla stazione appaltante ovvero, in mancanza, dalla conoscenza dell’aggiudicazione che l’interessato abbia comunque acquisito per altra via; del resto la distinzione tra vizi evincibili dal provvedimento comunicato, per il quale il dies a quo avrebbe decorrenza dalla comunicazione dell’aggiudicazione, ed altri vizi percepibili aliunde, per i quali il termine di impugnazione comincerebbe a decorrere dal momento dell’effettiva conoscenza, non avrebbe riscontro nel diritto positivo (Cons. Stato, V, 28 ottobre 2019, n. 7384; id., sez. IV, 23 febbraio 2015, n. 856; id., sez. V, 20 gennaio 2015, n. 143, le quali si rifanno all’orientamento invalso prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo e del quale sono espressione Cons. Stato, sez. IV, 21 maggio 2004, n. 3298; id., sez. V, 2 aprile 1996, n. 381; id.  4 ottobre 1994, n. 1120; C.g.a. 20 aprile 1998, n. 261).

Peraltro la tutela giurisdizionale dei vizi dell’aggiudicazione conosciuti dopo la sua comunicazione è sempre garantita dalla proponibilità dei motivi aggiunti.

Quanto alle forme e alle modalità della comunicazione di aggiudicazione e all’ammissibilità della piena ed effettiva conoscenza del provvedimento di aggiudicazione, il termine per l’impugnativa dell’aggiudicazione non decorre prima che la comunicazione di questa sia fatta secondo le inderogabili forme del comma 5 bis dell’art. 79, (cioè con il corredo della relativa motivazione, a sua volta espressa attraverso gli elementi di cui al comma 2 lett. c),Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 2017, n. 1953) e, per altro verso, che il termine di impugnazione decorre, in base alla regola generale fissata dall’art. 41 comma 2, c.p.a., dalla notificazione, comunicazione, o piena conoscenza dell’atto, e ciò anche in mancanza delle particolari forme di comunicazione di detti provvedimenti ai sensi dell’art. 79 cit., perché ciò non impedisce che la loro conoscenza sia acquisita con altre forme, come prevede l’art. 120 c.p.a. che non dispone forme di comunicazione esclusive e tassative (Cons. Stato, sez. III, 14 giugno 2017, n. 2925).

E’ stato anche evidenziato, sotto altro profilo, che sebbene il citato art. 79, comma 5, d.lgs. n. 163 del 2006 non abbia introdotto forme di comunicazione tassative o esclusive ai fini della piena conoscibilità degli atti e della decorrenza del termine di impugnazione, quelle previste costituiscono uno strumento privilegiato per l’attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, sub specie di pubblicità, trasparenza, economicità ed efficienza, garantendo un’adeguata certezza della situazione di diritto conseguente allo svolgimento di una gara a evidenza pubblica, così che le comunicazioni effettuate al domicilio o all’indirizzo di posta elettronica indicato negli atti di gara danno vita a una ragionevole presunzione non solo dell’avvenuta conoscenza da parte del destinatario di quegli atti e del loro contenuto, ma anche del fatto che tale conoscenza si sia verificata direttamente in capo alla parte e non al suo difensore (Cons. Stato, sez. V, 22 maggio 2015, n. 2570).

E’ da aggiungere che è stata ritenuta inidonea a far decorrere il termine de quo la pubblicazione della delibera di aggiudicazione all’albo pretorio, nel sistema previsto dall’art 79, comma 5, d.lgs. n. 163 del 2006, se essa non è accompagnata dalla comunicazione dell’aggiudicazione definitiva a tutti gli interessati secondo la regola del successivo comma 5 bis, solo così potendo decorrere il termine di cui all’art. 120, comma 5, c.p.a. (Cons. Stato, sez. V, 25 luglio 2019, n. 5257; id. 23 luglio 2018, n. 4442; id. 23 novembre 2016, n. 4916)

Completezza espositiva impone di dar conto che sulla questione della decorrenza del termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione è intervenuta anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea che: a) con la sentenza 8 maggio 2014, sez. V (causa C – 161/13), ha evidenziato che i ricorsi avverso gli atti delle procedure di affidamento degli appalti pubblici sono efficaci solo se “…i termini imposti per proporre tali ricorsi comincino solo a decorrere in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione…” e che la possibilità di proporre motivi aggiunti “…non costituisce sempre un’alternativa valida di tutela valida effettiva” (ma quest’ultima affermazione deve essere contestualizzata in ragione della peculiare situazione di specie); b) con l’ordinanza 14 febbraio 2019, sez. IV (causa C 54 – 18), in tema di compatibilità con i principi eurounitari del rito super accelerato ex art. 120, comma 2 bis c.p.a., ha osservato che “la fissazione di termini di ricorso a pena di decadenza consentono di realizzare l’obiettivo di celerità perseguito dalla direttiva 89/665”, aggiungendo che tale obiettivo può essere conseguito “…soltanto se i termini prescritti …iniziano a decorrere solo dalla data in cui il ricorrente avvia avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza dell’asserita violazione di disposizioni”, ciò anche per garantire l’effettività del controllo giudiziario, non mancando di sottolineare che è rimesso al giudice nazionale la valutazione in concreto della possibilità per il ricorrente di aver conoscenza dei motivi di illegittimità del provvedimento (nel caso oggetto di controversia di ammissione ai sensi dell’art. 29, d.lgs. n. 50 del 2016).

Ciò posto la Sezione è dell’avviso che la soluzione delle questioni sopra accennate non possa prescindere dalla esegesi letterale e sistematica delle disposizioni che le riguardano ed in particolare dal contenuto degli artt. 29 e 79, d.lgs. n. 50 del 2016 (e successive modd. e integr.) e 120, comma 5, c.p.a..

L’art. 29, d.lgs. n. 50 del 2016, fissando i principi di trasparenza cui devono essere improntate le procedure di affidamento degli appalti pubblici, stabilisce espressamente al comma 1 che “Tutti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché alle procedure per l’affidamento di appalti di servizi, forniture, lavori e opere, di concorsi pubblici di progettazione, di concorsi di idee e di concessione, compresi quelli tra enti nell’ambito del settore pubblico di cui all’articolo 5, alla composizione della commissione giudicatrice e ai curricula dei suoi componenti ove non considerati riservati ai sensi dell’articolo 53 ovvero secretati ai sensi dell’articolo 162, devono essere pubblicati e aggiornati sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente”, con l’applicazione delle disposizioni di cui decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33…..”, aggiungendo significativamente che “Fatti salvi gli atti a cui si applica l’articolo 73, comma 5, i termini cui sono collegati gli effetti giuridici della pubblicazione decorrono dalla data di pubblicazione sul profilo del committente”.

L’art. 76 del citato decreto d.lgs. n. 50 del 2016, disciplinando la “Informazione dei candidati e degli offerenti”, dopo aver stabilito al primo comma che “Le stazioni appaltanti, nel rispetto delle specifiche modalità di pubblicazione stabilite dal presente codice, informano tempestivamente ciascun candidato e ciascun offerente delle decisioni adottate riguardo alla conclusione di un accordo quadro, all’aggiudicazione di un appalto o all’ammissione di un sistema dinamico di acquisizione, ivi compresi i motivi dell’eventuale decisione di non concludere un accordo quadro o di non aggiudicare un appalto per il quale è stata indetta una gara o di riavviare la procedura o di non attuare un sistema dinamico di acquisizione”’, aggiunge al secondo comma che “Su richiesta scritta dell’offerente e del candidato interessato, l’amministrazione aggiudicatrice comunica immediatamente e comunque entro quindici giorni dalla ricezione della richiesta: a) ad ogni offerente, i motivi del rigetto della sua offerta, inclusi, per i casi di cui all’articolo 68, commi 7 e 8, i motivi della decisione di non equivalenza o della decisione secondo cui i lavori, le forniture o i servizi non sono conformi alle prestazioni o ai requisiti funzionali; a bis) ad ogni candidato escluso, i motivi del rigetto ella sua domanda di partecipazione; b) ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta ammessa in gara e valutata, le caratteristiche e i vantaggi dell’offerta selezionata e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato l’appalto o delle parti dell’accordo quadro; c) ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta ammessa in gara e valutata, lo svolgimento e l’andamento delle negoziazioni e del dialogo con gli con gli offerenti”.

Il successivo comma 5 dispone che “le stazioni appaltanti comunicano d’ufficio immediatamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni: a) l’aggiudicazione, all’aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti i candidati che hanno presentato un’offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura offerta siano state escluse se hanno proposto impugnazione avverso l’esclusione o sono in termini per presentare impugnazione, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera d’invito, se tali impugnazioni non siano state respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva; b) l’esclusione ai candidati e agli offerenti esclusi; c) la decisione di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro, a tutti i candidati; d) la data di stipula del contratto con l’aggiudicazione, ai soggetti di cui alla lettera a) del presente comma.”.

Infine il sesto comma 6 dell’articolo in esame precisa che “Le comunicazioni di cui al comma 5 sono fatte mediante posta elettronica certificata o strumento analoga negli Stati membri. Le comunicazioni di cui al comma 5, lettera a) e b), indicano la data di scadenza del termine dilatorio per la stipulazione del contratto”.

Occorre aggiungere che, sebbene la ratio delle disposizioni dell’art. 76, d.lgs. n. 50 del 2016 sia analoga a quella dell’art. 79, d.lgs. n. 163 del 2006, quest’ultima conteneva la specifica disposizione sull’accesso informale (comma 5 quater) che non compare nella prima.

L’art. 120, comma 5, c.p.a. infine dispone che: “Per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale e incidentale e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente, per il ricorso principale, e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto”.

Ciò posto, si osserva quanto segue.

Innanzitutto:

a) a differenza del d.lgs. n. 163 del 2006, il nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016 e succ. modd. e integr.) all’art. 29, come evidenziato, prevede non solo l’obbligo generalizzato di pubblicazione sul profilo del committente, nella Sezione “Amministrazione trasparente”, di tutti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatari delle procedure di affidamento degli appalti pubblici (così come ivi elencati e specificati), ma anche la espressa previsione che fatti, salvi gli atti a cui si applica l’art. 73, comma 5 (cioè gli avvisi e i bandi), “i termini cui sono collegati gli effetti giuridici della pubblicazione decorrono dalla data di pubblicazione sul profilo del committente”.

L’A.N.A.C., ha ritenuto, nella delibera 28 dicembre 2016, n. 1310, recante “Prime linee guida recanti indicazioni sull’attuazione degli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni contenute nel d.lgs. 33/2013 come modificato dal d.lgs. 97/2016”, che sono soggetti all’obbligo di pubblicazione anche “gli elenchi dei verbali delle commissioni di gara”, salvo riconoscere la possibilità dell’accesso civico generalizzato ai predetti verbali, ai sensi degli artt. 5, comma 2, e 5 – bis, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33.

b) l’art. 76, pur avendo sostanzialmente la stessa ratio e finalità dell’art. 79 del previgente codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163 del 2006) e disciplinando anche la stessa materia delle informazioni ai concorrenti ai candidati (degli esiti dei procedimenti di affidamento degli appalti pubblici), non contiene alcuna previsione circa il fatto che quelle comunicazioni facciano decorre il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione, né disciplina la speciale forma di accesso informale, prima prevista dall’art. 79, d.lgs. 163 del2006;

c) si potrebbe dubitare dell’interpretazione “evolutiva” dell’art. 120, comma 5, c.p.a., nel senso di ritenere sict et simpliciter sostituito il richiamo all’art. 79, d.lgs. n. 79 del 2006 con l’art. 76, d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto, ancorché ragionevolmente basata sulla eadem ratio, potrebbe non essere sistematicamente giustificabile in relazione alla non irrilevante questione dell’eliminazione dell’accesso informale con le sue ricadute sulla corretta individuazione del termine di decorrenza dell’impugnazione dell’aggiudicazione.

Dal punto di vista sistematico può ricavarsi che:

a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre di norma dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara – tra cui devono comprendersi, non solamente gli “elenchi dei verbali”, ma proprio i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate – in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29, d.lgs. n. 50 del 2016;

b) le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76, d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri consentono la sola proposizione dei motivi aggiunti, eccettuata l’ipotesi da considerare patologica – con le ovvie conseguenze anche ai soli fini di eventuali responsabilità erariale – della omessa o incompleta pubblicazione prevista dal già citato art. 29;

c) dal punto di vista sistematico la previsione dell’art. 120, comma 5, c.p.a. che fa decorrere il termine per l’impugnazione degli atti di gara, in particolare dell’aggiudicazione dalla comunicazione individuale (ex art. 78, d.lgs. n. 50 del 2016) ovvero dalla conoscenza comunque acquisita del provvedimento, deve intendersi nel senso che indica due modi (di conoscenza) e due momenti (di decorrenza) del tutto equivalenti ed equipollenti tra di loro, senza che la comunicazione individuale possa ritenersi modalità principale e prevalente e la conoscenza aliunde modalità secondaria o subordinata e meramente complementare;

d) in ogni caso, con riferimento a quanto considerato in precedenza sub d), la pubblicazione degli atti di gara ex art. 29, d.lgs. n. 50 del 2016 deve considerarsi rientrante in quelle modalità di conoscenza aliunde;

e) idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione devono considerare quelle forme di comunicazione e pubblicità individuate nella lex specialis di gara e accettate dagli operatori economici ai fini della stessa partecipazione alla procedura di gara.

f) resta il caso in cui l’esigenza di proporre ricorso emerga solamente dopo aver conosciuto i contenuti dell’offerta dell’aggiudicatario ovvero anche, come frequentemente accade, le giustificazioni rese dall’aggiudicatario nell’ambito del sub procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, documentazione per la quale non è prevista la pubblicazione, non rientrando tra gli “atti delle amministrazioni aggiudicatrici relativi…alle procedure per l’affidamento di appalti pubblici di servizi, forniture, lavori e opere…” ai sensi dell’art. 29, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016 ed, anzi, per i quali l’istanza di accesso è suscettibile di differimento ai sensi dell’art. 53, comma 2, lett. c) d.lgs. n. 50.