Archivi tag: lex specialis

Lex specialis: quali criteri di interpretazione ?

Il quesito trae origine a seguito di una gara pubblica, all’esito della quale una delle imprese escluse, ritenendo lesi i propri diritti, ricorreva al Giudice amministrativo al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione; a tal fine, la ricorrente rappresentava nell’atto introduttivo del giudizio le molteplici violazioni alla normativa vigente, tra le quali la mancata valutazione dei titoli posseduti da una delle imprese consorziate che avrebbe dovuto eseguire una parte consistente dei lavori oggetto della gara. La questione esaminata, pur riguardando essenzialmente la facoltà per i concorrenti di potersi avvalere dell’operato di imprese consorziate nel corso dell’esecuzione dei lavori, ha richiesto una disamina delle clausole contenute nella disciplina di gara.
Dunque, quali sono le modalità di interpretazione della lex specialis?
Il Giudice Amministrativo conferma che l’attività ermeneutica deve essere effettuata sulla base delle disposizioni del Codice Civile ed in particolare sulla base delle modalità esegetiche individuate dagli articoli 1362 e 1363 Codice Civile previste per i contratti ma applicabili anche alle clausole contenute nella lex specialis.
Alla stregua del primo articolo le clausole previste nella lex specialis dovranno essere interpretate sulla base della comune interpretazione delle parti senza limitarsi al loro significato letterale. Mentre il secondo articolo citato prevede che le clausole debbano essere interpretate le une per mezzo delle altre. Si tratta dell’interpretazione cosiddetta sistematica tramite la quale il contenuto di una clausola costituirà lo strumento per l’interpretazione delle altre. L’interpretazione dovrà in ogni caso essere effettuata in maniera tale da garantire beni quali l’affidamento dei concorrenti e la parità del loro trattamento: principi, questi, che assumono una grande e prioritaria importanza nel corso di una gara pubblica e che pongono un limite all’attività interpretativa tanto da impedire nell’applicazione delle singole clausole di potersi discostare dal significato letterale delle espressioni linguistiche utilizzate che costituiscono il cardine fondamentale per la valutazione delle condotte delle parti coinvolte nella procedura di gara (in tal senso, TAR Roma, 17.10.2024 n. 18000).

    PER QUESITI O INFORMAZIONI SUI SERVIZI DI RISPOSTA RAPIDA, CONSULENZA E SUPPORTO SPECIALISTICO E SULLA PIATTAFORMA GARE TELEMATICHE DI SENTENZEAPPALTI.IT O PER UN PREVENTIVO GRATUITO, SI INVITA A COMPILARE IL MODULO SEGUENTE

    Richiesta:*

    Nome, cognome, Ente o Società:*

    Email:*

    N.B. I servizi sono attivabili su richiesta e modulabili sulla base di specifiche esigenze. Per ulteriori informazioni si invita a visitare le pagine dedicate del sito oppure a contattare info@sentenzeappalti.it.

    PRIVACY. Letta l’informativa sulla privacy, si acconsente all’utilizzo dei dati inseriti nel presente modulo ed all’invio di eventuale materiale informativo. 
    

    Accettazione privacy*

    Modifiche marginali alla lex specialis : non necessaria nuova pubblicazione gara

    Consiglio di Stato, sez. V, 04.11.2024 n. 8729

    “Le modifiche marginali della lex specialis … non obbligano la stazione appaltante a procedere alla rinnovazione della pubblicazione di un nuovo bando ed alla fissazione del termine dilatorio di cui all’art. 60 d.lgs. n. 50 del 2016 ai fini della presentazione delle offerte, essendo sufficienti forme di pubblicità e di dilazione dei termini congrue […]” (C.d.S, III, 4.9.2020, n. 5358).
    9.2. Tanto premesso, rileva il Collegio che, nella fattispecie in esame, le modifiche apportate dall’Amministrazione al disciplinare di gara si limitano a porre rimedio a un errore nell’assegnazione dei punteggi delle offerte tecniche.
    Pertanto, esse non ampliano in alcun modo la potenziale platea dei concorrenti, non incidendo in alcuna misura sui requisiti di partecipazione alla gara.
    9.3. Ne consegue che non vi era alcuna necessità di nuova pubblicazione del bando, dovendo pertanto farsi riferimento – ai fini del computo dell’anno stabilito dall’art. 80 vecchio codice degli appalti – unicamente alla data della sua (unica) pubblicazione.

    Principio della gerarchia delle fonti ed interpretazione della lex specialis di gara

    Consiglio di Stato, sez. V, 13.02.2024 n. 1439

    L’art. 7 del capitolato speciale, infatti, non è suscettibile di apportare elementi a sostegno della tesi spesa nel motivo in esame, sia perché esso, nel fare riferimento alle indicazioni da inserire obbligatoriamente nell’offerta tecnica, non può che rimandare al contenuto dell’art. 9 del disciplinare, norma che, pertanto, resta la regola cui fare riferimento per la risoluzione della questione in esame, sia tenuto conto del c.d. “principio della gerarchia delle fonti” delle procedure evidenziali, che, nell’ambito dell’autonomia e della peculiare funzione dei relativi atti indittivi, assegna al bando la fissazione delle regole di gara, al disciplinare l’enucleazione dei dettagli procedimentali, e al capitolato la sola eventuale integrazione delle disposizioni del bando, di regola con particolare riferimento agli aspetti tecnici, anche in funzione dell’assumendo vincolo contrattuale (tra tante, Cons. Stato, V, 30 agosto 2022, n. 7573). […]
    La tesi di -OMISSIS- è infatti una evidente manipolazione, a carattere integrativo, dell’art. 9 del disciplinare di gara.
    Bene ha fatto, pertanto, il Tar ad applicare il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui, ai fini dell’interpretazione delle clausole di una lex specialis di gara, vanno applicate le norme in materia di contratti e anzitutto il criterio letterale e quello sistematico, ex artt. 1362 e 1363 Cod. civ., e che esclude che esse possano essere assoggettate a un procedimento ermeneutico in funzione integrativa, diretta a evidenziare in esse pretesi significati impliciti o inespressi, imponendo che la loro interpretazione fondi sul significato immediatamente evincibile dal tenore letterale delle parole utilizzate e dalla loro connessione, e che, laddove il dato testuale presenti evidenti ambiguità, debba prescegliersi, in forza del principio di favor partecipationis, il significato più favorevole al concorrente (tra tante, Cons. Stato, V, 29 novembre 2022, n. 10491; 4 ottobre 2022, n. 8481; 2 marzo 2022 n.1486; 6 agosto 2021, n. 5781; 8 aprile 2021, n. 2844; 8 gennaio 2021, n. 298; III, 24 novembre 2020, n. 7345; 15 febbraio 2021, n. 1322; VI, 6 marzo 2018, n. 1447; V, 27 maggio 2014, n. 2709).
    Inoltre, è vero che la stessa giurisprudenza ammette che nel bando di gara possa non essere espressamente indicata una clausola di esclusione, essa potendo emergere anche laddove il bando o l’avviso indichino in modo palese e univoco un elemento essenziale di partecipazione, la cui carenza non può che condurre all’esclusione dalla gara.

    Chiarimenti della Stazione Appaltante : principi consolidati

    Consiglio di Stato, sez. III, 26.10.2023 n. 9254

    E’, infatti, principio pacifico nella giurisprudenza del giudice amministrativo che i Chiarimenti resi dalla stazione appaltante nel corso della procedura di gara sono ammissibili purché non modifichino la disciplina dettata per lo svolgimento della gara, cristallizzata nella lex specialis, avendo i medesimi una mera funzione di illustrazione delle regole già formate e predisposte dalla disciplina di gara, senza alcuna incidenza in termini di modificazione o integrazione delle condizioni della procedura selettiva (Cons. St., sez. V, 7 settembre 2022, n. 7793; id., sez. III, 7 gennaio 2022, n. 64; id., sez. VI, 2 marzo 2017, n. 978; id., sez. III, 13 gennaio 2016, n. 74; id. 20 aprile 2015, n. 1993; id., sez. VI, 15 dicembre 2014, n. 6154). I Chiarimenti della stazione appaltante possono, infatti, costituire interpretazione autentica con cui l’Amministrazione spiega la propria volontà provvedimentale (Cons. St., sez. III, 7 febbraio 2018, n. 781), meglio delucidando le previsioni della lex specialis (Cons. St., sez. III, 22 gennaio 2014, n. 290; id., sez. IV, 21 gennaio 2013, n. 341): ciò è tuttavia consentito soltanto nelle ipotesi in cui non sia ravvisabile un conflitto tra le chiarificazioni fornite dall’Amministrazione ed il tenore delle clausole chiarite (Cons. St., sez. IV, 14 aprile 2015, n. 1889), in caso di contrasto dovendo darsi prevalenza alle clausole della lex specialis e al significato desumibile dal tenore delle stesse, per quello che oggettivamente prescrivono (Cons. St., sez. V, 5 settembre 2023, n. 8176; id., sez. III, 28 settembre 2020, n. 5708).
    I Chiarimenti non sono invece ammissibili allorquando, mediante l’attività interpretativa, si giunga ad attribuire a una disposizione del bando un significato e una portata diversa o maggiore rispetto a quella che risulta dal testo, in quanto in tema di gare d’appalto le uniche fonti della procedura sono costituite dal bando di gara, dal capitolato e dal disciplinare, unitamente agli eventuali allegati: ne consegue che i chiarimenti auto-interpretativi della stazione appaltante non possono né modificarle né integrarle, assumendo le previsioni della legge di gara carattere vincolante per la Commissione giudicatrice (Cons. St., sez. V, 23 settembre 2015, n. 4441); dette fonti devono essere interpretate e applicate per quello che oggettivamente prescrivono, senza che possano acquisire rilevanza atti interpretativi postumi della stazione appaltante.
    Con i chiarimenti non sono, dunque, possibili operazioni manipolative, potendo essi solo contribuire, con un’operazione di interpretazione del testo, a renderne chiaro e comprensibile il significato o la ratio, violandosi altrimenti il rigoroso principio formale della lex specialis, posto a garanzia dei principi di cui all’art. 97 Cost. (Cons. St., sez. V, 2 settembre 2019, n. 6026).
    Tutto ciò premesso, il primo motivo di appello non è suscettibile di positiva valutazione atteso che l’apparecchio offerto da -OMISSIS- risponde solo alla prima delle due condizioni sopra indicate, perché non è il modello più avanzato, avendo la società prodotto il modello superiore (…). A fronte della chiara previsione della legge di gara, l’offerta della -OMISSIS- avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura, in applicazione del principio secondo cui le clausole della lex specialis di gara vincolano la stessa stazione appaltante, che non può non applicarle salvo ad agire in autotutela. Tale principio, posto a tutela dell’affidamento dei partecipanti, della par condicio dei concorrenti e dell’esigenza della più ampia partecipazione, incontra la sola deroga della possibilità per l’Amministrazione di discostarsi legittimamente in via di interpretazione dalle norme della lex specialis solo in presenza di una sua obiettiva incertezza (Cons. St., sez. III, 6 ottobre 2023, n. 8705; id. 28 giugno 2019, n. 4459; id., sez. V, 29 ottobre 2018, n. 6132; id., sez. III, 18 giugno 2018, n. 3715).

    Bando di gara : etero integrazione nel caso in cui la Stazione Appaltante abbia omesso di inserire elementi previsti come necessari ed obbligatori dall’ ordinamento giuridico

    Consiglio di Stato, sez. V, 21.08.2023 n. 7870

    3.2.- Nondimeno, è chiaro che l’indicazione del “titolo” di studio (la “laurea magistrale”) implicava o sottintendeva (in quanto necessariamente connotato da “valore legale”, che rappresenta elemento giuridico-normativo della fattispecie, integrativo della sua consistenza materiale: tale essendo, in sostanza, il significato proprio e tecnico del “titolo”) il requisito (legale) della “validità”: che – con riguardo ai titoli conseguiti all’estero – postula in termini generali (come previsto dalla l. n. 148/2002, approvata ina adesione alla Convenzione di Lisbona, nonché dalla l. n. 29/2006) uno specifico e qualificato accertamento (relativamente alla valutazione della sostanziale omogeneità, adeguatezza e comparabilità dei percorsi formativi e delle modalità della relativa verifica), ed una (pedissequa e formale) certificazione ufficiale, di equipollenza.

    In questo senso, è allora corretto – nella valutazione del primo giudice – l’intendimento della lex specialis nella prospettiva della sua c.d. eterointegrazione: la quale, come è noto, opera in presenza di una (obiettiva) “lacuna” delle regole di gara (nella specie: l’ attitudine della “laurea” a concretare un idoneo “titolo” di studio, nel senso chiarito), ovvero nel caso in cui la stazione appaltante abbia omesso di inserire nella disciplina di gara elementi previsti come necessari ed obbligatori dall’ordinamento giuridico nel suo complesso (ad instar di quanto, nell’ambito dei rapporti civili, accade in forza degli artt. 1374 e 1339 c.c.): sicché il bando, nella sua portata precettiva di lex specialis della procedura, debba essere integrato, in via suppletiva, da una vincolante (e non derogabile) previsione della lex generalis.

    S’intende, per tal via, che l’eterointegrazione del bando – ancorché si risolva, in effetto, nella prefigurazione più ampia e comprensiva (in senso qualitativo o quantitativo) dei requisiti di accesso alla procedura di gara, rispetto al canone di (determinatezza e) autosufficienza della relativa legge speciale – non collide con il principio di (rigorosa) tassatività delle cause di esclusione (che è, di per sé, corollario dell’onere di puntuale ed esaustiva prefigurazione delle condizioni concorrenziali), proprio perché si tratta di condizioni necessarie (in ragione della attitudine non derogabile della legge) ed implicite (e, come tali, suscettibili di essere colmate, nei sensi chiariti, in via di diretta applicazione della legge generale).

    S’intende, ancora, che il riassunto meccanismo di eterointegrazione – nella specie, come vale ribadire, imposto dalla necessità di un valore legale del titolo di studio – non impinga (pur in presenza di una esclusione disposta in applicazione della lex generalis e non della lex specialis) nell’affidamento legittimo dei concorrenti, con il quale anzi – anche nella prospettiva dei principi di derivazione eurocomune – postula di essere contemperato.

    Forniture – Richiesta offerta del prodotto di “ultima generazione” in commercio – Significato

    Consiglio di Stato, sez. III, 28.02.2023 n. 2070

    Secondo il principio stabilito dalla giurisprudenza amministrativa “in definitiva, richiedere il dispositivo di più recente immissione in commercio – in assenza di ulteriori e più perspicue indicazioni – significa richiedere la versione del dispositivo più aggiornata in commercio tra quelle esistenti per i dispositivi rispondenti alle caratteristiche minime poste a pena di esclusione”, sul presupposto che vada fatto riferimento alla “giurisprudenza che, rispetto a controversie di analogo contenuto ove veniva però in rilievo il diverso parametro selettivo che chiedeva l’offerta di prodotti di “ultima generazione in commercio”, ha ritenuto “preferibile ritenere, pertanto, che la disposizione del capitolato in esame possa essere intesa nel senso di prevedere l’obbligo per l’impresa partecipante di fornire, del modello offerto, la più aggiornata versione in commercio, purché conforme alle esigenze del servizio messo a gara. Il focus della valutazione di adeguatezza si sposta, quindi, sulla considerazione degli specifici requisiti tecnici ai quali, ai sensi del capitolato di gara, le strumentazioni offerte dovevano conformarsi” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 6 luglio 2022, n. 5627; Cons. Stato, Sez. III, 5 marzo 2019, n. 1536; Cons. Stato, Sez. III, 18 aprile 2019, n. 2536; Cons. St. 15 marzo 2019, n. 1713)” (Consiglio di Stato, Sezione III, 21 ottobre 2022, n. 9020).

    Chiarimenti della Stazione Appaltante : non possono costituire integrazione o rettifica della lex specialis di gara

    Consiglio di Stato, sez. V, 07.09.2022 n. 7793

    Quanto al chiarimento reso dalla Stazione appaltante è sufficiente ricordare che i chiarimenti resi nel corso di una gara d’appalto non hanno alcun contenuto provvedimentale, non potendo costituire, per giurisprudenza consolidata, integrazione o rettifica della lex specialis; i chiarimenti della stazione appaltante, infatti, sono ammissibili solo se contribuiscono, con un’operazione di interpretazione del testo, a renderne chiaro e comprensibile il significato, ma non quando, proprio mediante l’attività interpretativa, si giunga ad attribuire ad una disposizione della lex specialis, un significato ed una portata diversa o maggiore di quella che risulta dal testo stesso (Consiglio di Stato sez. III, 7 gennaio 2022, n. 64). Il caso qui all’esame è paradigmatico di un chiarimento che modifica la ratio della clausola del disciplinare, e, pertanto, non era possibile tenerne conto.

    Funzione del bando e gerarchia tra i documenti di gara

    Consiglio di Stato, sez. V, 30.08.2022 n. 7573

    La questione decisiva riguarda lo scioglimento della (obiettiva) antinomia tra i diversi atti che strutturano la documentazione di gara, che impone di individuare, nel complesso delle prescrizioni imposte ai concorrenti, la regola prevalente.
    È noto che il bando, il disciplinare e il capitolato speciale d’appalto hanno ciascuno una propria autonomia ed una propria peculiare funzione nell’economia della procedura.
    Il bando ha, anzitutto, la funzione di rendere edotti i potenziali interessati dell’intendimento della stazione appaltante di contrattare (avendo, sotto questo profilo, funzione indittiva) e, a tal fine, scolpisce, sul piano formale, le “regole fondamentali” della procedura evidenziale (funzione ordinatoria: cfr. artt. 59, comma 5 e 71 d. lgs. n. 50/2016) e predefinisce, sul piano sostanziale, l’oggetto del contratto e le relative prestazioni (funzione precontrattuale). Suo tramite vengono predefinite non solo la disciplina in base quale i candidati dovranno attenersi nel confronto competitivo e nella formulazione della propria offerta, ma anche l’insieme delle regole procedimentali che la stessa stazione appaltante sarà chiamata a rispettare, nella concorrente logica (pubblicistica) dell’autovincolo e in quella (privatistica) della promessa affidante in incertam personam.
    È, perciò, anzitutto nel bando di gara che devono essere con precisione individuati i requisiti (di idoneità professionale e di capacità tecnica ed economica) che gli operatori economici devono possedere per l’accesso alla procedura concorrenziale (cfr. art. 83, comma 4 d. lgs. cit.).
    Peraltro, l’insieme delle regole fondamentali di gara, che valgono a delineare la c.d. lex specialis della selezione, può essere ricavato anche dagli atti “allegati” al bando (capitolato speciale l’appalto e/o disciplinare di gara), sempreché – come ha, con consolidato orientamento, precisato la giurisprudenza amministrativa – nel bando sia individuato con chiarezza un criterio certo di reperimento degli stessi.
    Ne discende che è proprio il bando di gara a rappresentare il “documento fondamentale” del procedimento di evidenza pubblica, al quale è rimesso di individuare i necessari riferimenti e gli eventuali collegamenti agli (ulteriori, correlati e successivi) atti di gara, i quali derivano il proprio contenuto (e la propria “legittimazione” funzionale) necessariamente dal primo.
    È per questo che si è precisato che ognuno dei predetti atti (bando, disciplinare e capitolato) ha una propria autonomia ed una propria peculiare funzione nell’economia della procedura evidenziale, il primo fissando le regole di gara, il secondo disciplinando in particolare i dettagli procedimentali, il terzo (eventualmente) integrando le disposizioni del bando, di norma con particolare riferimento agli aspetti tecnici anche in funzione dell’assumendo vincolo contrattuale.
    Se ne trae il corollario di una gerarchia differenziata all’interno della complessiva documentazione di gara, che – con specifico riguardo alla risoluzione di concreti contrasti interni tra le varie disposizioni della lex specialis – impone di dare la prevalenza alle previsioni del bando, laddove le disposizioni del capitolato (o del disciplinare) possono soltanto integrare, ma non modificare le prime (cfr., tra le tante, Cons. Stato, sez. III, 3 marzo 2021, n. 1804; Id., sez. III, 29 aprile 2015, n. 2186; Id., sez. III, 11 luglio 2013 n. 3735; Id., sez. V, 24 gennaio 2013 n. 439; Id., sez. V, 17 ottobre 2012 n. 5297; Id., sez. V, 23 giugno 2010 n. 3963).

    Chiarimenti in sede di gara : per quanto non vincolanti orientano i concorrenti e non possono essere considerati tamquam non essent.

    Consiglio di Stato, sez. V, 16.08.2022 n. 7145

    Chiarito come sopra il tema dell’odierno contenzioso, è d’uopo rammentare che ai fini dell’interpretazione delle clausole di una lex specialis trovano applicazione le norme in materia di contratti e anzitutto il criterio letterale e quello sistematico, ex artt. 1362 e 1363 Cod. civ. (da ultimo, Cons. Stato, V, 2 marzo 2022 n.1486; 6 agosto 2021, n. 5781; 8 aprile 2021, n. 2844; 8 gennaio 2021, n. 298; III, 24 novembre 2020, n. 7345; 15 febbraio 2021, n. 1322): conseguentemente, le stesse clausole non possono essere assoggettate a procedimento ermeneutico in una funzione integrativa, diretta a evidenziare in esse pretesi significati impliciti o inespressi, ma vanno interpretate secondo il significato immediatamente evincibile dal tenore letterale delle parole utilizzate e dalla loro connessione; soltanto ove il dato testuale presenti evidenti ambiguità, deve essere prescelto dall’interprete il significato più favorevole al privato (Cons. Stato, VI, 6 marzo 2018, n. 1447; V, 27 maggio 2014, n. 2709). […]
    Sicchè, alla luce del predetto chiarimento, anche gli eventuali dubbi interpretativi evocati dall’appellante circa l’esatto significato da attribuire alle clausole di cui trattasi, nonostante il loro chiaro tenore, erano dissipabili alla luce del predetto chiarimento, considerata la sua specifica funzione.
    E invero, nelle gare pubbliche, le FAQ (Frequently Asked Questions), ovvero i chiarimenti in ordine alla valenza delle clausole della legge di gara fornite dalla stazione appaltante anteriormente alla presentazione delle offerte, “non costituiscono un’indebita, e perciò illegittima, modifica delle regole di gara, ma una sorta di interpretazione autentica, con cui l’amministrazione chiarisce la propria volontà provvedimentale, in un primo momento poco intelligibile, precisando e meglio delucidando le previsioni della lex specialis” (Cons. Stato, V, 2 marzo 2022, n. 1486; III, 22 gennaio 2014, n. 290; IV, 21 gennaio 2013, n. 341), sicché esse, per quanto non vincolanti, orientano i comportamenti degli interessati e non possono essere considerate tamquam non essent.

    Gerarchia tra i documenti della lex specialis

    Consiglio di Stato, sez. III, 01.02.2022 n. 688

    Merita considerare poi, sotto un secondo profilo, che i documenti che compongono la legge di gara non si situano su un piano di piena equivalenza ma rispondono ognuno a una funzione che ne distingue altresì l’ordine con cui devono essere interpretati: sicché tra bando, disciplinare di gara e capitolato speciale d’appalto, l’ordine di gerarchia differenziata conferisce prevalenza al contenuto del bando di gara laddove le disposizioni del capitolato speciale possono assumere, rispetto ad esso, solo una funzione integrativa ma non modificativa (v. Cons. Stato, sez. III, n. 1813/2021 e sez. V, n. 2881/2019, secondo cui “[i]l capitolato speciale svolge la funzione di definire i contenuti del futuro rapporto contrattuale e nella prodromica procedura di affidamento svolge invece il ruolo di fonte integratrice delle regole di gara rispetto al bando e al disciplinare, senza alcuna portata modificatrice di questi ultimi”).
    Per quanto esposto, non sussistono validi motivi per ritenere che quanto vagamente contenuto nella Relazione potesse interferire con la chiara portata escludente della clausola contenuta nel disciplinare; né pare riscontrabile alcuna ambiguità nella disciplina di gara unitariamente considerata, tale da motivare il ricorso ai più miti criteri ermeneutici invocati dalla ricorrente.

    Bando di gara – Interpretazione letterale – Prevalenza – Requisiti di partecipazione – Criteri di ragionevolezza e proporzionalità

    TAR Napoli, 22.09.2021 n. 5971

    Nel dettaglio, il formante giurisprudenziale appare ampliamente assestato sul canone interpretativo univoco nell’affermare che “le preminenti esigenze di certezza connesse allo svolgimento delle procedure concorsuali di selezione dei partecipanti impongono di ritenere di stretta interpretazione le clausole del bando di gara: ne va perciò preclusa qualsiasi lettura che non sia in sé giustificata da un’obiettiva incertezza del loro significato letterale”; per cui “secondo la stessa logica, sono comunque preferibili, a garanzia dell’affidamento dei destinatari, le espressioni letterali delle varie previsioni, affinché la via del procedimento ermeneutico non conduca a un effetto, indebito, di integrazione delle regole di gara aggiungendo significati del bando in realtà non chiaramente e sicuramente rintracciabili nella sua espressione testuale” (cfr.: Consiglio di Stato, sez. V, 25/06/2021, n. 4863; Cons. Stato, V, 31 marzo 2021, n. 2710; 26 marzo 2020, n. 2130; 29 novembre 2019, n. 8167; 12 settembre 2017, n. 4307).
    Il canone ermeneutico letterale riveste, dunque, il primato nell’interpretazione delle prescrizioni connotanti la disciplina di gara, le quali vincolano non solo i concorrenti ma anche la stessa Amministrazione, che non conserva alcun margine di discrezionalità nella loro concreta attuazione, dovendosi garantire, unitamente alle esigenze di certezza, l’imparzialità dell’azione amministrativa e la parità di condizioni tra i concorrenti. Da ciò scaturisce il corollario secondo cui, solo in presenza di un’equivoca formulazione della lettera di invito o del bando di gara, può ammettersi un’interpretazione diversa da quella letterale (cfr.: Consiglio di Stato, sez. V, 25 giugno 2014, n. 3220, 18 dicembre 2017, n. 5944 e 31 maggio 2018, n. 3267).
    Non risulta, quindi, possibile addivenire in via interpretativa ad una integrazione delle regole di gara, aggiungendo significati del bando in realtà non chiaramente e sicuramente rintracciabili nella sua espressione letterale.
    In ogni caso, a fronte di una clausola cui si riconnette una portata escludente ed a fronte del carattere non univoco della disposizione in essa racchiusa, l’interprete deve conformare la propria attività interpretativa al criterio del favor partecipationis, favorendo l’applicazione della disposizione che consenta la massima partecipazione possibile alla procedura (cfr.: T.A.R. Lazio – Roma, sez. II, 03/12/2020, n.12968; Cons. St., sez. V, 14 aprile 2020 n. 2400).
    […]
    In tal modo disponendo, l’azienda resistente è incorsa in un’illegittima esegesi, e quindi applicazione, della portata precettiva del summenzionato art. 8.2., violando peraltro il consolidato principio secondo cui l’interpretazione dei requisiti di capacità tecnico / economica di partecipazione alla gara deve essere condotta con criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, in maniera da escludere soluzioni interpretative contrarie alla lettera della lex specialis nonché eccessivamente restrittive e con un effetto quindi sostanzialmente anticoncorrenziale; ciò in omaggio al pacifico indirizzo della giurisprudenza che impone di adottare la soluzione interpretativa che consenta la massima partecipazione alla gara (cfr.: Cons. St., sez. V, 12 maggio 2017, n. 2227; Cons. St., sez. V, 12 settembre 2017, n. 4307).
    Le esposte argomentazioni inducono a ritenere che l’interpretazione restrittiva operata dalla stazione appaltante è contraria sia alla lettera del citato art. 8.2., sia alla logica funzionale ad esso sottesa, così da porsi in contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui le norme che disciplinano i requisiti soggettivi di partecipazione alle gare pubbliche vanno interpretate nel rispetto dei principi di tipicità e tassatività delle ipotesi di esclusione (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 20 settembre 2012 n. 4986, Sez. V, 3 agosto 2011, n. 4629 e 9 novembre 2010, n. 7967).

    Contrasto insanabile tra regole dettate dalla lex specialis di gara – Annullamento – Necessità

    Consiglio di Stato, sez. III, 03.03.2021 n. 1804

    La giurisprudenza del giudice amministrativo ha chiarito che benché il bando, il disciplinare di gara e il capitolato speciale d’appalto abbiano ciascuno una propria autonomia ed una propria peculiare funzione nell’economia della procedura, il primo fissando le regole della gara, il secondo disciplinando in particolare il procedimento di gara ed il terzo integrando eventualmente le disposizioni del bando, tutti insieme costituiscono la lex specialis della gara (Cons. Stato, sez. VI, 15 dicembre 2014, n. 6154; id., sez. V, 5 settembre 2011, n. 4981; id. 25 maggio 2010, n. 3311; id. 12 dicembre 2009, n. 7792), in tal modo sottolineandosi il carattere vincolante che (tutte) quelle disposizioni assumono non solo nei confronti dei concorrenti, ma anche dell’amministrazione appaltante, in attuazione dei principi costituzionali fissati dall’art. 97).
    Quanto agli eventuali contrasti (interni) tra le singole disposizioni della lex specialis ed alla loro risoluzione, è stato osservato che tra i ricordati atti sussiste nondimeno una gerarchia differenziata con prevalenza del contenuto del bando di gara (Cons. Stato, sez. V, 17 ottobre 2012, n. 5297; id. 23 giugno 2010, n. 3963), laddove le disposizioni del capitolato speciale possono soltanto integrare, ma non modificare le prime (Cons. Stato, sez. III, 29 aprile 2015, n. 2186; id. 11 luglio 2013, n. 3735; id., sez. V, 24 gennaio 2013, n. 439).
    Nella specie, i suddetti principi non possono però trovare pratica applicazione. L’impossibilità di superare la contraddittorietà delle disposizioni sulla formula da applicare per individuare il valore dell’offerta economica è determinata dal fatto che è lo stesso Capitolato a prevedere regole non conformi, e ciò aggrava la confusione in ordine alla disciplina cui fare riferimento.
    Ed invero, sussiste in capo all’amministrazione che indice la gara l’obbligo di chiarezza (espressione del più generale principio di buona fede), la cui violazione comporta – in applicazione del principio di autoresponsabilità – che le conseguenze derivanti dalla presenza di clausole contraddittorie nella lex specialis di gara non possono ricadere sul concorrente che, in modo incolpevole, abbia fatto affidamento su di esse (Cons. Stato, sez. III, 10 giugno 2016, n. 2497).
    Tutte le disposizioni che in qualche modo regolano i presupposti, lo svolgimento e la conclusione della gara per la scelta del contraente, siano esse contenute nel bando ovvero nella lettera d’invito e nei loro allegati (disciplinare e capitolato), concorrono a formarne la disciplina e ne costituiscono, nel loro insieme, la lex specialis, per cui in caso di oscurità ed equivocità o erroneità attribuibile alla stazione appaltante, un corretto rapporto tra amministrazione e privato, che sia rispettoso dei principi generali del buon andamento dell’azione amministrativa e di imparzialità e di quello specifico enunciato nell’art. 1337 c.c., che presidia con la buona fede lo svolgimento delle trattative e la formazione del contratto, impone che di quella disciplina sia data una lettura idonea a tutelare l’affidamento degli interessati in buona fede, interpretandola per ciò che essa espressamente dice, restando il concorrente dispensato dal ricostruire, attraverso indagini ermeneutiche ed integrative, ulteriori ed inespressi significati (C.g.a. 20 dicembre 2010, n. 1515).
    […]
    Gli atti della gara in questione sono stati redatti in modo non lineare nel loro insieme – pur essendo di pacifica comprensione presi nella loro singolarità – senza che l’evidente distonia tra due norme del Capitolato possa essere liquidata semplicisticamente come frutto di un mero errore.
    […]
    Stando così le cose non può trovare neanche applicazione il principio, elaborato da una pacifica giurisprudenza del giudice amministrativo, secondo cui l’interpretazione della lex specialis soggiace, come per tutti gli atti amministrativi, alle stesse regole stabilite per i contratti dagli artt. 1362 e ss., tra le quali assume carattere preminente quella collegata all’interpretazione letterale, in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, fermo restando, per un verso, che il giudice deve in ogni caso ricostruire l’intento perseguito dall’amministrazione ed il potere concretamente esercitato sulla base del contenuto complessivo dell’atto (c.d. interpretazione sistematica) e, per altro verso, che gli effetti del provvedimento, in virtù del criterio di interpretazione di buona fede, ex art. 1366 c.c., devono essere individuati solo in base di ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere (Cons. Stato, sez. III, 2 settembre 2013, n. 4364; id., sez. V, 27 marzo 2013, n. 1769).
    Nel caso all’esame del Collegio non si tratta, infatti, di disposizioni poco chiare di cui va capita la portata, ma di contrasto tra regole dettate dalla lex specialis di gara.

    Utile d’impresa: non sussiste un interesse protetto dell’operatore economico

    TAR Milano, 26.11.2020 n. 2317

    Quanto all’immediata impugnazione della lex specialis di gara ha ricordato che il Collegio che, alla luce dei principi espressi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 26 aprile 2018, n. 4 (che ha richiamato propri precedenti in termini: 29 gennaio 2003, n. 1 e 17 aprile 2011, n. 4), “le clausole non escludenti del bando […][vanno] impugnate unitamente al provvedimento che rende attuale la lesione (id est: aggiudicazione a terzi), considerato altresì che la postergazione della tutela avverso le clausole non escludenti del bando, al momento successivo ed eventuale della denegata aggiudicazione, secondo quanto già stabilito dalla decisione dell’Adunanza plenaria n. 1 del 2003, non si pone certamente in contrasto con il principio di concorrenza di matrice europea, perché non lo oblitera, ma lo adatta alla realtà dell’incedere del procedimento nella sua connessione con i tempi del processo”. 

    L’elaborazione giurisprudenziale sul tema ha più volte chiarito che la regola generale è quella per cui soltanto colui che ha partecipato alla gara è legittimato ad impugnarne l’esito (essendo titolare di una posizione differenziata) e che i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno normalmente impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi a identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento e a rendere attuale e concreta la lesione. Le eccezioni, che impongono l’onere di immediata impugnazione, possono essere ricondotte alle ipotesi in cui (i) si contesti in radice l’indizione della gara, (ii) si contesti che una gara sia mancata, avendo l’amministrazione disposto affidamento in via diretta del contratto, (iii) si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti (Cons. Stato, sez. V, 29 aprile 2019, n. 2732).

    Devono, in altre parole, essere immediatamente impugnate le sole clausole immediatamente escludenti o che impediscono la partecipazione alla gara e la presentazione di un’offerta. 

    Come riconosciuto dalla citata Adunanza plenaria n. 4 del 2018, la giurisprudenza ha poi fatto rientrare nel genus delle “clausole immediatamente escludenti” anche le fattispecie di (a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale; (b) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile; (c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara, ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta; (d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente; (e) clausole impositive di obblighi contra ius; (f) bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta (come, ad esempio, quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbito dall’aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di 0 pt.); (g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso” (Cons. Stato, sez. V, 29 aprile 2019, n. 2732; id., sez. III, 28 settembre 2020, n. 5705).​​​​​​​

    Si è detto che le ipotesi di immediata impugnazione del bando si pongono come speciali rispetto alla regola generale dell’impugnazione “a valle”, sicché la lamentata diseconomia non è apprezzabile in questa sede, se non nei limiti in cui essa si traduca nell’inadeguatezza della base d’asta (per il vitto) a sopportare i costi, circostanza che invero non è nemmeno affermata dalla ricorrente.

    Va inoltre osservato, in generale, che non sussiste un interesse protetto dell’operatore economico a che un bando sia formulato in termini tali da garantirgli il maggior utile possibile o il minor spreco di risorse, poiché l’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione è volto a garantire la migliore gestione dei servizi in termini di efficienza, efficacia ed economicità, interesse fisiologicamente diverso da quello dell’operatore economico, volto a conseguire un utile d’impresa.

    Requisiti di partecipazione – Proporzionalità ed attinenza all’oggetto del contratto – Non discriminazione micro piccole e medie imprese (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Milano, 13.10.2020 n. 1895

    Nei tre motivi proposti in via principale la società [ricorrente] lamenta la violazione di una pluralità di norme di diritto interno ed europeo (art. 83 del codice dei contratti pubblici, articoli 3, 41 e 97 della Costituzione, oltre ad una pluralità di articoli del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e della Carta di Nizza sui diritti fondamentali dell’Unione), sostenendo che il requisito in contestazione sarebbe illogico e sproporzionato, tale da limitare illegittimamente la concorrenza e la partecipazione alle gare.

    Il requisito di capacità tecnica e professionale di cui sopra, da possedere a pena di esclusione (cfr. ancora il citato doc. 1), impone al partecipante di avere in organico, alla data di pubblicazione del bando, un numero minimo (“almeno”) di quindici unità, tutte a tempo pieno ed indeterminato, fra cui almeno un dirigente ed un dipendente con la qualifica di ufficiale della riscossione.

    Secondo lart. 83 commi 1 e 2 del D.Lgs. 50/2016 (codice dei contratti pubblici o anche solo “codice”), le capacità tecniche e professionali da richiedersi ai partecipanti alle gare pubbliche devono essere attinenti e proporzionate all’oggetto dell’appalto, in quanto deve essere tenuto presente l’interesse pubblico alla massima partecipazione alle gare.

    L’art. 30 del codice impone inoltre alle stazioni appaltanti il rispetto di una serie di principi, fra cui assumono rilievo quelli di libera concorrenza e di non discriminazione, principi di diretta derivazione euro-unitaria ed aventi altresì un fondamento costituzionale nell’art. 41 della Costituzione, sulla tutela della libertà di iniziativa economica privata.

    L’art. 30 comma 7 prescrive poi che i criteri di partecipazione non devono escludere le microimprese, oltre alle piccole e medie imprese.

    L’attenzione del legislatore per la tutela delle piccole e medie realtà imprenditoriali si desume altresì chiaramente dall’art. 51 del codice sulla suddivisione in lotti, oltre che dal già citato art. 83 comma 2.

    Nel caso di specie il servizio da svolgere (gestione dell’imposta sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni), appare tutto sommato standardizzato e nel complesso ripetitivo, senza contare che il Comune resistente ha poco più di cinquemila abitanti, sicché anche sotto tale profilo non paiono sussistere particolari condizioni di difficoltà tecnica nell’esecuzione della concessione.

    Al contrario, il numero minimo dei dipendenti previsti dalla lex specialis risulta tutt’altro che irrilevante; si tratta di quindici risorse, fra l’altro tutte assunte a tempo pieno indeterminato, con esclusione quindi di ogni rapporto lavorativo a tempo determinato o parziale.

    Si ricordi che l’art. 35 della legge 300/1970 (Statuto dei lavoratori), fissa proprio in quindici dipendenti il limite occupazionale per l’applicazione di una serie di disposizioni della legge medesima alle imprese industriali e commerciali, il che dimostra che la soglia di quindici dipendenti non identifica certo microimprese o piccole imprese.

    Ancora illogica e manifestamente restrittiva è la condizione che uno di questi dipendenti abbia la qualifica di dirigente; non è, infatti, dato comprendere come la presenza di un dirigente possa incidere sull’esecuzione di un servizio come quello di cui è causa, ben potendo quest’ultimo essere svolto da maestranze con a capo un soggetto di livello impiegatizio oppure a livello di quadro.

    Giova rammentare che, nell’ambito delle imprese private, le categorie dei prestatori di lavoro (cfr. l’art. 2095 del codice civile), sono quelle dei dirigenti, dei quadri, degli impiegati e degli operai ed i dirigenti sono coloro che operano con amplissima autonomia e discrezionalità, in un rapporto di diretta collaborazione con il titolare dell’impresa (di cui sono considerati l’alter ego), sicché gli stessi non sono spesso neppure previsti in strutture aziendali medie o piccole (sulla nozione di “dirigente” nel settore privato, si veda Cassazione civile, sezione lavoro, n. 18482/2005).

    In conclusione, il requisito ivi in contestazione non appare rispettoso del principio di proporzionalità che deve conformare l’azione dell’amministrazione nella scelta delle condizioni di partecipazione, oltre che essere lesivo dei principi di concorrenza e di massima partecipazione alle gare.

    Si conferma, quindi, l’accoglimento del gravame in epigrafe, con annullamento, in parte qua, della legge di gara impugnata.

    1) Lex specialis – Autovincolo per la Stazione Appaltante; 2) Verbalizzazione postuma delle operazioni di gara – Inammissibilità (art. 71 , art. 77 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. III, 30.09.2020 n. 5746

    Di contro, ritiene il Collegio che siano fondate le censure che involgono l’attività e la metodica seguita dalla commissione esaminatrice nella valutazione qualitativa delle offerte tecniche segnatamente quanto allo svolgimento della prova sul campo. 

    […]

    Pur tuttavia, dello svolgimento di tale adempimento – vieppiù con le modalità prescritte dal disciplinare – non vi è traccia negli atti di gara.

    Solo ex post, a seguito del contenzioso nel frattempo incardinato dinanzi al giudice di prime cure, l’organo di valutazione, con una relazione esplicativa del 29.8.2019, avrebbe chiarito che con riferimento alla prova su campo non vi sarebbe alcun verbale in quanto le prove sarebbero state svolte in autonomia in sala operatoria dalla commissione di gara riunita.

    Tanto premesso, e come rilevato concordemente dalle parti, il verbale n. 11 del 29.8.2019, predisposto in chiave di replica alle contestazioni mosse, non appartiene alla sequenza degli atti di gara in quanto posto in essere da un organo, la Commissione giudicatrice, pacificamente ‘venuto meno’ con l’approvazione dell’aggiudicazione definitiva.

    Il suddetto atto non ha, dunque, alcuna valenza integrativa, modificativa e correttiva dei verbali confezionati nel corso della procedura di gara (cfr. Cons. St., sez. III, 24 settembre 2018, n.5495); ma costituisce, comunque, una traccia ricostruttiva di quanto avvenuto risultando versato in atti da [amministrazione] nel giudizio di primo grado e da essa richiamato nella memoria depositata in giudizio.

    […]

    Orbene, va qui ribadita, come rilevato più volte dalla Sezione (cfr. da ultimo cfr. Cons. St., sez. III, 6 novembre 2019, n. 7595), la pacifica vigenza del principio per il quale quando l’Amministrazione, nell’esercizio del proprio potere discrezionale decide di autovincolarsi, stabilendo le regole poste a presidio del futuro espletamento di una determinata potestà, la stessa è tenuta all’osservanza di quelle prescrizioni, con la duplice conseguenza che: a) è impedita la successiva disapplicazione; b) la violazione dell’autovincolo determina l’illegittimità delle successive determinazioni (Cons. St., sez. V, 17 luglio 2017, n. 3502). L’autovincolo, com’è noto, costituisce un limite al successivo esercizio della discrezionalità, che l’amministrazione pone a se medesima in forza di una determinazione frutto dello stesso potere che si appresta ad esercitare, e che si traduce nell’individuazione anticipata di criteri e modalità, in guisa da evitare che la complessità e rilevanza degli interessi possa, in fase decisionale, complice l’ampia e impregiudicata discrezionalità, favorire in executivis l’utilizzo di criteri decisionali non imparziali. La garanzia dell’autovincolo, nelle procedure concorsuali, è fondamentalmente finalizzata alla par condicio: conoscere in via anticipata i criteri valutativi e decisionali della commissione valutatrice, in un contesto in cui le regole di partecipazione sono chiare e predefinite, mette in condizione i concorrenti di competere lealmente su quei criteri, con relativa prevedibilità degli esiti.

    Né il Collegio ritiene di superare l’altro principio, che del primo costituisce corollario, per il quale la lex specialis deve essere interpretata in termini strettamente letterali, con la conseguenza che le regole in esso contenute vincolano rigidamente l’operato dell’amministrazione pubblica, obbligata alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità, in ragione sia dei principi dell’affidamento che di tutela della parità di trattamento tra i concorrenti, che sarebbero pregiudicati ove si consentisse la modifica delle regole di gara cristallizzate nella lex specialis medesima (Cons. St., sez. IV, 19 febbraio 2019, n. 1148).

    Deve, dunque, registrarsi come, in violazione del disciplinare, l’organo di valutazione abbia ritenuto di procedere con modalità diverse e cioè escludendo la presenza dello specialist e limitando la prova sul campo a parte della campionatura.

    Al contempo, tale diversa opzione dei lavori, a cagione della già rilevata assenza di una compiuta verbalizzazione, è rimasta priva di una plausibile giustificazione che ne consentisse di apprezzare in termini obiettivi le ragioni.

    E ciò assume vieppiù rilievo se si tiene conto del fatto che le prescrizioni capitolari qui disattese erano state evidentemente imposte dalla centralità e dalla delicatezza che la lex specialis assegnava a detta prova, come fatto palese dal rilievo ad essa riservato nel processo di determinazione dei punteggi per la qualità dell’offerta di guisa che, nell’impianto di gara, la presenza dello specialist appariva funzionale ad assicurare il necessario supporto affinché tale prova sul campo venisse correttamente ed accuratamente svolta; nella stessa direzione deponeva l’ampiezza del campione richiesto che la commissione avrebbe dovuto “provare”, con esplicita previsione della possibilità di integrare tali produzione ma non di escluderne una parte dal relativo vaglio.

    Le divisate irregolarità nell’incedere dell’organo di valutazione afferiscono, inoltre, ad una fase che, nonostante la sua rilevanza e centralità, è rimasta inspiegabilmente del tutto priva di una compiuta verbalizzazione anche in relazione agli aspetti essenziali delle operazioni svolte.

    Com’è noto, la verbalizzazione delle attività espletate da un organo amministrativo costituisce un atto necessario, in quanto reca la descrizione degli accadimenti constatati e consente la verifica della regolarità delle operazioni svolte. Ovviamente, non tutte le operazioni compiute ed i fatti accertati devono essere necessariamente documentati nel verbale, ma solo quelli che, secondo un criterio di ragionevolezza, assumono rilevanza proprio in relazione alle finalità cui l’attività di verbalizzazione è preposta. L’importanza di tale attività certificativa è rimarcata dal regime di fidefacienza che presidia la valenza dimostrativa dell’atto in questione (Cons. St., sez. V, 24 ottobre 2019, n. 7270). La puntuale cura di tali adempimenti deve ritenersi vieppiù esigibile nella materia qui in rilievo essendo la disciplina di settore incentrata sugli indeclinabili principi di trasparenza e par condicio che, tra gli altri, si affiancano al canone generale di buon andamento che regge ogni azione amministrativa.

    E’ pur vero che secondo la giurisprudenza di settore il verbale di una procedura amministrativa – a differenza di quanto avviene, ad esempio, per l’atto pubblico notarile- non richiede in linea di principio di essere redatto a pena di invalidità con forme e menzioni particolari; di conseguenza chi contesta la legittimità degli atti della procedura stessa non può limitarsi a dedurre in proposito solo la mancata menzione a verbale della regolarità delle operazioni in ogni loro singolo passaggio, ma ha l’onere di provare in positivo le circostanze e gli elementi idonei a far presumere che una qualche irregolarità abbia avuto luogo con pregiudizio nei suoi confronti. In assenza di tale prova, si può desumere che le operazioni non descritte nel verbale si siano svolte secondo quanto le norme prevedono (cfr. Cons. St., sez. III, 17 agosto 2020, n. 5055; sez. VI, 7 maggio 2018, n. 2704; Cons. St., sez. VI, 2 febbraio 2018 n.677, Cons. St., sez. V, 19 agosto 2015, n. 3948; sez. III, 3 agosto 2015, n. 3803; sez. V, 22 febbraio 2011, n. 1099).

    [rif. art. 71 , art. 77 d.lgs. n. 50/2016]