Consiglio di Stato, sez. V, 21.02.2023 n. 1785
Ai sensi dell’art. 77, comma 4 d.lgs. n. 50 del 2016, “I commissari non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. La nomina del RUP a membro delle commissioni di gara è valutata con riferimento alla singola procedura”: tale fattispecie di incompatibilità deve ritenersi integrata (ex multis Cons. Stato, VI, 8 novembre 2022, n. 7419) nell’ipotesi di concentrazione in capo alla medesima persona delle attività di preparazione della documentazione di gara, implicante la definizione delle regole applicabili per la selezione del contraente migliore, e delle attività di valutazione delle offerte, da svolgere in applicazione delle regole procedurali all’uopo predefinite.
La ratio dell’impedimento di cui all’art. 77, comma 4, cit. – cfr. da ultimo Cons. Stato, V, 5 gennaio 2021, n. 144 – è di evitare ogni forma di commistione o sovrapposizione di ruoli, competenze e funzioni all’interno della procedura evidenziale, anche in assenza di specifiche, concrete ed assorbenti situazioni di incompatibilità per ragioni di ordine personale e di prevenire, con ciò, il pericolo concreto di possibili effetti disfunzionali derivanti dalla partecipazione alle commissioni giudicatrici di soggetti (progettisti, dirigenti che abbiano emanato atti del procedimento di gara e così via) che siano intervenuti a diverso titolo nella procedura concorsuale.
Più nello specifico, per il “regime di incompatibilità fra le funzioni svolte nel procedimento e quelle di presidente della commissione, il fondamento è di stretto diritto positivo e va rinvenuto nell’art. 77, comma 4, d.lgs. 50/2016” (ex multis Cons. Stato, III, 8 gennaio 2021, n. 6744; V, 17 aprile 2020, n. 2471); tale norma in effetti “risponde all’esigenza di una rigida separazione tra la fase di preparazione della documentazione di gara e quella di valutazione delle offerte in essa presentate, a garanzia della neutralità del giudizio ed in coerenza con la ratio generalmente sottesa alle cause di incompatibilità degli organi amministrativi” (così Cons. Stato n. 6744 del 2021, cit.), al fine di “evitare la partecipazione alle commissioni giudicatrici di soggetti, interni o esterni, alla stazione appaltante che abbiano avuto un ruolo significativo, tecnico o amministrativo, nella predisposizione degli atti di gara” (da ultimo Cons. Stato, V, 10 gennaio 2022, n. 167).
Ritiene il Collegio di dover confermare l’orientamento (Cons. Stato, V, 27 febbraio 2019, n. 1387) secondo cui chi “ha redatto la lex specialis non può essere componente della commissione, costituendo il principio di separazione tra chi predisponga il regolamento di gara e chi è chiamato concretamente ad applicarlo una regola generale posta a tutela della trasparenza della procedura, e dunque a garanzia del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale mediante valutazioni il più possibile oggettive, e cioè non influenzate alle scelte che l’hanno preceduta”.
Nel caso di specie, ancorché la materiale redazione della legge di gara non fosse stata effettuata dalla -OMISSIS- risulta dagli atti che la stessa aveva – in ragione della posizione dirigenziale ricoperta – non solo formalmente approvato il contenuto del bando di gara, del disciplinare, del capitolato e della documentazione ad essi allegata, ma direttamente stabilito:
a) il fine da perseguire tramite il contratto;
b) l’oggetto e la durata dell’affidamento;
c) la tipologia di procedura da seguire ed il criterio di selezione delle offerte;
d) la piattaforma telematica per lo svolgimento della gara,
oltre a determinare in autonomia l’ammontare complessivo del compenso per l’aggiudicatario e l’importo a base d’asta.
Tali attività denotano il “ruolo significativo, tecnico o amministrativo, nella predisposizione degli atti di gara” del detto dirigente, idoneo a ricadere nel divieto di cui all’art. 77 comma 4 cit.; quanto all’attività da questi complessivamente posta in essere, d’altronde, va ricordato che “attraverso la sottoscrizione, l’organo procedente non si limita a recepire l’altrui volontà dispositiva, ma, facendo proprio il lavoro preparatorio svolto dall’ufficio, manifesta in via immediata e diretta la volontà dell’amministrazione di appartenenza, attuando un definitivo assetto di interessi sul piano sostanziale” (così Cons. Stato, VI, 8 novembre 2021, n. 7419).
Ancor più nello specifico, “non potrebbe, dunque, ritenersi che [il Direttore], attraverso la sottoscrizione, non abbia partecipato alla formazione sostanziale degli atti di indizione e di disciplina della gara, bensì si sia limitato ad approvare le risultanze dell’altrui attività: il Direttore non svolgeva, infatti, una mera attività di controllo dell’altrui attività provvedimentale – nel qual caso, effettivamente, sarebbe stato possibile distinguere sub specie iuris la formazione dell’atto e l’approvazione di un atto ad altri imputabile, già perfetto nei suoi elementi costitutivi -, bensì ha manifestato, quale organo di amministrazione attiva, la volontà dispositiva della stazione appaltante, prendendo atto dell’attività istruttoria svolta dall’Ufficio, condividendone le risultanze e adottando la decisione conclusiva, in tale modo assumendo sia la paternità del contenuto degli atti sottoscritti, allo stesso direttamente riferibili, sia, per l’effetto, la responsabilità in ordine agli effetti giuridici in concreto prodotti (sulla rilevanza della sottoscrizione quale “prova della paternità assunta dal sottoscrittore in ordine al contenuto dell’atto” cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 8 ottobre 2021, n. 6744)”.
Nel caso attualmente in esame – come già nei precedenti richiamati – la stessa persona, da un lato, aveva sottoscritto gli atti di indizione della procedura di affidamento e di definizione delle regole di suo svolgimento e, dall’altro, aveva altresì provveduto a concretamente applicare le regole da lei stessa predefinite, concorrendo in qualità di Presidente della Commissione giudicatrice alla valutazione delle offerte ed all’individuazione dell’aggiudicatario della procedura.
In tal modo, però, si consumava la violazione del principio di necessaria separazione tra fase regolatoria e fase attuativa, così compromettendo le esigenze di tutela della trasparenza della procedura, poste a garanzia “del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale mediante valutazioni il più possibile oggettive, e cioè non influenzate dalle scelte che l’hanno preceduta” (Cons. Stato, III, 8 ottobre 2021, n. 6744).
Va infine riconosciuto che, in ragione della sua portata generale, eventuali deroghe al divieto di cui all’art. 77 comma 4 cit. devono essere necessariamente oggetto di espressa previsione normativa, che non è però dato individuare nel disposto dell’art. 107, comma 3 d.lgs. n. 267 del 2000, come invece ritenuto nella sentenza appellata.
Tale norma si limita infatti a prevedere, in termini generali, l’attribuzione ai dirigenti comunali – tra l’altro – della “presidenza delle commissioni di gara e di concorso”, ma nulla dice in merito alla possibilità che lo stesso dirigente venga in concreto a svolgere, nell’ambito della singola procedura di gara o di concorso, più incarichi relativi a fasi diverse della stessa, aspetto cui si riferisce invece il divieto posto dall’art. 77 comma 4 del Codice dei contratti pubblici.
In questi termini va quindi ribadito il principio secondo cui l’art. 107 cit. “non afferma il principio del cumulo nella stessa persona delle funzioni di presidente della Commissione e di responsabile dell’istruttoria, ma semplicemente enuclea le «funzioni e responsabilità della dirigenza»” (ex multis, Cons. Stato, V, 17 aprile 2020, n. 2471; V, 9 gennaio 2019, n. 193).
Ne consegue la piena applicabilità anche al caso di specie del divieto, per il Presidente della commissione, di svolgere (o di aver in precedenza svolto) altre funzioni o incarichi tecnici e/o amministrativi relativamente al contratto del cui affidamento si tratta.