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Correttivo Codice Appalti : Relazione Illustrativa , Relazione Tecnica e Testo bollinato

La Relazione Illustrativa e la Relazione Tecnica del correttivo al Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 36/2023 ed il testo bollinato, approvato in Consiglio dei Ministri.

RELAZIONE ILLUSTRATIVA

RELAZIONE TECNICA

TESTO BOLLINATO

Correttivo Codice Appalti d.lgs. 36/2023 approvato in CDM : cosa cambia

Premessa generale sul complessivo impianto normativo introdotto

La legge 21 giugno 2022, n. 78 ha conferito al Governo la delega ad adottare uno o più decreti legislativi recanti la disciplina dei contratti pubblici, anche al fine di adeguarla al diritto europeo e ai principi espressi dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, interne e sovranazionali, medio tempore intervenuti.

In attuazione della predetta delega, il Governo ha emanato il decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, recante “Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1, comma 4 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al governo in materia di contratti pubblici” (di seguito, anche Codice o “codice appalti”).

Trascorso più di un anno dalla entrata in vigore e dall’acquisto di efficacia delle disposizioni del Codice (articolo 229, commi 1 e 2), il Governo ha ritenuto di avvalersi della facoltà concessa dal comma 4 dell’articolo 1 della citata delega, in virtù della quale il Governo, entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 36 del 2023, è autorizzato ad apportare al medesimo decreto le correzioni e integrazioni che l’applicazione pratica ha reso medio tempore necessarie od opportune, nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi contenuti nella delega.

Lo schema di decreto de quo, è, dunque, in primis, uno strumento di ulteriore razionalizzazione e semplificazione della disciplina recata dal vigente codice dei contratti pubblici, che tiene conto delle principali esigenze rappresentate dagli stakeholders del settore, nonché delle richieste, presentate in sede europea, di modifica e integrazione di taluni istituti giuridici introdotti, al fine sia di scongiurare sia l’avvio di nuove procedure di infrazione da parte della Commissione europea sia di risolvere quelle eventualmente già in essere.

A ciò si aggiunga che il correttivo intende recepire le principali affermazioni giurisprudenziali formatisi all’indomani dell’acquisto di efficacia del vigente codice – assicurando, in tal modo, una uniforme applicazione di tali principi – , soprattutto relativamente ad alcune aree tematiche ed applicative particolarmente rilevanti, quali ad esempio, la “revisione prezzi”, il concetto di “equivalenza”, riferito alle tutele in materia di contratti collettivi nazionali di lavoro, il principio dell’equo compenso, così come operante nell’ambito degli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura.

In tale ottica, le nuove previsioni introdotte, intervenendo peraltro su criticità sollevate dalla stessa Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), hanno tenuto in considerazione i primi orientamenti della giurisprudenza civile e amministrativa formatisi in materia, consentendo così il formarsi e l’avvio di virtuose e via via consolidate prassi operative.

Le modifiche e le integrazioni in esso contenute sono comunque mirate a perfezionare l’impianto normativo del Codice, senza volerne stravolgere lo spirito e l’impostazione, con lo scopo di migliorarne l’omogeneità, la chiarezza e l’adeguatezza in modo da perseguire efficacemente l’obiettivo dello sviluppo del settore, nell’ottica di promuovere il principio del risultato e della fiducia tra pubbliche amministrazioni e operatori economici, inserito nel Libro I quale assoluto elemento di novità rispetto alla previgente disciplina.

Il provvedimento in parola si pone dunque in linea di continuità con il Codice, nell’impostazione di fondo, nell’architettura delle regole e delle procedure, che sono state ulteriormente rafforzate con tasselli ritenuti necessari in ragione di quanto emerso nella prassi applicativa.

Appare doveroso precisare come le suddette novelle siano il frutto di un ampio, trasversale e costruttivo confronto non solo tra le Amministrazioni interessate, ma anche con gli operatori di settore, maturato in numerosi tavoli inter-istituzionali tematici (tra cui il tavolo sulla digitalizzazione, il tavolo sulla qualificazione delle stazioni appaltanti, il tavolo sulla revisione prezzi, il tavolo sui Collegi consultivi tecnici).

Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da parte sua, ha seguito e accompagnato il dibattito e l’attuazione del Codice, anche grazie ad una propria intensa attività consultiva resa a mezzo di pareri alle stazioni appaltanti e a tutti coloro che sono tenuti all’applicazione del codice tramite il servizio Supporto Giuridico, realizzato in collaborazione con la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ed ITACA (Istituto per l’innovazione e trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale), in via di ulteriore implementazione a seguito delle attività di prossima definizione volte ad estenderne la portata con uno specifico focus sugli aspetti della professionalizzazione, qualificazione e digitalizzazione. Ciò nell’ottica di favorire l’uniformità nell’interpretazione della disciplina dei contratti pubblici, nonché la formazione di “best practices” consolidate.

Nell’ambito di tale attività sono stati affrontati quesiti e dubbi interpretativi, raccogliendo sollecitazioni ed elementi di riflessione che si sono rivelati strategici nella fase di istruttoria del presente testo normativo.

Alle attività di concertazione illustrate si è affiancato anche il confronto con gli operatori di settore, portato avanti, non solo con la consultazione pubblica attivata nel mese di luglio tramite una piattaforma istituita presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ma anche attraverso confronti settoriali (a titolo esemplificativo, si segnala il confronto sulla tematica afferente all’equo compenso promosso dal Consiglio superiore dei lavori pubblici e il confronto con i principali operatori del settore sia dei lavori che dei servizi e forniture svolto sul tema della revisione prezzi).

Con specifico riferimento alla consultazione pubblica, avvenuta nel mese di luglio del 2024, sono stati invitati a partecipare n. 94 stakeholders, di cui n. 77 rappresentano operatori privati mentre

n. 17 soggetti pubblici, che hanno presentato circa 630 contributi suddivisibili in tre macro-categorie: disallineamenti testuali; modifiche sostanziali e criticità interpretative.

Per un maggiore approfondimento dell’iter di formazione dello schema di provvedimento, e in particolare degli esiti delle citate consultazioni, si rimanda all’AIR dove sono illustrati, nel dettaglio, gli esiti della stessa.

2. Le principali linee direttrici di intervento.

La ratio ispiratrice del provvedimento in argomento è da rinvenire, come anticipato anche supra, prioritariamente nell’esigenza di chiarire, specificare e attuare alcune disposizioni che presentavano criticità applicative, con particolare riferimento agli allegati, in modo da agevolare il rilancio strutturale degli investimenti pubblici anche nella fase post PNRR, coerentemente con le prospettive e i tempi di un bilancio strutturale.

Sul punto, di significativa rilevanza sono le modifiche in tema di digitalizzazione di cui si dirà nel prosieguo.

Inoltre, si è intervento sulla disciplina della fase dell’esecuzione dei contratti, in merito alla quale sono state registrate numerose segnalazioni sia dalle stazioni appaltanti che dagli operatori economici, con lo scopo di chiarire gli elementi essenziali che concorrono a definire l’equilibrio giuridico ed economico-finanziario tra pubblico e privato.

Infine, sono state introdotte delle modifiche trasversali volte a valorizzare e promuovere il ruolo delle micro, piccole e medie imprese, nella consapevolezza che sono proprio tali operatori a costituire la trama portante del mercato dei contratti pubblici italiano.

Proprio in relazione agli aspetti che precedono, vanno evidenziate le – rilevantissime – potenzialità e utilità del decreto correttivo che sono intrinsecamente connesse – e per questo sono ancora più importanti – alla “fase cruciale dell’attuazione” di ogni riforma, come lo stesso Consiglio di Stato l’ha definita in molteplici occasioni (in relazione al codice dei contratti pubblici del 2016, cfr. Comm. spec. n. 855/2016, ai punti II.f).4, II.f).5 e II.g).

Come evidenziato dal Supremo Consesso, infatti, “…una riforma è tale solo quando raggiunge un’effettiva attuazione, che sia percepita da cittadini e imprese e rilevata dai dati statistici. A questo scopo, l’adozione dei decreti legislativi attuativi di una legge(-delega) di riforma non è sufficiente: l’esperienza internazionale insegna che sempre più spesso le riforme ‘si perdono’ nelle prassi amministrative conservative, nel difetto di un’adeguata informatizzazione, nel mancato apprendimento dei meccanismi da parte degli operatori pubblici, nel difetto di comunicazione con i cittadini e le imprese, che non riescono a conoscere, e quindi a rivendicare, i loro nuovi diritti.

Nessuna riforma nasce subito perfetta, ma molte possono diventarlo con una fase di progressivo adattamento: per tale ragione, i decreti “integrativi e correttivi” di un decreto legislativo hanno un ruolo essenziale.”.

In aderenza a tale impostazione, il presente decreto non punta soltanto alla “qualità formale” del testo, ma soprattutto alla rimozione di quegli ostacoli registratisi in sede di applicazione pratica onde assicurare il buon funzionamento della riforma.

Si tratta, infatti, di misure che non sono ‘aggiuntive’ rispetto alla riforma medesima, ma fanno parte integrante della stessa, e ne possono determinare il successo in misura rilevante.

Peraltro, in ossequio al rispetto del principio di stabilità dell’ordinamento giuridico, che impone che le norme abbiano un tempo ragionevole di applicazione e di assimilazione, consentendo agli operatori di adeguarsi ad esse, lo schema di decreto in commento interviene in modo chirurgico soltanto laddove i cambiamenti siano stati giustificati da un effettivo riscontro nella pratica, assicurando, in tal modo, certezza delle regole, stabilità del quadro regolatorio, efficienza di amministrazioni e imprese.

Nel dettaglio, le proposte di modifica al Codice seguono, come anticipato, tre linee direttrici:

  • sono state apportate al codice tutte quelle modifiche di coordinamento interno, comprese la correzione di errori materiali, refusi e disallineamenti testuali;
  • sono state introdotte precisazioni per accrescere la chiarezza del dettato normativo, integrando alcuni istituti o colmando dei vuoti normativi evidenziati dalle associazioni o dagli operatori di settore, nonché in sede di confronto con altri soggetti istituzionali. Invero, partendo dai contributi raccolti durante la consultazione, dalla giurisprudenza e dalle richieste di parere pervenute attraverso il servizio supporto giuridico, sono state tracciate numerose modifiche puntuali finalizzate a chiarire possibili ambiguità del codice, a risolvere disallineamenti tra diverse parti del codice e degli allegati, ad aggiornarne le formulazioni alla normativa sopravvenuta;
  • sono state apportate delle modifiche ad alcuni istituti rilevanti, conseguenti alle criticità evidenziate nella prima fase attuativa del codice.
  1. I macrotemi oggetto di intervento.

Nel dettaglio, anche alla luce delle criticità emerse durante i menzionati confronti inter- istituzionali e con gli operatori economici, la presente novella legislativa si è incentrata su dieci temi sostanziali ritenuti prioritari per assicurare la piena funzionalità delle norme di settore dei contratti pubblici.

Al fine di fornire una chiave di analisi quanto più completa e una visione sistemica delle disposizioni contenute nel presente decreto, si riporta di seguito una primaria e sintetica descrizione di insieme degli interventi proposti nelle dieci aree tematiche ritenute prioritarie.

    1. Equo compenso

Un primo ambito tematico oggetto di intervento è relativo alla disciplina del c.d. equo compenso.

In argomento, infatti, sono emersi, all’indomani dell’entrata in vigore della legge 20 maggio 2023 n. 49, recante “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”, orientamenti dottrinali e giurisprudenziali divergenti in ordine all’applicabilità al settore dei contratti pubblici della normativa introdotta ex novo dalla precitata legge. Il presente testo normativo, pertanto, ha rappresentato l’occasione per poter chiarire, in via legislativa, i rispettivi ambiti applicativi alla luce dei principi sulla concorrenza e sull’equo compenso previsti rispettivamente agli articoli 1, comma 2, primo periodo, e 8, comma 2, secondo periodo, del medesimo codice.

Nell’ambito del dibattito giurisprudenziale formatosi in subiecta materia, si richiamano, in particolare, i primi interventi giurisprudenziali intervenuti, ossia le sentenze del TAR Veneto, sez. III, 3 aprile 2024, n. 632 e TAR Lazio, sez. V ter, 30 aprile 2024, n. 8580, che hanno sostenuto l’applicabilità della legge sull’equo compenso al settore contratti pubblici, cui hanno fatto da “contro altare” i pronunciamenti del TAR Campania, Salerno, sez. II, 16 luglio 2024, n. 1494 e TAR Calabria, Reggio Calabria, 25 luglio 2024, n. 483, che hanno invece affermato, l’incompatibilità tra i due sistemi normativi, con esclusione dell’applicazione delle regole dell’equo compenso alle procedure di gara regolate dal codice dei contratti pubblici.

A fondamento della prima tesi, i giudici amministrativi di primo grado hanno valorizzato, anzitutto, la previsione contenuta nell’articolo 8, comma 2, del Codice, laddove, oltre a sancirsi il divieto, salvo casi eccezionali, di prestazioni d’opera intellettuale a titolo gratuito, è stato imposto, in via generale, alla pubblica amministrazione di garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso.

In particolare, infatti, secondo questa tesi, l’impiego del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa in ragione del rapporto qualità/prezzo nel settore dell’evidenza pubblica, non precluderebbe l’applicabilità della legge n. 49 del 2023, in quanto le gare per servizi di architettura o di ingegneria dovrebbero essere strutturate e aggiudicate sulla base di un “prezzo fisso” non ribassabile, individuato dalla pubblica amministrazione come corrispettivo posto a base di gara, con competizione limitata alla sola componente tecnica dell’offerta.

In tale ottica, il compenso del professionista costituirebbe soltanto una delle componenti del “prezzo” determinato dall’Amministrazione come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare alle “spese ed oneri accessori”.

In base alla tesi opposta, si ritiene invece possibile la praticabilità del ribasso sui corrispettivi professionali, in quanto la loro congruità rimarrebbe, in ogni caso, adeguatamente assicurata dal modulo procedimentale di verifica dell’anomalia dell’offerta, con riferimento al ribasso praticato sul corrispettivo dei servizi di progettazione.

In tale ottica, la verifica di anomalia delle offerte sarebbe finalizzata ad evitare che le prestazioni  professionali  siano  rese  a  prezzi  incongrui,  consentendo,  nel  contempo,  alle amministrazioni di affidare gli appalti a prezzi più competitivi.

Tenuto conto delle divergenze di posizione e orientamenti giurisprudenziali, si è inteso intervenire sulla materia al fine di bilanciare le regole sull’applicabilità del principio dell’equo compenso, inteso, appunto, come compenso “equo” e non “minimo”, inevitabilmente correlato, tuttavia, all’operatività di specifici vincoli connessi al settore dei contratti pubblici, che impongono valutazioni comparative ai fini dell’affidamento di tutti i servizi, compresi quelli connessi alla progettazione, e che richiedono una adeguata ponderazione degli effetti finanziari delle scelte regolatorie.

In risposta a tale necessario bilanciamento, le modifiche proposte all’articolo 41 prevedono, da un lato, che le tariffe siano considerate per il 65 per cento come un importo “a prezzo fisso”, come tale non ribassabile in sede di gara; dall’altro, che rispetto al restante 35 per cento, l’elemento relativo al prezzo possa essere invece oggetto di offerte al ribasso in sede di presentazione delle offerte; per mitigare l’impatto di tali ribassi sull’aggiudicazione e valorizzare la componente tecnica della progettazione, si prevede tuttavia che per tale residuo 35 per cento, la stazione appaltante stabilisca un tetto massimo per il punteggio economico, entro il limite del 30 per cento.

Nell’ottica di intervento sopra evidenziata, pertanto, la soluzione sopra sinteticamente descritta garantisce pertanto il principio dell’equa remunerazione del progettista, aprendo al contempo ad una valutazione competitiva tra diverse offerte economiche, al fine, in ogni caso, di valorizzare nell’affidamento quegli operatori economici che propongono migliori condizioni di economicità e qualità del servizio.

3.2. Tutele lavoristiche

Ulteriore tematica centrale emersa in sede di consultazione è quella afferente alle tutele lavoristiche. In particolare, nel dare attuazione alla disposizione che prescrive l’individuazione nel bando del contratto collettivo nazionale applicabile all’appalto, (ex articolo 11 del Codice), oggetto di intervento, sono state individuate le tutele che si devono considerare ai fini della valutazione e alle modalità di calcolo dell’equipollenza dei contratti collettivi di lavoro.

Nell’operare tale specificazione si è tenuto conto di come i criteri di equipollenza siano funzionali sia a garantire parità di tutela che ad assicurare il coinvolgimento di operatori economici che non applicano il contratto indicato dalla stazione appaltante, in ossequio alla libertà contrattuale sancita, sul punto, dalla giurisprudenza costituzionale.

Le modifiche proposte sono finalizzate ad assicurare una uniforme svolgimento delle prassi operate dalle stazioni appaltanti ai fini dell’individuazione del contratto di lavoro applicabile in sede di redazione dei bandi/inviti, nonché una semplificazione del quadro normativo e delle modalità di calcolo dell’equipollenza a favore degli operatori economici ai fini della partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica.

Si prevede, in particolare, l’inserimento di un nuovo Allegato I.01, contenente concrete disposizioni per orientare l’operato delle stazioni appaltanti sia rispetto al contratto da individuare nel bando/invito, tenuto conto dell’oggetto dell’appalto, sia rispetto alla verifica di equipollenza dei contratti.

In particolare, si è inteso introdurre dei meccanismi automatici per la valutazione di equipollenza  tra  i  contratti  sottoscritti  dalle  organizzazioni  sindacali  maggiormente rappresentative, alla luce dei principali indici normativi ed economici rivelatori di tale sostanziale equivalenza.

E’ stata poi prevista una disciplina diversificata tra il settore dei lavori e quello dei servizi e forniture: per il primo è stata introdotta una presunzione di equipollenza tra i contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni maggiormente rappresentative nei quattro settori ATECO applicati nel settore delle costruzioni; per il secondo settore sono stati introdotti dei criteri per il calcolo dell’equipollenza secondo una logica “compensativa” tra le differenti tutele normative previste nei diversi contratti.

Appare opportuno, inoltre, evidenziare che il contenuto dell’Allegato I.01 recepisce, fra l’altro, anche gli orientamenti giurisprudenziali in materia. Sul punto, si richiama il divieto di prevedere quale requisito di partecipazione l’applicazione di un determinato contratto collettivo (cfr. Consiglio di Stato, sentenza del 18 dicembre 2023 n. 10886); resta fermo che, in sede di verifica della dichiarazione di equivalenza, la stazione appaltante o l’ente concedente sono tenute ad accertare che il costo del personale non sia inferiore ai minimi salariali retributivi (TAR Campania, sede di Napoli, sentenza del 7 novembre 2023, n. 6128).

Si rammenta che, in forza dell’interpretazione delle disposizioni vigenti, l’obbligo di individuare il CCNL come sopra declinato non si applica ai contratti per i quali tale indicazione non appare pertinente, come i contratti di servizi aventi natura intellettuale e i contratti di fornitura senza posa in opera. Ciò in considerazione di quanto affermato dalla stessa ANAC che, nell’ambito della relazione al proprio bando-tipo, ha sottolineato che spetta alle stazioni appaltanti valutare, a seconda della tipologia dell’appalto, se il medesimo dipende da prestazioni standardizzate (e contrattualizzate) ovvero da presentazioni professionali o di mera fornitura che non contemplano l’impiego di personale contrattualizzato. Si riporta al riguardo quanto osservato dall’ANAC nella nota illustrativa al Bando tipo n. 1/2023: “Sulla base del combinato disposto delle due norme [articoli 11, commi 1 e 2, e 57, comma 1], è stato ritenuto di poter aderire all’interpretazione che vede l’articolo 11 come enunciazione di un principio generale e l’articolo 57 come declinazione pratica di tale principio. È stato quindi ritenuto possibile perimetrare l’applicazione dei principi di cui all’articolo 11 all’ambito oggettivo individuato dall’articolo 57, escludendo i contratti di servizi aventi natura intellettuale. Inoltre, è stato ritenuto opportuno escludere le forniture senza posa in opera”.

Ciò deriva dalla stessa interpretazione letterale dell’articolo 57, comma 1 a mente del quale “Per gli affidamenti dei contratti di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale e per i contratti di concessione i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti, tenuto conto della tipologia di intervento, in particolare ove riguardi il settore dei beni culturali e del paesaggio, e nel rispetto dei principi dell’Unione europea, devono contenere specifiche clausole sociali […]”.

3.3. Digitalizzazione

Ulteriore materia centrale e prioritaria di intervento è quella relativa alla c.d. digitalizzazione, la quale ha costituito e rappresenta tutt’ora un elemento cardine ed estremamente innovativo dell’intero impianto codicistico.

Invero, a più di un anno dall’entrata in vigore del Codice (che ha previsto un’introduzione graduale delle disposizioni in materia di digitalizzazione) si pone l’esigenza di semplificare e chiarire alcune regole finalizzate a favorire il corretto funzionamento del sistema di e-procurement che, come noto, è entrato in vigore lo scorso 1° gennaio 2024.

Si ricorda che il sistema sta operando a regime, anche se si registrano significativi ritardi nell’alimentazione del fascicolo virtuale dell’operatore economico, nonché nell’implementazione delle misure necessarie a garantire l’interoperabilità tra le banche dati esistenti e la Banca dati contratti pubblici dell’ANAC.

A queste problematiche si aggiungono quelle relative all’entrata in vigore, a decorrere dal 1° gennaio 2025, delle nuove regole sull’obbligatorietà del ricorso a metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni (cd. BIM). Al riguardo non può non evidenziarsi come, se da un lato, vi sia l’esigenza di accelerare tale utilizzo, nella consapevolezza che la digitalizzazione di tutti gli elaborati di cantiere garantisce una progettazione di qualità, con dati attendibili e agevolmente confrontabili; dall’altro lato, gli enti territoriali richiedono proroghe o interventi di innalzamento della soglia per il ricorso a tali metodi, al fine di evitare che le stazioni appaltanti più piccole si trovino di fronte ad un blocco delle procedure a causa delle carenze tecniche e di personale interne.

Le principali modifiche proposte in tema di digitalizzazione intervengono su numerosi articoli del codice e degli allegati, al fine di:

  • favorire, accelerare e semplificare l’alimentazione del fascicolo virtuale dell’operatore economico;
  • chiarire le regole sulla certificazione delle piattaforme (pubbliche o private) che consentono alle stazioni appaltanti di collegarsi alla Banda dati nazionale di ANAC;
  • prevedere la suddivisione di compiti tra il RUP e il personale delle stazioni appaltanti ai fini del caricamento dei dati sulla Banda dati nazionale dei contratti pubblici;
  • accelerare e semplificare il funzionamento del casellario informatico;
  • rivedere le regole sull’utilizzo di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni (cd. BIM), incrementando a decorrere dal 1° gennaio 2025 la soglia relativa all’obbligatorietà del ricorso al medesimo da 1 a 2 milioni di euro, razionalizzando altresì tutti i requisiti tecnici per la redazione in modalità digitale dei documenti di programmazione, progettazione ed esecuzione dell’opera.

3.4. Qualificazione delle stazioni appaltanti

Un ulteriore ambito di intervento del presente testo normativo di carattere prioritario, costituente, peraltro, uno specifico requirement del Piano nazionale di ripresa e resilienza (di seguito, anche PNRR), è quello avente per oggetto la qualificazione delle stazioni appaltanti.

Sebbene dai dati raccolti si evinca un trend positivo sulla progressiva attuazione della disciplina in tema di qualificazione delle stazioni appaltanti, è emersa, in particolare, anche a seguito delle interlocuzioni in argomento avviate in sede europea, l’esigenza di configurare la qualificazione come un sistema “aperto” (i.e. che consenta anche alle stazioni appaltanti che in prima istanza non abbiano  conseguito  la  qualificazione  di  intraprendere  comunque  un  percorso  di professionalizzazione), dando, fra l’altro, concreta attuazione anche alle disposizioni che, a decorrere dal 1° gennaio 2025, prevedono l’obbligatorietà della qualificazione anche per la fase dell’esecuzione del contratto.

Sul punto, si evidenzia che lo Stato italiano, in sede di adozione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha assunto specifici impegni con l’Unione Europea. In particolare, infatti, da un lato, la milestone M1C1-73 bis Riforma 1.10 Riforma del quadro legislativo in materia di appalti pubblici e concessioni” prescrive l’adozione di orientamenti sull’attuazione del sistema di qualificazione per il codice dei contratti pubblici delle stazioni appaltanti, e, dall’altro lato, la milestone “M1C1-73 ter Riforma 1.10 Riforma del quadro legislativo in materia di appalti pubblici  e  concessioni”  prevede  l’introduzione  di  incentivi  alla  qualificazione  e professionalizzazione delle stazioni appaltanti.

Alla luce di quanto rappresentato, pertanto, in primo luogo, con le proposte di modifica apportate, si è inteso introdurre una serie di incentivi a favore delle stazioni appaltanti che non hanno conseguito, in prima istanza, la qualificazione e, dall’altro, si sono introdotti dei requisiti flessibili per la qualificazione relativa alla fase di esecuzione, al fine di conciliare, da un lato l’esigenza di garantire al personale impiegato negli appalti pubblici una adeguata formazione di settore, comprensiva dell’utilizzo di metodi e sistemi di gestione digitale delle costruzioni, e, dall’altro lato, l’interesse a prevenire stalli di sistema nell’esecuzione.

Infine, si rappresenta che, in tale ambito di azione, si è intervenuti anche con l’intento di incentivare e migliorare l’attività di formazione, nonché ampliare il più possibile l’offerta formativa. A tal fine, fra gli interventi previsti, si è introdotta espressamente la possibilità di erogare i corsi di formazione, finalizzati a migliorare la professionalizzazione delle stazioni appaltanti, anche da parte di soggetti privati aventi scopo di lucro, così da riconoscere e valorizzare una prassi già ampiamente in uso presso le stazioni appaltanti (soprattutto) territoriali.

3.5. Revisione prezzi

Ulteriore area tematica che è stata una delle principali linee di intervento del decreto in commento è la disciplina relativa all’applicazione delle clausole di revisione dei prezzi, introdotte ai sensi dell’articolo 60 del codice, oggetto, peraltro, di studio e concertazione con tutti gli operatori del settore, grazie all’istituzione di un apposito Tavolo tecnico costituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ha organizzato i propri lavori, strutturandosi in due sub-componenti (quella alla quale hanno partecipato gli stakeholders operanti nel settore degli appalti di lavori e quella alla quale hanno partecipato gli stakeholders operanti nel settore degli appalti di servizi e forniture)

Grazie all’ampio dibattito scaturito in seno a predetto Tavolo tecnico, incentratosi soprattutto sulla individuazione di nuovi indici sintetici grazie ai quali commisurare e parametrare l’incremento dell’importo contrattuale, nonché sul dies a quo a partire dal quale calcolare la variazione (in aumento o in diminuzione) dello stesso contratto, si è inteso confermare il sistema delineato dal Codice, garantendo, tuttavia, una piena attuazione del medesimo attraverso criteri di calcolo di agevole implementazione, grazie al ruolo determinante di ISTAT.

In risposta a tali esigenze, sono state pertanto apportate delle modifiche all’articolo 60 ed è stato introdotto un nuovo Allegato II.2-bis disciplinante le modalità di attuazione delle clausole revisionali (sul punto si veda amplius infra nei paragrafi dedicati all’illustrazione di ciascuna disposizione).

3.6. Consorzi.

All’interno dei dieci temi prioritari rientra anche la disciplina dei consorzi, atteso il gran numero di contributi presentati dagli stakeholders che, in sede di consultazione, hanno evidenziato diverse criticità interpretative applicative dell’istituto.

Nel dettaglio, così come emerso dalla consultazione, sono stati richiesti dei chiarimenti in merito al c.d. “cumulo alla rinfusa”, quale criterio di possesso e comprova dei requisiti previsti per l’ammissione alle procedure di affidamento da parte dei consorzi stabili, nonché sono stati evidenziati dei disallineamenti e delle incertezze riguardo l’applicazione dell’articolo 67 circa la attestazione dei requisiti generali e speciali da parte di consorzi e consorziate, anche in sede di presentazione delle offerte, con specifico riguardo ai consorzi di cooperative e di artigiani.

Infine, sono state rappresentate incertezze interpretative e applicative in ordine alla permanenza del divieto alla medesima impresa di partecipare a più di un consorzio stabile.

Le modifiche proposte mirano a risolvere le predette criticità, recependo i prevalenti orientamenti giurisprudenziali in materia, nonché le indicazioni fornite al riguardo da ANAC.

In particolare, in adesione alla prevalente giurisprudenza in argomento (ex multis, Cons. di Stato, sez. V, 29 /09/2023, n. 8592), si è previsto che i consorzi stabili possano avvalersi dei requisiti maturati dalle singole consorziate, esecutrici e non, al fine di partecipare alle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture e di conseguire l’attestazione di qualificazione.

Al fine di introdurre una ulteriore tutela a favore delle stazioni appaltanti, è stato inoltre chiarito che il possesso dei requisiti di qualificazione tramite quanto posseduto dall’impresa non designata per l’esecuzione, debba comunque essere “procedimentalizzato” e concretamente comprovato e, dunque, avvenire tramite avvalimento ex art. 104.

Inoltre, è stato esteso ai consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro e i consorzi fra imprese artigiane, l’obbligo di indicare, in sede di offerta, per quali consorziati il consorzio concorre, in stretta aderenza con l’orientamento dell’ANAC manifestato nella Relazione illustrativa del Bando tipo n. 1/2023.

Allo stesso tempo, in linea con la giurisprudenza consolidata e a seguito dei chiarimenti contenuti nel menzionato Bando Tipo n. 1/2023, è stato altresì chiarito che, nel caso in cui la consorziata designata sia a sua volta un consorzio di cooperative o un consorzio artigiano, questo sia tenuto a indicare per quale consorziata concorre.

Infine, è stato specificato, sempre alla luce della costante giurisprudenza in materia, che l’utilizzo dei requisiti in sede di gara deve essere sempre effettivo e realmente corrispondente ad una concreta disponibilità di mezzi, attrezzature e organico.

Alla luce di tale previsione e in adesione a quanto indicato da ANAC nel comunicato del 31 gennaio 2024, è inoltre stato chiarito espressamente il divieto posto in capo alla stessa impresa di partecipare a più di un consorzio stabile. Sul punto, si evidenzia che la partecipazione a un consorzio stabile presuppone l’intenzione delle imprese consorziate di operare stabilmente in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa. Appare quindi difficile concepire che tale vincolo (stabile, continuativo e afferente alla totalità delle risorse umane e strumentali dell’impresa), possa essere istituito in favore di più entità, senza che ciò ne pregiudichi l’effettività. Occorre considerare, del resto, che le risorse messe a disposizione del consorzio possono essere contestualmente utilizzate dalle imprese consorziate anche per partecipare alle gare in forma singola. Se a ciò si aggiungesse la possibilità, per le consorziate, di partecipare stabilmente a più di un consorzio, ne deriverebbe un aumento delle occasioni di contemporanea spendita dei medesimi requisiti di partecipazione e di qualificazione da parte di più soggetti, con grave pregiudizio per l’effettiva capacità esecutiva.

3.7. Tutela della Micro, Piccole e Medie Imprese (MPMIP)

Un ulteriore tema che si era cercato di promuovere già in sede di prima adozione del Codice è quello dell’accesso delle micro, piccolo e medie imprese al mercato dei contratti pubblici, prevedendosi in particolare all’articolo 108, comma 7, la possibilità che il bando di gara preveda criteri premiali a favore delle PMI e che tali criteri valorizzino il principio della “territorialità” per quei contratti che dipendono dal requisito della prossimità per la loro esecuzione.

Tale tematica risulta essere tutt’ora centrale e prioritaria, anche alla luce dei dati raccolti in sede di consultazione. Invero, le PMI hanno rappresentato estreme difficoltà nel presentare offerte competitive rispetto a quelle presentate dai grandi consorzi, o da altri operatori economici, che sono spesso competitivi in termini di requisiti, nonché hanno riscontrato un rilevante limite nei vincoli lavoristici posti dalla disciplina dell’articolo 11 sull’individuazione nel bando di gara di un unico contratto di lavoro, nonché nella difficoltà di accesso al mercato del credito.

Sul punto, occorre preliminarmente evidenziare che, come anticipato nei paragrafi precedenti, le modifiche apportate alla disciplina dei consorzi e in materia di tutele lavoristiche, già potrebbero potrebbero assicurare, in via trasversale, una maggior tutela per le PMI.

A questi strumenti trasversali sono stati affiancati specifici interventi rivolti alle piccole e medie imprese. Nel dettaglio, si è inteso rafforzare l’incentivo già previsto nel Codice alla suddivisione in lotti, mediante modifiche testuali, volte a chiarire che il lotto quantitativo non deve essere funzionalmente autonomo.

Inoltre, si è intervenuti in materia di subappalto prevedendo che nei contratti di subappalto si debba prevedere una quota riservata, pari al 20 per cento delle prestazioni, alle PMI. A tale previsione si può derogare solo nei casi in cui la stazione appaltante accerti l’impossibilità di applicazione di tali soglie per ragioni legate all’oggetto o alle caratteristiche delle prestazioni o al mercato di riferimento, da motivare nella delibera a contrarre;

Infine, sono state introdotte delle novità in materia di contratti “riservati”, prevendo la possibilità per le stazioni appaltanti di “riservare” la partecipazione agli affidamenti o l’esecuzione di taluni contratti, al di sotto delle soglie europee, alle piccole-medie imprese. Si tratta di una facoltà conforme al diritto europeo, che ovviamente dovrà essere valutata caso per caso dalla stazione appaltante, tenuto conto dell’oggetto e delle caratteristiche delle prestazioni, nonché del mercato di riferimento.

3.8. Fase esecutiva del contratto di appalto

Ulteriore tematica prioritaria di intervento, nell’ambito del presente testo normativo, è quella dell’esecuzione dei contratti di appalto, posto che la disciplina in materia, alla luce delle risultanze della consultazione, è stata ritenuta dagli stakeholders, nell’economia del Codice, probabilmente troppo “asciutta” e soprattutto da rendere maggiormente ricettiva dei tanti interventi giurisprudenziali intervenuti negli anni in subiecta materia.

Sul tema non si sono pertanto introdotte sostanziali innovazioni, ma solo chiarimenti, nell’ottica di risolvere criticità già note, legate ad alcune incertezze, derivanti dal costante ricorso degli operatori economici soprattutto a riserve e varianti contrattuali in corso d’opera, presentate spesso per ovviare a talune criticità della progettazione. L’auspicio e l’ottica con la quale si è dunque intervenuti in materia è quella di introdurre una normativa chiara e uniforme, tale da poter essere non solo di ausilio operativo a stazioni appaltanti e appaltatori, ma fungere anche da leva preziosa di prevenzione del costoso e numeroso contenzioso (civile).

Alla luce di quanto sopra rilevato, pertanto, si intervenuto in tre ambiti normativi.

In primo luogo, sono state rafforzate le premialità e le penali applicabili agli operatori economici rispettivamente per accelerazioni o ritardi nell’esecuzione dell’opera.

Nello specifico si prevede, da un lato, l’obbligatorietà di inserimento di criteri premiali nelle procedure di gara per gli operatori economici che, in contratti aventi oggetto analogo a quello del bando di gara eseguiti negli ultimi cinque anni, hanno ottenuto il riconoscimento di premialità (articolo 126); e, dall’altro, si prevede che l’applicazione di penali molto elevate (pari o superiori al 2 per cento del valore contrattuale) sia considerata tra le ipotesi di illecito professionale grave (articolo 98, comma 3, lettera c)).

Inoltre, sono state tipizzate le circostanze che possono consentire di adottare varianti e, di converso, si sono identificate le variazioni esecutive che non richiedono il ricorso a varianti (articolo 120 del Codice).

Un ulteriore intervento sul punto è stato quello di aver dettato una disciplina di carattere generale all’istituto dell’accordo di collaborazione, al quale, invero, nella prassi molte stazioni appaltanti hanno già fatto ricorso in via negoziale ai fini dell’esecuzione di opere complesse, con esiti positivi in termini di prevenzione dei rischi e risoluzione dei conflitti.

Si tratta nella sostanza di un accordo plurilaterale che non integra il contratto di appalto o di sub-appalto, ma viene utilizzato per regolare le interrelazioni tra i vari rapporti tra i soggetti che operano nell’esecuzione. In particolare, tale accordo viene stipulato dall’appaltatore con tutte le parti coinvolte in modo significativo nell’esecuzione del contratto (in primo luogo, subappaltatori e sub- contraenti, ma anche fornitori rilevanti), e con il coinvolgimento eventuale anche delle pubbliche amministrazioni che partecipano alla fase approvativa dell’opera, nel caso di appalti di lavori.

La ratio sottesa è quella di promuovere una responsabilizzazione di soggetti coinvolti rispetto alla corretta esecuzione dell’appalto, dal punto di vista del rispetto dei tempi di esecuzione, dei costi, nonché della verifica degli adempimenti. Inoltre, l’accordo di collaborazione può essere finalizzato anche al perseguimento di obiettivi collaterali, tra cui il coinvolgimento delle PMI nella fase dell’esecuzione, anche in relazione al criterio di prossimità, nonché la previsione di premialità e penali a carico degli operatori economici esecutori.

Sul punto, si evidenzia che l’istituto in esame rientra tra le best practices internazionali, che testimoniano come l’accordo di collaborazione favorisca il dialogo permanente tra le parti, riduca il contenzioso e promuova comportamenti virtuosi anche nella risoluzione dei problemi sorti in fase di esecuzione.

3.9. Partenariato pubblico privato

Ulteriore tema prioritario nell’ambito dell’intervento legislativo de quo, è la disciplina dell’istituto del partenariato pubblico-privato e, in particolare, della fattispecie contrattuale della finanza di progetto.

Invero, il project financing ha assunto un ruolo di crescente importanza nell’ordinamento interno, offrendo una terzia via, rispetto alla dicotomia tra finanziamento delle opere a totale carico dell’amministrazione o ricorso esclusivo al mercato, grazie all’utilizzo di forme di cofinanziamento pubblico-privato, attuate in coerenza con la capacità di programmazione di ciascun ente pubblico. In ossequio al principio costituzionale del buon andamento, le pubbliche amministrazioni sono così incentivate a identificare puntualmente le proprie esigenze e a porre le premesse per realizzare opere in grado di erogare servizi di qualità a condizioni di costo competitive per la collettività, grazie all’expertise di soggetti privati.

Ciò posto, l’istituto del project financing rientra, trasversalmente, anche all’interno degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e, nel dettaglio, nell’ambito delle misure per la concorrenza e della riforma del settore degli appalti e concessioni pubbliche (M1C2-11-12 Riforma 2 – Leggi annuali sulla concorrenza’ sia della ‘M1C1-73-quinquies Riforma 1.10).

Per quanto concerne, specificamente, l’attuazione della predetta milestone ‘M1C1-73- quinquies Riforma 1.10’, con le nuove disposizioni, si è voluto rimodulare l’istituto del project financing nell’ottica di incrementare l’efficienza degli affidamenti e promuovere la contendibilità delle concessioni, assolvendo, per esempio, all’impegno assunto di rimodulare l’operatività della prevista “clausola di prelazione” per evitare che possa essere utilizzata in funzione anti concorrenziale.

A questo impegno, si è tuttavia affiancata anche l’opportunità di rivedere puntualmente la stessa procedura di svolgimento del project financing, al fine di promuovere piena trasparenza in merito alle proposte presentate su iniziativa privata, favorendo la più ampia partecipazione degli operatori economici alle procedure di gara, nonché di consentire agli enti concedenti di verificare appieno la fattibilità della proposta, anche in relazione all’affidabilità del proponente (la finanza di progetto è infatti una procedura fondata su una complessa interazione pubblico-privato che per il suo successo dipende anche dalla solidità dell’operatore economico prescelto). A ciò si aggiunge la necessità di semplificare i documenti progettuali richiesti agli operatori economici ai fini della partecipazione della procedura (per evitare che tale partecipazione diventi troppo onerosa per il privato) e l’esigenza di favorire una approvazione “anticipata” del progetto di fattibilità tecnico- economica (per evitare che, dopo la selezione del contraente, il progetto subisca variazioni sostanziali che rischiano di alimentare il contenzioso)

In sede di consultazione è emersa anche la necessità di disciplinare puntualmente l’ipotesi di una procedura di affidamento della finanza di progetto ad iniziativa pubblica, che, altrimenti, nell’attuale formulazione del Codice rischierebbe, infatti di non essere adeguatamente valorizzata.

Si anticipa, inoltre, (ma sul punto si veda amplius infra, cfr. quanto illustrato in relazione all’articolo 193 e ss.), che anche alla luce dei rilievi sollevati dalla Commissione europea con la procedura d’infrazione INFR (2018)2273. “Non conformità del diritto italiano alle Direttive 2014/23/EU, 2014/24/EU and 2014/25/EU, e agli articoli 49 e 56, TFUE”, sono state introdotte specifiche disposizioni per assicurare la trasparenza e la pubblicità durante la procedura di selezione delle proposte relative al progetto di fattibilità.

Per conciliare le esigenze in esame, si è ritenuto pertanto opportuno rimodulare l’istituto, ponendo, in primo luogo, la distinzione tra le procedure di finanza di progetto a iniziativa privata e a iniziativa pubblica.

Inoltre, si è ritenuto opportuno disciplinare espressamente anche una prassi che si è andata consolidando, rinvenibile nei casi in cui l’operatore economico presenti all’ente concedente una preliminare manifestazione di interesse, corredata dalla richiesta di informazioni e dati necessari per la predisposizione della proposta.

In tali casi, al fine di assicurare il rispetto del principio di trasparenza, si è previsto che, qualora l’ente concedente comunichi all’operatore economico la sussistenza di un interesse pubblico all’elaborazione della proposta, è necessario che vengano trasmessi i dati e le informazioni richiesti, dandone adeguata comunicazione nella sezione «Amministrazione trasparente».

Resta ovviamente esclusa dal vincolo di trasparenza l’ipotesi di una manifestazione di interesse a cui l’ente concedente non intenda fornire un riscontro positivo, in quanto attinente ad un progetto ritenuto non prioritario o attuale dall’amministrazione o per il quale non sono disponibili elementi di valutazione.

Dopo la fase eventuale della manifestazione d’interesse, la procedura, conformemente a quanto sopra rilevato, dovrà opportunamente differenziarsi a seconda che l’iniziativa sia pubblica o privata.

Per quanto concerne la finanza di progetto ad iniziativa privata (la quale può essere attivata anche nei casi in cui la proposta non sia inclusa all’interno della programmazione del partenariato pubblico-privato), la nuova disciplina prevede dei meccanismi volti ad assicurare la concorrenza e il rispetto dei principi di trasparenza e pubblicità, attraverso una chiara procedimentalizzazione sia della fase di valutazione delle proposte sia della fase dell’affidamento.

In particolare, si individuano due differenti fasi: nella prima, anche se l’iniziativa è promossa da un unico promotore, l’ente concedente assegna un termine per la presentazione di proposte da parte di altri operatori economici. Individuate la proposta o le proposte di interesse pubblico, le sottopone a valutazione di fattibilità, con eventuale convocazione di una conferenza di servizi preliminare, e, infine, individua la proposta da sottoporre a gara.

In tale fase, l’ente concedente esamina uno o più progetti di fattibilità semplificati, che solo dopo l’individuazione della proposta più corrispondente ai fabbisogni dell’ente verrà trasformato dall’operatore prescelto in un progetto di fattibilità tecnico-economica, il quale sarà poi soggetto ad approvazione. Sul punto, si evidenzia che è stato introdotto un articolo aggiuntivo all’Allegato I.7, volto a disciplinare il contenuto del progetto di fattibilità che deve essere presentato a corredo della proposta presentata dall’operatore economico.

In seconda fase successiva, l’ente concedente porrà a base di gara il progetto di fattibilità tecnico-economico selezionato, riconoscendo il diritto di prelazione all’operatore che ha proposto quel progetto. Nell’ipotesi, invece, di finanza di progetto su iniziativa pubblica, spetta all’ente concedente – anche sulla base di preventive manifestazioni di interesse – redigere un progetto di fattibilità, che viene posto a base di gara per la selezione dell’operatore economico chiamato a completare la progettazione, a fornire parte del capitale, e a realizzare il progetto.

La nuova disciplina, così illustrata in sintesi, mira dunque a rendere effettivamente applicabile l’istituto della finanza di progetto, fornendo agli enti concedenti e agli operatori economici un quadro normativo chiaro ed esaustivo per l’applicazione dell’istituto.

Nel complesso, l’individuazione di due diverse procedure e la procedimentalizzazione di tutte le fasi della finanza di progetto ad iniziativa privata (e pubblica) consentirà di adeguare, con più facilità, le procedure alla tipologia di intervento da realizzare e garantire massima trasparenza su tutte le fasi della procedura, dalla preliminare manifestazione di interesse fino all’aggiudicazione finale.

3.10. Collegi Consultivi Tecnici (CCT)

Ulteriore (ed ultimo) ambito normativo di intervento prioritario è quello relativo alla disciplina dei collegi consultivi tecnici (CCT).

Si tratta di un istituto di grande importanza per la prevenzione e riduzione del contenzioso, in riferimento al quale, in sede di consultazione, sono emerse incertezze applicative relative al perimetro della sua attività, nonché sui relativi presupposti di istituzione, attivazione e modalità operative. Inoltre, si sono riscontrate richieste di chiarimento in merito alla natura giuridica delle determinazioni del CCT in relazione alla possibile esperibilità del c.d. accordo bonario nonché ai i limiti temporali della sua operatività e alle modalità di calcolo e computo dei compensi spettanti ai componenti del collegio.

Per risolvere le criticità evidenziate e proporre soluzioni concrete alle stazioni appaltanti e agli operatori economici, è stato costituito un gruppo di lavoro presso il Ministero delle infrastrutture e trasporti, coadiuvato dal Consiglio superiore dei lavori pubblici, dove era già operante l’Osservatorio sull’attività dei CCT.

Pertanto, alla luce della centralità dell’istituto e delle numerose osservazioni ricevute in sede di confronto con gli operatori del settore, grazie all’ausilio tecnico del predetto Tavolo, sono state apportate modifiche puntuali alla disciplina del Codice, nonché all’Allegato V.2, recante le modalità di costituzione del collegio consultivo tecnico.

Nel dettaglio, le modifiche introdotte sono state finalizzate a definire l’applicazione dell’istituto obbligatorio dei CCT rendendolo obbligatorio per i contratti di lavori (compresi quelli realizzati tramite concessione e PPP) superiori alla soglia di rilevanza comunitaria, con conseguente esclusione dal suo ambito applicativo dei contratti di forniture e servizi, in relazione ai quali l’attivazione del CCT è rimessa alla esclusiva volontà delle parti. Inoltre, si è chiarito l’ambito operativo delle pronunce e la fase procedimentale in cui il Collegio debba ritenersi sciolto.

Infine, per assicurare certezza nei rapporti giuridici, è stata colmata una lacuna in merito alla mancata definizione del regime transitorio applicabile, anche in ordine alle disposizioni dell’Allegato V.2.

* * * * *

Sotto il profilo della semplificazione normativa, la scelta del decreto legislativo in esame è quella di ricomprendere in esso anche le modifiche agli allegati al codice che, pertanto, non risultano ancora delegificati.

È stata, pertanto, valutata l’esigenza di intervenire anche su alcune disposizioni degli allegati (il caso più emblematico è quello della qualificazione delle stazioni appaltanti) per recepire entro il 31 dicembre gli impegni assunti con il PNRR rispetto alle riforme di settore.

Ad ogni modo, e a prescindere dall’attuazione del PNRR, si è ritenuto che un correttivo che si limitasse ad intervenire solo sull’articolato rischierebbe di ingenerare criticità in termini di disallineamento con le norme di pari rango tuttora incluse negli allegati, vanificando, peraltro, l’occasione di dare attuazione – proprio attraverso gli allegati – ad istituti e disposizioni del Codice che, ad oggi, in assenza di una disciplina attuativa, rischierebbero di restare inattuati.

Anche a questo proposito, si ritiene che la contestualità dell’intervento riferito alle disposizioni del Codice e ai suoi Allegati sia funzionale alle esigenze di chiarezza e piena attuazione poste dagli operatori di settore.

Alla luce di quanto sopra rappresentato, non è stato ritenuto possibile anticipare in tale contesto il procedimento di delegificazione degli allegati previsto dal codice, in quanto la revisione (ad opera del correttivo) degli allegati è consequenziale nella maggior parte dei casi a novelle apportate al relativo articolato del codice.

In un’ottica di semplificazione ed al fine di rispondere alle esigenze degli operatori di settore, si è valutata, invece, l’opzione di dare ingresso ad uno o più regolamenti da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, commi 1 e 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400, che – nel rispetto delle procedure già previste a normativa vigente – possano “ospitare”, anche cumulativamente, il contenuto degli allegati per i quali il codice prevede la delegificazione in seconda istanza e a regime.

Ciò al fine di rispondere all’esigenza di evitare un groviglio normativo, con una disciplina attuativa contenuta in modo disorganico e non armonizzato nelle varie fonti normative di secondo livello, che non avrebbe consentito una facile applicazione delle procedure da parte delle stazioni appaltanti, soprattutto in occasione della realizzazione di progetti con scadenze ravvicinate.

L’eccessiva regolamentazione avrebbe rischiato, poi, di dilatare i tempi di gara e di favorire un notevole contenzioso soprattutto in considerazione del fatto che, alla complessità normativa, si accompagna sovente l’estrema frammentazione dell’assetto istituzionale: il sistema degli appalti è governato, infatti, da una pluralità di attori a livello centrale, regionale e settoriale, con compiti e funzioni che necessitano di essere chiaramente individuati e per i quali si impone, nell’ottica dell’efficienza, che gli stessi agiscano sulla base di un efficace coordinamento istituzionale.

Si rinvia, sul punto, a quanto si dirà nel prosieguo con riferimento all’inserimento del nuovo articolo 226-bis nel codice e al conseguente coordinamento.

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Lo schema di decreto si compone di 87 articoli utilizzando, come richiesto dalla tecnica normativa, la tecnica della novella.

Alla presente relazione, peraltro, per consentire una più agevole consultazione, è allegato anche un testo coordinato quale risultante dall’inserimento di ciascuna modifica.

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Requisito della distanza rispetto alla sede della Stazione Appaltante : limiti (art. 108 d.lgs. 36/2023)

TAR Milano, 25.10.2024 n. 2888

È invece fondata l’altra censura, contenuta sempre nel primo motivo del ricorso per motivi aggiunti, relativa alla violazione dell’art. 108, comma 4, d.lgs. n. 36/2023.
L’art. 108, comma 4, cit., prevede che la stazione appaltante introduce nei “documenti di gara … i criteri di aggiudicazione dell’offerta, pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto. In particolare, l’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, è valutata sulla base di criteri oggettivi, quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto”; inoltre, stabilisce che la stazione appaltante “al fine di assicurare l’effettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo dell’offerta dei concorrenti, valorizza gli elementi qualitativi dell’offerta e individua criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici”.
La stazione appaltante gode quindi di ampia discrezionalità nella scelta dei criteri di valutazione delle offerte per meglio perseguire l’interesse pubblico; tale scelta, è sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità solo allorché sia illogica, irragionevole ed irrazionale oppure sei criteri non sono trasparenti ed intellegibili.
Nel caso in esame, la stazione appaltante non ha valorizzato la prossimità dell’impianto di smaltimento quale requisito speciale di partecipazione alla gara (art 10 del d.lgs. n. 36/2023). Ha invece valorizzato la prossimità da un lato quale criterio di valutazione dell’offerta tecnica (profilo tecnico) e dall’altro lato quale elemento premiale del concorrente (profilo economico) (art. 108 del d.lgs. n. 36/2023).
Sotto il profilo tecnico, l’operatore che dispone di un impianto distante meno di 30 km dalla sede legale della stazione appaltante matura 35 punti per l’offerta tecnica per il sol fatto di disporre dell’impianto (art. 17.1, lett. B), del disciplinare).
Sotto il profilo economico, l’operatore che dispone di un impianto distante meno di 30 km dalla sede legale della stazione appaltante non è tenuto a sostenere il costo del trasporto dei rifiuti dalla sede legale a quella dell’impianto dal momento che tale costo rimane integralmente a carico della stazione appaltante. Viceversa, in caso di “distanze pari o superiori al limite anzidetto”, al fine di ridurre i maggiori costi gravanti sulla stazione appaltante “per manutenzioni, carburante, personale, e organizzazione aziendale”, l’operatore “dovrà contribuire alle spese di trasporto” (art. 9 del capitolato).
Dunque, l’unico presupposto costituito dalla vicinanza dell’impianto alla sede legale riceve una duplice valorizzazione, tecnica ed economica.
In questo modo, la stazione appaltante ha stabilito di attribuire un significativo punteggio tecnico (35 punti pari alla metà di quelli previsti) per la sola disponibilità di un impianto vicino alla propria sede legale.
Non è evidente però quale sia la particolare qualità tecnica di un impianto che si trova vicino (meno di 30 km) alla sede legale della stazione appaltante rispetto ad un altro impianto che risulta collocato ad una maggiore distanza.
Inoltre, non si evince la ragione tecnica sulla base della quale si è deciso di attribuire un così significativo punteggio tecnico (35/70 punti) in base alla distanza che l’impianto ha rispetto alla “sede legale” della stazione appaltante, fermo restando che l’art. 182-bis, comma 1, cit., collega il principio di prossimità “ai luoghi di produzione o raccolta” e non alla sede legale della stazione appaltante per l’evidente constatazione che soltanto il primo caso consente di “ridurre i movimenti dei rifiuti”.
Ne consegue che l’operatore che invera la fattispecie della prossimità rispetto alla sede legale, indicata nel bando, godrà soltanto per questo di un sicuro vantaggio concorrenziale, prescindendo dalle caratteristiche tecniche della sua offerta.
Difatti, non dovendo sostenere costi operativi per il trasporto dei rifiuti, il predetto operatore avrà la possibilità: i) di proporre un’offerta (tecnica ed economica) complessivamente migliore (considerando il maggior punteggio che otterrebbe per l’offerta economica potendo escludere i costi di trasporto); ii) di proporre un’offerta economica complessivamente più remunerativa (sapendo di maturare un alto punteggio per l’offerta tecnica in relazione alla voce della collocazione dell’impianto, l’operatore è indotto ad offrire un prezzo maggiore, compensando così il possibile minor punteggio per l’offerta economica con quello già acquisito per l’offerta tecnica).
Simili previsioni di gara, nella parte in cui stabiliscono, senza plausibile ragione, di attribuire la metà del punteggio tecnico in palio per la prossimità dell’impianto rispetto alla sede legale della stazione appaltante, non risultano idonee, ai sensi dell’art. 108, comma 4, cit., a “garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici” della proposta negoziale dei concorrenti, poiché di fatto riducono fortemente il confronto concorrenziale sui reali elementi tecnici dell’offerta.
Inoltre, tali previsioni, nel prevedere al contempo (anche) un vantaggio economico per l’operatore che si trova nella situazione di prossimità, non sono adeguate, ai sensi dell’art. 108, comma 4, cit., ad “assicurare l’effettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo” della proposta, poiché incoraggiano offerte non competitive o sconvenienti, favorendo di fatto l’operatore che invera la condizione della prossimità; questi, sapendo di ottenere un duplice vantaggio per la prossimità, è infatti portato a proporre un’offerta economica non conveniente per la stazione appaltante oppure a presentare un’offerta tecnica meno competitiva in relazione agli elementi diversi dalla prossimità.

Servizi progettazione : equo compenso non applicabile alle procedure di gara regolate dal d.lgs. 36/2023

TAR Reggio Calabria, 24.10.2024 n. 632

10- Così ricostruita sinteticamente la vicenda, il Collegio osserva che la vicenda quivi scrutinata involge la tematica –risolutiva nell’ambito dell’odierno contenzioso- dei rapporti tra la normativa sull’equo compenso di cui alla l.n. 49/2023 e le procedure di gara dirette all’affidamento di servizi di ingegneria e architettura, recentemente affrontata da questo Tribunale.
In particolare, con sentenza n. 483 del 25.7.2024, alla cui disamina integrale si rimanda ex art. 60 e art. 74 c.p.a. per ragioni di economia espositiva, il Collegio:
-) ha richiamato i diversi orientamenti attualmente in campo, i quali sostengono, da un parte, l’assenza di antinomia tra la legge n. 49/2023 e la disciplina dei contratti pubblici, con conseguente piena operatività delle previsioni dettate dalla prima anche nel campo dell’evidenza pubblica e, dall’altra parte, l’incompatibilità tra i due sistemi normativi, con esclusione dell’applicazione delle regole del c.d. ‘equo compenso’ alle procedure di gara regolate dal codice dei contratti pubblici (§ 10 ss.);
-) ha preso posizione in merito aderendo alla seconda opzione ricostruttiva per le ragioni ivi diffusamente esposte (§ 11);
-) ha rimarcato -richiamando giurisprudenza parimenti recente (T.A.R. Salerno n. 1494/2024)- come sia il subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta la sede appropriata nella quale misurare l’incidenza in concreto del ribasso operato sulla componente del ‘compenso’ sulla serietà dell’offerta e, allo stesso tempo, sulle soglie ‘minime’ stabilite dalle pertinenti previsioni ministeriali, nel senso che un ribasso eccessivo, tale da erodere in maniera significativa la componente del ‘compenso professionale’, ove non giustificato da adeguate e convincenti motivazioni di fatto (rivenienti dalle capacità ‘strutturali’ del concorrente, dall’interesse all’affidamento per l’arricchimento del curriculum professionale, dalle esperienze già maturate in progettazioni analoghe, etc.), potrebbe certamente essere valutato dalla stazione appaltante come indicativo di una scarsa serietà dell’offerta, con ogni conseguente determinazione.
Così chiarita la questione, deve però osservarsi che, in tema di sub-procedimento di anomalia, la consolidata giurisprudenza è nel senso che:
-) “Nelle gare pubbliche il giudizio di verifica dell’anomalia dell’offerta – finalizzato alla verifica dell’attendibilità e serietà della stessa ovvero dell’accertamento dell’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte – ha natura globale e sintetica e deve risultare da un’analisi di carattere tecnico delle singole componenti di cui l’offerta si compone, al fine di valutare se l’anomalia delle diverse componenti si traduca in un’offerta complessivamente inaffidabile; detto giudizio costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato alla Pubblica amministrazione ed insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato della Commissione di gara” (Consiglio di Stato, Sez. III, 8.7.2022, n.5692);
-) più nel dettaglio, anche quanto al profilo motivazionale, “Il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzato all’accertamento dell’attendibilità e della serietà della stessa nel suo insieme e dell’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte; la relativa valutazione della Stazione appaltante ha natura globale e sintetica e costituisce espressione di un tipico potere tecnico – discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta. Lo standard della motivazione relativa alla valutazione di congruità è strutturalmente diverso rispetto a quella che deve sorreggere una valutazione di anomalia dell’offerta; mentre è richiesta una articolata e approfondita motivazione laddove l’Amministrazione ritenga di non condividere le giustificazioni offerte dall’impresa, in tal modo disponendone l’esclusione, la valutazione favorevole circa le giustificazioni dell’offerta sospetta di anomalia non richiede al contrario un particolare onere motivazionale” (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. IV, 30.1.2023, n. 1533; v. anche Consiglio di Stato, Sez. V, 4.11.2022, n. 9691; id., Sez. III, 20.7.2022, n. 6393).

Accesso agli atti: decisioni sulle richieste di oscuramento delle offerte e termine per il ricorso (art. 36 d.lgs. 36/2023)

TAR Milano, 24.10.2024 n. 2882

L’art. 36 d.lgs. n. 36/2023 disciplina il procedimento di accesso agli atti, nella fase successiva alla conclusione della gara, prevedendo che “l’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale di cui all’articolo 25 utilizzata dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’articolo 90” (comma 1) e che “agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di cui al comma 1, nonché le offerte dagli stessi presentate” (comma 2). Viene specificato che “nella comunicazione dell’aggiudicazione di cui al comma 1, la stazione appaltante o l’ente concedente dà anche atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte … indicate dagli operatori …” (comma 3). Con norma di carattere processuale si prevede, poi, che “le decisioni di cui al comma 3 sono impugnabili ai sensi dell’articolo 116 del codice del processo amministrativo, di cui all’allegato I al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, con ricorso notificato e depositato entro dieci giorni dalla comunicazione digitale della aggiudicazione” (comma 4);
la Stazione appaltante è, quindi, obbligata, in via automatica e immediatamente, a mettere a disposizione dei primi cinque classificati nella procedura, oltre che i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione, anche le offerte degli altri quattro concorrenti, salvo procedere all’oscuramento di queste nelle parti che “costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”;
una volta messi a disposizione tali documenti, le impugnazioni delle “decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte” devono avvenire con rito speciale di cui al comma 4;
nel caso di specie il ricorso è stato notificato (il 3.10.2024) e depositato (il 9.10.2024), ben oltre il termine di dieci giorni decorrente dalla comunicazione dell’aggiudicazione effettuata dalla stazione appaltante, ai sensi dell’art. 36, c. 1, d.lgs. n. 36/2023, in data 29 luglio 2024 ed è pertanto tardivo (doc. 1 omissis);
né può certo valere a rimettere in termini la ricorrente la successiva presentazione di un’istanza con cui ha chiesto di potere accedere alle offerte nelle parti oscurate, pena l’aggiramento del termine di decadenza previsto all’art. 36, d.lgs. n. 36/2023: il diniego formatosi su di essa ha invero carattere meramente confermativo della decisione di oscuramento adottata con il provvedimento n. 23 del 29.7.2024;

Requisiti di esecuzione : il possesso rileva esclusivamente nella fase della stipulazione del contratto non in fase di valutazione delle offerte (art. 113 d.lgs. 36/2023)

TAR Roma, 23.10.2024 n. 18398

3.1. La distinzione tra requisiti di partecipazione e requisiti di esecuzione fa capo alla previsione di cui all’art. 113, d.lgs. n. 36 del 2023 che – nel dare recepimento alla normativa eurocomune e, segnatamente, alla previsione di cui all’art. 70 della direttiva 2014/24 e all’art. 87 della direttiva 2014/25 – facoltizza le stazioni appaltanti a richiedere agli operatori concorrenti, in aggiunta al possesso dei “requisiti” e delle “capacità” oggetto di valutazione selettiva di cui all’art. 100, ulteriori «requisiti particolari per l’esecuzione del contratto, purché siano compatibili con il diritto europeo e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, innovazione e siano precisati nel bando di gara».
Non essendo in discussione che il possesso dei requisiti di partecipazione sia richiesto al concorrente sin dal momento della presentazione dell’offerta, merita evidenziare che i requisiti di esecuzione sono, di regola, condizioni per la stipulazione del contratto di appalto, pur potendo essere considerati nella lex specialis come elementi dell’offerta, a volte essenziali, più spesso idonei all’attribuzione di un punteggio premiale (così, ex multis, Cons. Stato, sez. V, 21 marzo 2024, n. 2787 e i numerosi precedenti ivi citati).
L’orientamento giurisprudenziale prevalente ha precisato che la regolazione dei requisiti di esecuzione va rinvenuta nella lex specialis, con la conseguenza che, se richiesti come elementi essenziali dell’offerta o per l’attribuzione di un punteggio premiale, la loro mancanza al momento di partecipazione alla gara comporta, rispettivamente, l’esclusione del concorrente o la mancata attribuzione del punteggio; se richiesti come condizione per la stipulazione del contratto, la loro mancanza rileva al momento dell’aggiudicazione o al momento fissato dalla legge di gara per la relativa verifica e comporta la decadenza dall’aggiudicazione, per l’impossibilità di stipulare il contratto addebitabile all’aggiudicatario (cfr. Cons. Stato, sez. III, 19 ottobre 2023, n. 9255).
Sul punto è intervenuta anche la Corte di giustizia UE (sez. I, 8 luglio 2021, n. 428) che ha chiarito come l’attrazione di una specifica capacità prestazionale nell’alveo dei requisiti di partecipazione, sebbene inerente stricto sensu alle concrete modalità di svolgimento della futura attività contrattuale, dunque dell’offerta, ben può essere giustificata dal rafforzamento dell’esigenza per la stazione appaltante di assicurarsi, a monte, che coloro che partecipano alla gara dimostrino di poter essere nelle condizioni di svolgere determinate prestazioni richiedenti caratteristiche operative peculiari.
Tale esigenza è tuttavia controbilanciata dal principio secondo cui il fatto di obbligare gli offerenti a soddisfare tutte le condizioni di esecuzione dell’appalto sin dalla presentazione della loro offerta costituisce un requisito eccessivo che, di conseguenza, rischia di dissuadere tali operatori dal partecipare alle procedure di aggiudicazione degli appalti e, in tal modo, viola i principi di proporzionalità e di trasparenza.
In tal senso la giurisprudenza, consapevole che la questione in esame si presti a interpretazioni oscillanti, in quanto non ancorate a parametri oggettivi, si è dimostrata, nondimeno, propensa a valorizzarla in una più comprensiva prospettiva proconcorrenziale, legittimando (talora perfino in termini di riqualificazione delle condizioni di gara) la prospettica disponibilità in executivis di requisiti di troppo onerosa (e, come tale, sproporzionata ed eccessivamente restrittiva) acquisizione preventiva (Cons. Stato, sez. V, 16 agosto 2022, n. 7137; id. 17 dicembre 2020, n. 8101; id., sez. V, 9 febbraio 2021, n. 1214).
3.2. Sulla scorta di tali coordinate ermeneutiche, è evidente che, per comprendere la natura e la portata dei requisiti di esecuzione nella procedura in esame, occorre analizzare il contenuto della lex specialis.
Va premesso che il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa ritiene che, ai fini dell’interpretazione delle clausole di una lex specialis di gara, vanno applicate le norme in materia di contratti e anzitutto il criterio letterale e quello sistematico, ex artt. 1362 e 1363 c.c., il che esclude che esse possano essere assoggettate a un procedimento ermeneutico in funzione integrativa, diretto ad evidenziare nelle stesse pretesi significati impliciti o inespressi, imponendo che la loro interpretazione si fondi sul significato immediatamente evincibile dal tenore letterale delle parole utilizzate e dalla loro connessione, e che, laddove il dato testuale presenti evidenti ambiguità, debba prescegliersi, in forza del principio di favor partecipationis, il significato più favorevole al concorrente (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 4 ottobre 2022, n. 8481; 2 marzo 2022, n.1486; 6 agosto 2021, n. 5781; 8 aprile 2021, n. 2844; 8 gennaio 2021, n. 298; sez III, 24 novembre 2020, n. 7345; 15 febbraio 2021, n. 1322).
3.3. Tanto premesso, ritiene il Collegio, in applicazione dei principi su richiamati, che i requisiti di esecuzione posti in discussione dalla ricorrente rilevino esclusivamente nella fase della stipulazione del contratto, con conseguente loro estraneità alla fase di valutazione delle offerte.

Correttivo Codice Appalti d.lgs. 36/2023 approvato in CDM : cosa cambia

Approvato in Consiglio dei Ministri il correttivo al Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 36/2023 a seguito consultazione che ha coinvolto 94 stakeholders con circa 630 contributi.

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Il provvedimento introduce modifiche a sostegno degli investimenti pubblici, con un focus sui seguenti macro-temi principali:

1. Equo compenso: introdotti due meccanismi per garantire i principi dell’equo compenso al settore dei contratti pubblici. Per gli affidamenti diretti, è garantito un minimo dell’80% del corrispettivo previsto; per le procedure di gara, si tutela l’equo compenso con meccanismi di calmierazione del peso dei ribassi che possono essere formulati sul 35% del corrispettivo, con un risultato sostanziale assimilabile a quello degli affidamenti diretti;

2. Tutele lavoro: applicazione di un unico contratto collettivo nel bando di gara, con nuove linee guida per consentire alle stazioni appaltanti di individuare correttamente il contratto applicabile e per calcolare l’equipollenza delle tutele in caso di ricorso ad un diverso contratto;

3. Revisione prezzi: chiarito il rapporto tra revisione prezzi e principio dell’equilibrio contrattuale; introdotto un nuovo allegato per attuare le clausole di revisione dei prezzi sia nel settore lavori che nel settore servizi e forniture in maniera omogenea e con tempi certi;

4. Incentivi ai dirigenti RUP: esteso l’incentivo tecnico anche ai dirigenti responsabili del procedimento (RUP), superando la precedente limitazione;

5. Consorzi: razionalizzata la disciplina dei consorzi per evitare distorsioni nelle gare, omogeneizzare la disciplina applicabile ai diversi tipi di consorzi stabili e favorire la competitività;

6. PMI: introdotte misure per facilitare la partecipazione delle PMI, sia con contratti riservati sotto la soglia europea, sia con una soglia di subappalto del 20% dedicata;

7. Finanza di progetto: mantenuta la prelazione per il promotore, con una procedura di gara articolata in due fasi per garantire trasparenza e competitività;

8. Garanzie fideiussorie: semplificate le procedure per agevolare l’accesso al credito da parte delle imprese;

9. Esecuzione contratti: rafforzate le premialità e le penali per accelerare l’esecuzione delle opere; tipizzate le varianti, per creare certezza sulla fase di esecuzione; introdotto il nuovo istituto dell’accordo di collaborazione;

10. CCT (Collegio Consultivo Tecnico): promosso come strumento di prevenzione delle controversie, con nuove limitazioni ai costi e facoltà di ricorrere a lodi contrattuali;

11. Progettazione digitale: innalzata la soglia da 1 mln a 2 mln di euro per la progettazione in modalità digitale, obbligatoria dal 1 gennaio 2025;

12. Qualificazione delle stazioni appaltanti: avvio del sistema di qualificazione, con incentivi alla qualificazione dei soggetti oggi non qualificati, nonché alla specializzazione dei soggetti aggregatori. Inizia anche la qualificazione per l’esecuzione, attraverso meccanismi incentivanti che puntano sulla formazione.

ARTICOLI OGGETTO DI MODIFICA:
Art. 11 – Principio di applicazione dei CCNL di settore.
Art. 17 – Fasi delle procedure di affidamento
Art. 18 – Il contratto e la sua stipulazione
Art. 19 – Principi e diritti digitali
Art. 23 – Banca dati nazionale dei contratti pubblici
Art. 24 – FVOE
Art. 26 – Regole tecniche
Art. 38 – Localizzazione e approvazione del progetto delle opere
Art. 41 – Livelli e contenuti della progettazione
Art. 43 – Metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni
Art. 44 – Appalto integrato
Art. 45 – Incentivi alle funzioni tecniche
Art. 49 – Principio di rotazione degli affidamenti
Art. 53 – Garanzie a corredo dell’offerta e garanzie definitive
Art. 57 – Clausole sociali del bando di gara e degli avvisi e criteri di sostenibilità energetica e ambientale
Art. 58 – Suddivisione in lotti
Art. 59 – Accordi quadro
Art. 60 – Revisione prezzi
Art. 61 – Contratti riservati
Art. 62 – Aggregazioni e centralizzazione delle committenze
Art. 63 – Qualificazione Stazioni Appaltanti e delle centrali di committenza
Art. 67 – Consorzi non necessari
Art. 70 – Procedure di scelta e relativi presupposti
Art. 98 – Illecito professionale grave
Art. 99 – Verifica del possesso dei requisiti
Art. 100 – Requisiti di ordine speciale
Art. 103 – Requisiti di partecipazione a procedure di lavori di rilevante importo
Art. 104 – Avvalimento
Art. 106 – Garanzie per la partecipazione alla procedura
Art. 108 – Criteri di aggiudicazione degli appalti di lavori, servizi e forniture
Art. 110 – Offerte anormalmente basse
Art. 116 – Collaudo e verifica di conformità
Art. 117 – Garanzie definitive
Art. 119 – Subappalto
Art. 120 – Modifica dei contratti in corso di esecuzione
Art. 122 – Risoluzione
Art. 123 – Recesso
Art. 125 – Anticipazione, modalità e termini di pagamento del corrispettivo
Art. 126 – Penali e premi di accelerazione
Art. 141 – Ambito e norme applicabili
Art. 147 – Elettricità
Art. 162 – Avvisi sull’esistenza di un sistema di qualificazione
Art. 169 – Procedure di gara regolamentate
Art. 172 – Relazioni uniche sulle procedure di aggiudicazione degli appalti
Art. 174 – Nozione
Art. 175 – Programmazione, valutazione preliminare, controllo e monitoraggio
Art. 177 – Contratto di concessione e traslazione del rischio operativo
Art. 192 – Revisione del contratto di concessione
Art. 193 – Procedura di affidamento
Art. 197 – Definizione e disciplina
Art. 201 – Partenariato sociale
Art. 202 – Cessione di immobili in cambio di opere
Art. 209 – Modifiche al Codice del processo amministrativo (D.Lgs. n. 104/2010)
Art. 215 – Collegio consultivo tecnico
Art. 216 – Pareri obbligatori
Art. 217 – Determinazioni
Art. 219 – Scioglimento del collegio consultivo tecnico
Art. 221 – Indirizzo, coordinamento e monitoraggio presso la Cabina di regia. Governance dei servizi
Art. 222 – ANAC
Art. 223 – Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e struttura tecnica di missione
Art. 225 – Disposizioni transitorie e di coordinamento

NUOVI ARTICOLI:
Art. 82- bis. Accordo di collaborazione
Art. 225-bis. Ulteriori disposizioni transitorie
Art. 226-bis. Disposizioni di semplificazione normativa

ALLEGATI OGGETTO DI MODIFICA:
All. I.1 – Definizioni dei soggetti, dei contratti, delle procedure e degli strumenti
All. I.2 – Attività del RUP
All. I.3 – Termini delle procedure di appalto e di concessione
All. I.5 – Elementi per la programmazione dei lavori e dei servizi. Schemi tipo
All. I.7 – Contenuti minimi del quadro esigenziale, del documento di fattibilità delle alternative progettuali, del documento di indirizzo della progettazione, del progetto di fattibilità tecnica ed economica e del progetto esecutivo
All. I.8 – Verifica preventiva dell’interesse archeologico
All. I.9 – Metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni
All. I.10 – Attività tecniche a carico degli stanziamenti previsti per le singole procedure
All. I.11 – Disposizioni relative all’organizzazione, alle competenze, alle regole di funzionamento, nonché alle ulteriori attribuzioni del Consiglio superiore dei lavori pubblici
All. I.13 – Determinazione dei parametri per la progettazione
All. I.14 – Criteri di formazione ed aggiornamento dei prezzari regionali
All. II.2 – Metodi di calcolo della soglia di anomalia per l’esclusione automatica delle offerte
All. II.3 – Soggetti con disabilità o svantaggiati cui può essere riservata la partecipazione ad appalti
All. II.4 – Qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza
All. II.10 – Violazioni gravi degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali
All. II.12 – Sistema di qualificazione e requisiti per gli esecutori di lavori. Requisiti per la partecipazione alle procedure di affidamento dei servizi di ingegneria e architettura
All. II.14 – Direzione dei lavori e direzione dell’esecuzione dei contratti. Collaudo e verifica di conformità
All. II.18 – Qualificazione dei soggetti, progettazione e collaudo nel settore dei beni culturali
All. V.2 – Costituzione del Collegio consultivo tecnico (CCT)
All. V.3 – Formazione della Cabina di regia

NUOVI ALLEGATI:
All. I.01 – Contratti collettivi
All. II.2-bis – Modalità applicative delle clausole di revisione dei prezzi
All. II-6-bis – Accordo di collaborazione

fonte: sito MIT

AFFIDAMENTO DIRETTO NEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI D.LGS. 36/2023: CRITERI INTERPRETATIVI ED APPLICAZIONE CONCRETA NELLE PIÙ RECENTI SENTENZE DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO

                                     

 

 

 

 

Sommario: 1. L’affidamento diretto, anche se procedimentalizzato, non è una procedura di gara; 2. Affidamento diretto e rispetto del principio di rotazione; 3. Affidamento diretto ed obbligo indicazione dei costi della manodopera; 4. Divieto di ricorso all’affidamento diretto nelle concessioni; 5. Vademecum e criticità degli affidamenti diretti secondo ANAC.

In considerazione dell’attualità e della rilevanza – sia in termini numerici che economici – degli affidamenti diretti nel settore degli appalti pubblici, il focus propone una rassegna ragionata delle principali sentenze dei TAR e del Consiglio di Stato (con link alla versione integrale) pubblicate nel 2024 sull’argomento.

1. L’affidamento diretto, anche se procedimentalizzato, non è una procedura di gara.

La definizione di affidamento diretto è contenuta nell’Allegato 1.3, art 3, lett. d) al D.Lgs. 36/2023, secondo il quale si tratta dell’“affidamento del contratto senza una procedura di gara, nel quale, anche nel caso di previo interpello di più operatori economici, la scelta è operata discrezionalmente dalla stazione appaltante nel rispetto dei criteri qualitativi e quantitativi di cui all’art. 50 comma 1 lett. a) e b) del codice e dei requisiti generali o speciali previsti dal medesimo codice”.

L’affidamento diretto, pertanto, per espressa disposizione legislativa, non è una procedura di gara, intesa come confronto competitivo tra più operatori economici. Tuttavia, ciò non significa che lo stesso non possa essere, in qualche modo, “procedimentalizzato”.

Nel bandire una procedura semplificata, la stazione appaltante è libera, ad esempio, di introdurre alcuni elementi procedurali tipici delle gare senza determinare ex se l’applicazione integrale delle regole previste dal Codice per le procedure ordinarie.

Come ribadito dal Consiglio di Stato, infatti, la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori, non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze. L’acquisizione di più offerte non comporta la trasformazione della procedura di affidamento diretto in una gara vera e propria, trattandosi piuttosto di un mero confronto di preventivi, con conseguente dovere della stazione appaltante di motivare la scelta dell’aggiudicatario non in ottica comparativa, ma solo in termini di economicità e di rispondenza dell’offerta alle proprie esigenze (Consiglio di Stato, sez. V, 15.01.2024 n. 503).

Nelle procedure di affidamento diretto, infatti, il d.lgs. n. 36/2023 prevede che la scelta dell’operatore “anche nel caso di previo interpello di più operatori economici” è “operata discrezionalmente dalla stazione appaltante” (art. 3, allegato I.1), fermo restando l’obbligo di motivarne le ragioni (art. 17, c. 2). Essa sfugge, pertanto, al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia manifestamente inficiata da illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità o travisamento dei fatti (TAR Milano, 11.06.2024 n. 1778).

Così, ad esempio, secondo la giurisprudenza, la chiara indicazione della norma applicata (art. 50, c. 1, lett. b), d.lgs. n. 36/2023), la previsione di un mero confronto tra preventivi e l’assenza di una commissione giudicatrice nominata per la valutazione delle offerte, per cui l’individuazione del preventivo ritenuto più conveniente per l’amministrazione è effettuata direttamente dal R.U.P., senza le formalità della seduta pubblica e senza l’elaborazione di una graduatoria finale tra le diverse proposte, palesano la volontà dell’amministrazione di ricorrere ad una modalità di affidamento diretto e non ad una procedura di carattere comparativo.

In particolare, non palesa la volontà di indire una procedura negoziata la decisione dell’amministrazione di interpellare cinque operatori; l’art. 50, c. 1, lett. b), d.lgs. n. 36/2023 consente, infatti, l’affidamento diretto dei servizi e forniture, di importo inferiore a 140.000 euro, “anche senza” consultazione di più operatori economici e l’art. 3, allegato I.1 del Codice prevede espressamente la facoltà per la stazione appaltante di interpellare più operatori. Non assumono, pertanto, rilievo la richiesta di un’offerta tecnica e un’offerta economica, l’indicazione di un importo “a base d’asta” e la predeterminazione di criteri di valutazione. Così come non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara neppure la richiesta del possesso, in capo agli operatori, di requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale che è, anzi, conforme a quanto previsto all’art. 17, c. 2, d.lgs. n. 36/2023 in forza del quale, in caso di affidamento diretto, la decisione di contrarre “individua l’oggetto, l’importo e il contraente, unitamente alle ragioni della sua scelta, ai requisiti di carattere generale e, se necessari, a quelli inerenti alla capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale” (TAR Milano, 11.06.2024 n. 1778).

2. Affidamento diretto e rispetto del principio di rotazione.

Con il Comunicato del Presidente del 24.06.2024, l’ANAC ha fornito chiarimenti sull’applicazione del principio di rotazione per gli affidamenti diretti e le procedure negoziate nei contratti di appalto di importo inferiore alle soglie europee.

Nell’affidamento diretto trova applicazione il principio di rotazione ex art. 49 D.Lgs. n. 36/2023, che non consente un terzo affidamento consecutivo. Sotto tale profilo è stato precisato che la norma in questione – secondo cui “è vietato l’affidamento o l’aggiudicazione di un appalto al contraente uscente nei casi in cui due consecutivi affidamenti abbiano ad oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi” – va interpretata nel senso che i “due consecutivi affidamenti” fanno riferimento a quello da aggiudicare e a quello “immediatamente precedente” con la conseguenza che è vietato già il “secondo” consecutivo affidamento e non il “terzo” in favore dell’operatore già affidatario di due precedenti consecutivi affidamenti; non si rinvengono, per una simile interpretazione, né elementi testuali, né elementi sistematici tenuto anche conto che la disposizione si pone in linea di continuità con la precedente regolamentazione di cui alle Linee Guida ANAC n. 4 che al punto 3.6 facevano espresso riferimento all’affidamento “precedente” e a quello “attuale”. Peraltro, in tal caso, la norma avrebbe utilizzato il termine “abbiano avuto”, piuttosto che “abbiano”, tempo presente che “attualizza” la sequenza temporale al momento immediatamente precedente (in tal senso, TAR Catania, 19.03.2024 n. 1099 e Parere MIT n. 2177/2023).

Il principio di rotazione non si applica qualora il nuovo affidamento avvenga tramite procedure ordinarie o comunque aperte al mercato, nelle quali la stazione appaltante non disponga alcuna limitazione in ordine al numero di operatori economici tra i quali effettuare la selezione. Così, ad esempio, secondo il TAR Calabria (TAR Catanzaro, 29.05.2024 n. 848), il procedimento instaurato mediante l’avviso di indagine esplorativa di mercato può essere equiparato a tutti gli effetti a una “procedura aperta al mercato”, essendo in esso prevista una selezione aperta a tutti e basata sul criterio dell’offerta più congrua e conveniente, così da escludere una potenziale lesione del principio di rotazione. Da qui l’accoglimento del ricorso e l’annullamento sia dell’avviso pubblico sia della successiva aggiudicazione, per aver la stazione appaltante precluso, sulla base di una illegittima applicazione del principio di rotazione, alla impresa ricorrente di essere invitata a presentare il proprio preventivo in risposta a una procedura di selezione pubblica.

Con parere n. 2624 del 21 giugno 2024, il MIT ha risposto al quesito postogli da una stazione appaltante riguardo la possibilità di derogare al principio di rotazione per evitare un dispendio maggiore di costi per un nuovo affidamento avente le medesime caratteristiche del precedente. Nel parere, richiamando il parere di ANAC 58/2023, il Ministero chiarisce nuovamente che le uniche eccezioni (oltre alla deroga al di sotto dei 5.000 Euro) ammesse al principio di rotazione sono quelle previste dai commi 4 e 5 dell’art. 49. Il principio di rotazione prevale, quindi, a quello di economicità dell’azione della pubblica amministrazione.

3. Affidamento diretto ed obbligo indicazione dei costi della manodopera.

L’art. 108, comma 9 del D.Lgs. 36/2023, rubricato “Criteri di aggiudicazione degli appalti di lavori, servizi e forniture” prescrive che “Nell’offerta economica l’operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale.

L’art. 41, comma 14, prescrive poi che “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13.

Infine, l’art. 48 dispone che “Ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si applicano, se non derogate dalla presente Parte, le disposizioni del codice.”.

Sulla scorta dei citati indici normativi, il TAR Catanzaro ha ritenuto come non possa escludersi l’applicabilità (anche) agli affidamenti diretti della regola sancita all’art. 108, comma 9 sull’obbligatorietà dell’indicazione dei costi della manodopera a pena di esclusione del concorrente (TAR Catanzaro, 17.06.2024 n. 958).

Del resto, con le sentenze nn. 1, 2 e 3/2019, anche l’Adunanza Plenaria, da un lato, aveva aderito alla lettura formalistica dell’art. 95 co. 10, del D.Lgs. 50/2016, affermando che la “mancata indicazione da parte di un concorrente a una pubblica gara di appalto dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza dei lavoratori comporta comunque l’esclusione dalla gara senza che il concorrente stesso possa essere ammesso in un secondo momento al beneficio del c.d. ‘soccorso istruttorio’, pur nelle ipotesi in cui la sussistenza di tale obbligo dichiarativo derivi da disposizioni sufficientemente chiare e conoscibili e indipendentemente dal fatto che il bando di gara non richiami in modo espresso il richiamato obbligo legale di puntuale indicazione” e, dall’altro, aveva rimesso la questione della compatibilità comunitaria della norma così interpretata alla Corte di Giustizia.

La Corte di Giustizia, con la sentenza 2 maggio 2019, C-309/18, ha ritenuto gli artt. 95, comma 10, ed 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016, in linea di principio compatibili con la direttiva n. 2014/24/UE, salva tuttavia la situazione – che spetta al Giudice nazionale verificare – in cui sussista una “materiale impossibilità”, per l’offerente, di indicare separatamente quei costi.

La giurisprudenza ha altresì precisato che la portata escludente dell’inosservanza dell’obbligo di indicare nell’offerta “i propri costi della manodopera”, secondo quanto prescritto dall’art. 95, comma 10, D.Lgs. n. 50/2016, non trova applicazione allorché in base alla documentazione di gara non sia possibile provvedere a tale indicazione.

Secondo il Giudice Amministrativo, l’indicata materiale impossibilità, tuttavia, non sussiste laddove l’enunciazione dell’obbligo manchi nel corpo della lex specialis, tenuto conto dell’attitudine eterointegrativa della prescrizione normativa dell’art. 95, comma 10, che deve senz’altro considerarsi, anche alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale, ben nota ad ogni serio ed informato operatore economico.

È stato ancora precisato che l’eventuale non editabilità dei moduli dichiarativi predisposti dalla stazione appaltante privi dello spazio per l’indicazione in questione, non è di per sé preclusiva, sul piano della materiale elaborazione scritturale dei termini dell’offerta, dell’integrazione ad opera dell’offerente (Consiglio di Stato, Sez. V, 8 aprile 2021, n. 2839).

Pertanto, l’art. 41, comma 14, del nuovo Codice trova applicazione anche negli affidamenti diretti, in quanto la norma esprime un principio generale – quale la tutela dei lavoratori – che deve essere comunque rispettato. Ciò posto, è necessario che siano previste modalità idonee che tengano conto del fatto che negli affidamenti diretti non viene effettuata una procedura di gara. Ad esempio, nei casi in cui sia necessario procedere allo scorporo dei costi della manodopera, si tenga conto delle esigenze di semplificazione sottese agli affidamenti diretti ai fini della individuazione delle modalità di scorporo medesimo (cfr. Pareri MIT nn. 2346/2024 e 2398/2024).

4. Divieto di ricorso all’affidamento diretto nelle concessioni.

La scelta del Legislatore nel nuovo Codice dei contratti pubblici è stata quella di regolamentare in via autonoma le concessioni, quali species del genus del partenariato pubblico-privato di tipo contrattuale, riconoscendone l’autonomia rispetto ai contratti di appalto non solo per quanto attiene agli aspetti sostanziali, ma anche per quanto di specifica attinenza ai profili procedurali.

Si assiste, infatti, ad una autonoma regolamentazione delle procedure di affidamento delle concessioni, senza alcun rinvio alla disciplina riguardante il settore degli appalti, al fine, evidentemente ritenuto essenziale, di attribuire autonoma dignità ad una porzione ormai rilevante dei contratti pubblici.

In particolare, alle concessioni di importo inferiore alla soglia europea, la scelta del Legislatore del 2023 è stata quella di operare una radicale inversione di rotta rispetto alla previgente disciplina, regolamentando autonomamente l’affidamento di tali contratti senza alcun rinvio alle disposizioni dettate per i contratti di appalto e, in particolare, senza alcun richiamo all’art. 50 del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36.

Pertanto, la procedura di affidamento delle concessioni sotto la soglia di rilevanza europea potrà avvenire secondo le modalità delineate dall’art. 187 del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36, ovvero mediante procedura negoziata, senza pubblicazione di un bando di gara, previa consultazione, ove esistenti, di almeno 10 operatori economici, ferma restando l’opzione dell’ente concedente di utilizzare le procedure di gara disciplinate, per le concessioni, dalle altre disposizioni del Titolo II, della Parte II del Libro IV del Codice.

La disposizione di cui all’art. 187 citato risponde, da un lato, alle stesse finalità di flessibilità e semplificazione cui è ispirato l’art. 50; dall’altro sembra valorizzare in maniera più spiccatamente garantista le esigenze pro-concorrenziali, intendendo coinvolgere il maggior numero possibile degli operatori economici (dieci).

Sulla scorta delle suddette considerazioni, sono state ritenute fondate dal TAR Parma le censure della parte ricorrente in ordine alla illegittimità della procedura ex art. 50 del D.lgs. 36/2023, prescelta dal Comune di Reggio Emilia per l’affidamento del servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza stradale compromesse a seguito del verificarsi di incidenti stradali. Nel caso di specie, trattandosi di concessione di servizi di importo inferiore alla soglia europea, la disciplina applicabile è quella dettata dall’art. 187 del D.Lgs. 36/2023, che prevede la procedura negoziata senza bando con la previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici, ferma restando la possibilità per l’ente concedente di optare per le procedure ad evidenza pubblica dettate specificamente per le concessioni dal Titolo II, della Parte II del Libro IV del Codice (TAR Parma, 18.06.2024 n. 155).

Agendo sempre nell’ottica delle esigenze di flessibilità e semplificazione, il nuovo Codice ha previsto quindi una semplificazione anche per le procedure relative alle concessioni al di sotto delle soglie comunitarie, ma non ha ammesso l’affidamento diretto.

5. Vademecum e criticità degli affidamenti diretti secondo ANAC.

Il 30 luglio 2024, l’ANAC ha predisposto un Vademecum informativo per “gli affidamenti diretti di lavori di importo inferiore a 150.000,00 euro, e di forniture e servizi di importo inferiore a 140.000 euro”, con lo scopo di per fornire a stazioni appaltanti ed imprese indicazioni sia dal punto di vista normativo che operativo.

L’ANAC ha inoltre recentemente individuato alcune criticità (anche su segnalazione di stakeholder) nel Codice dei contratti pubblici (cfr. ANAC – Criticità e segnalazioni in materia di contratti pubblici – 23.07.2024.pdf).

Rispetto alle procedure per l’affidamento diretto, l’Autorità ha segnalato:

– il rischio di un eccessivo frazionamento degli appalti. Stante l’ampia possibilità di ricorso all’affidamento diretto e alla procedura negoziata senza bando, le stazioni appaltanti potrebbero essere indotte, al fine di ottenere la massima semplificazione delle procedure, ad un eccessivo frazionamento degli appalti, in modo da far rientrare l’affidamento occorrente entro la soglia prescritta per il ricorso alle procedure semplificate. Potrebbe quindi accadere che appalti pluriennali, anziché essere affidati mediante le procedure ordinarie, vengano invece affidati annualmente, in modo da rimanere al di sotto della soglia prevista per l’affidamento diretto o per la procedura negoziata senza bando ed evitare, così, di assoggettarsi al principio della gara pubblica;

– l’esigenza di estendere la possibilità per le stazioni appaltati di ricorrere alle procedure ordinarie in luogo delle procedure semplificate previste per gli appalti sottosoglia. Ad oggi, nel Codice, ciò è espressamente consentito nel solo caso di cui all’articolo 50, comma 1, lettera d) – procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno dieci operatori economici, ove esistenti, per lavori di importo pari o superiore a 1 milione di euro e fino alla soglia di rilevanza europea. L’Autorità ha evidenziato l’opportunità di consentire in ogni caso alle stazioni appaltanti, nell’esercizio della propria discrezionalità e in applicazione del principio di auto-organizzazione amministrativa, di ricorrere alle procedure ordinarie anche sottosoglia, in luogo delle procedure negoziate, qualora le caratteristiche del mercato di riferimento inducano a ritenere preferibile un ampio confronto concorrenziale. Di recente, con parere del MIT n. 2577/2024, tale possibilità è stata subordinata ad una adeguata motivazione anche in considerazione dell’allungamento dei tempi di conclusione del procedimento derivanti da tale scelta. In tal senso, secondo l’Autorità, il testo normativo dovrebbe essere emendato alla luce dell’orientamento espresso dal MIT. Del resto, anche ANAC, nel parere in funzione consultiva n. 13 del 13 marzo 2024, rispondendo ai dubbi dell’amministrazione interpellante, ha ritenuto che «debba considerarsi consentito, in via generale, per gli affidamenti di valore inferiore alle soglie di cui all’art. 50 del Codice Appalti (anche) il ricorso alle procedure ordinarie, secondo le opportune valutazioni della stazione appaltante in relazione alle caratteristiche del mercato di riferimento, alle peculiarità dell’affidamento e agli interessi pubblici ad esso sottesi».

Accesso e termine di impugnazione nel D.Lgs. 36/2023 : coincide con quello in cui il concorrente acquisisce, o è messo in grado di acquisire, piena conoscenza degli atti di gara (art. 36 d.lgs. 36/2023)

Consiglio di Stato, sez. V, 18.10.2024 n. 8352

Occorre premettere che l’appalto di che trattasi ricade tra quelli soggetti alla disciplina del nuovo codice dei contratti pubblici, approvato col D. Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, posto che il bando di gara è stato pubblicato successivamente al primo luglio 2023 (artt. 226, comma 2 e 229, comma 2 del citato D. Lgs. n. 36/2023).
L’art. 209, comma 1, lett. a), del citato D. Lgs. n. 36/2023 ha sostituito l’art. 120 del c.p.a., che detta disposizioni specifiche per i giudizi aventi a oggetto le controversie relative ai provvedimenti concernenti le procedure di affidamento, anche in concessione, di pubblici lavori, servizi e forniture.
Tale ultima norma, al comma 2, dispone che: “Per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale o incidentale, e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, sono proposti nel termine di trenta giorni. Il termine decorre, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 90 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo di attuazione della legge n. 78 del 2022 oppure dal momento in cui gli atti sono messi a disposizione ai sensi dell’articolo 36, commi 1 e 2, del medesimo codice”.
Il citato art. 90 stabilisce, al comma 1, che qui rileva, che: “Nel rispetto delle modalità previste dal codice, le stazioni appaltanti comunicano entro cinque giorni dall’adozione:
a) la motivata decisione di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro, o di riavviare la procedura o di non attuare un sistema dinamico di acquisizione, corredata di relativi motivi, a tutti i candidati o offerenti;
b) l’aggiudicazione all’aggiudicatario;
c) l’aggiudicazione e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato l’appalto o parti dell’accordo quadro a tutti i candidati e concorrenti che hanno presentato un’offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta non siano state definitivamente escluse, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se tali impugnazioni non siano state già respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva;
d) l’esclusione ai candidati e agli offerenti esclusi, ivi compresi i motivi di esclusione o della decisione di non equivalenza o conformità dell’offerta;
e) la data di avvenuta stipulazione del contratto con l’aggiudicatario ai soggetti di cui alla lettera c)”.
L’art. 36 del medesimo codice, nei primi due commi, prevede, a sua volta, che:
“1. L’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale di cui all’articolo 25 utilizzata dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’articolo 90.
2. Agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di cui al comma 1, nonché le offerte dagli stessi presentate”.
In base alla trascritta disciplina processuale, il dies a quo del termine decadenziale stabilito per l’impugnazione degli atti di gara, coincide, dunque, con quello in cui l’interessato acquisisce, o è messo in grado di acquisire, piena conoscenza degli atti che lo ledono.
Tale normativa, che persegue l’obiettivo di evitare i c.d. ricorsi “al buio”, si pone in linea con l’orientamento espresso dal giudice euro unitario secondo cui “la direttiva 89/665, e in particolare i suoi articoli 1 e 2 quater, letti alla luce dell’articolo 47 della Carta, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che i ricorsi avverso i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici debbano essere proposti, a pena di decadenza, entro un termine di 30 giorni a decorrere dalla loro comunicazione agli interessati, a condizione che i provvedimenti in tal modo comunicati siano accompagnati da una relazione dei motivi pertinenti tale da garantire che detti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione del diritto dell’Unione dagli stessi lamentata” (cfr. Corte di giustizia UE, Sez. IV, ord. 14 febbraio 2019, in C- 54/18; Cons. Stato, Sez. V, 6 dicembre 2022, n. 10696).
Nel caso di specie, non risulta che la stazione appaltante abbia messo a disposizione dell’odierna appellante tutti gli atti del procedimento di gara, se non a seguito della richiesta di accesso da quest’ultima avanzata.
Ne consegue che, come correttamente dedotto nell’appello, il termine per impugnare non poteva iniziare a decorrere se non dall’ostensione della documentazione oggetto dell’istanza di accesso, avvenuta in data 21 dicembre 2023.
Il ricorso di primo grado, notificato in data 22 gennaio 2024 doveva, quindi, considerarsi tempestivo, tenuto conto che il giorno 20 gennaio cadeva di sabato.
La doglianza sarebbe fondata anche laddove alla procedura di che trattasi fosse stata applicabile la disciplina vigente precedentemente alle modifiche introdotte dal D. Lgs. n. 36/2023.
La giurisprudenza formatasi nel vigore del precedente regime ha, infatti, affermato i seguenti principi:
a) quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario, ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, la proposizione dell’istanza d’accesso agli atti di gara comporta una dilazione temporale del termine per ricorrere pari a quindici giorni (ex art. 76, comma 2, del citato D. Lgs. n. 50/2016);
b) presupposto per l’applicazione della dilazione temporale è, a sua volta (oltreché la natura del vizio da far valere, il quale non deve essere evincibile se non all’esito dell’acquisizione documentale) la tempestività dell’istanza d’accesso, avanzata, cioè, entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione;
c) laddove la stazione appaltante non dia immediata conoscenza degli atti di gara reclamati, in specie mediante tempestiva risposta alla (anch’essa tempestiva) domanda d’accesso, da evadere entro il termine di quindici giorni, si farà applicazione dell’ordinario termine d’impugnazione di trenta giorni, decorrente dalla effettiva ostensione dei documenti richiesti (Cons. Stato, A.P. 2 luglio 2020, n. 12; Sez. V, 27 marzo 2024, n. 2882; 7 febbraio 2024, n. 1263; 20 marzo 2023, n. 2796; Sez. III, 15 marzo 2022, n. 1792).
Nel caso di specie la società -OMISSIS- ha presentato la richiesta di accesso ad atti la cui conoscenza era necessaria ai fini della formulazione delle contestazioni dedotte, entro i quindici giorni dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione, mentre i documenti sono stati consegnati oltre il termine assegnato all’amministrazione per rispondere. Conseguentemente, il termine decadenziale di trenta giorni per impugnare l’aggiudicazione decorreva, per intero, dal momento dell’effettiva ostensione dei documenti richiesti.
In contrario non vale obiettare che il termine assegnato alla stazione appaltante per provvedere sarebbe stato rispettato, in quanto, in data 6 dicembre 2023 e, quindi, entro i quindici giorni dall’istanza d’accesso, la medesima aveva comunicato alla richiedente di aver notificato, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, la suddetta richiesta ai controinteressati, allo scopo di consentire loro di manifestare eventuale opposizione alla consegna.
E invero:
a) in base all’art. 53, comma 1, del codice dei contratti pubblici di cui al D. Lgs. n. 50/2016, la legge generale sul procedimento amministrativo (L. 7 agosto 1990, n. 241, artt. 22 e ss.) trova applicazione in tema di diritto di accesso agli atti della procedura di gara soltanto per i profili non espressamente e puntualmente disciplinati dal medesimo codice;
b) ai sensi del comma 5, lett. a) del suddetto art. 53 i concorrenti devono manifestare l’opposizione all’ostensione delle informazioni che costituiscono segreti tecnici o commerciali in sede di offerta, con motivata e comprovata dichiarazione che attesti l’esigenza di tutelare tali segreti, spettando all’amministrazione, cui pervenga l’istanza di accesso, valutare se la dichiarazione in precedenza resa risulti adeguatamente motivata e comprovata (Cons. Stato, Sez. IV, 28 Luglio 2016, n. 3431).
Il che rendeva superflua e ridondante la comunicazione di cui al ricordato art. 3 del D.P.R. n. 184 del 2006.

Subappalto integrale risultante dai preventivi dei subappaltatori in sede di anomalia : esclusione (art. 110 , art. 119 d.lgs. 36/2023)

TAR Catania, 16.10.2024 n.  3408

L’art. 119, comma 1, D.Lgs. 36/2023 stabilisce espressamente che “I soggetti affidatari dei contratti eseguono in proprio le opere o i lavori, i servizi e le forniture compresi nel contratto. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 120, comma 1, lettera d), la cessione del contratto è nulla. È altresì nullo l’accordo con cui a terzi sia affidata l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni appaltate, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative alla categoria prevalente e dei contratti ad alta intensità di manodopera. È ammesso il subappalto secondo le disposizioni del presente articolo.”; viene pertanto sancita la nullità degli accordi con cui l’aggiudicatario di un appalto pubblico affidi ai terzi subappaltatori l’integrale esecuzione delle prestazioni oggetto di appalto.
[…] Dalla nullità dei contratti di subappalto discende come conseguenza che l’offerta presentata dalla controinteressata andava considerata anomala e, pertanto, esclusa dalla Commissione di gara. Come già esposto, infatti, in sede di giustificazione dell’offerta, la controinteressata si è giustificata unicamente facendo riferimento alle offerte pervenute dai subappaltatori, mentre non ha offerto ulteriori elementi a sostegno della propria offerta; una volta che allora gli accordi di subappalto vengono dichiarati nulli ne discende che la verifica di anomalia avrebbe dovuto concludersi negativamente per la controinteressata, non avendo la stessa presentato adeguati elementi a sostegno della propria offerta. Invero, l’art. 110, comma 5, lett. b), D.Lgs. 36/2023, dedicato alle offerte anormalmente basse, prevede espressamente che “la stazione appaltante esclude l’offerta se le spiegazioni fornite non giustificano adeguatamente il livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 3, oppure se l’offerta è anormalmente bassa in quanto: […] b) non rispetta gli obblighi di cui all’articolo 119”; nel vigore del vecchio codice degli appalti, si veda in termini C.G.A.R.S, sez. giurisd., 7 marzo 2022, n. 289, ove si afferma che “…l’eventuale invalidità del contratto di subappalto rileva in termini generali in fase esecutiva e nella procedura di gara solo in quanto incida sull’anomalia dell’offerta”.

Costi della manodopera : ribasso soltanto indiretto (art. 41 d.lgs. 36/2023)

TAR Genova, 14.10.2024 n. 673

Occorre premettere che, ai sensi dell’art. 41, comma 14, del d.lgs. n. 36/2023, “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13 [N.d.R: in base alle tabelle ministeriali del costo del lavoro]. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.
Secondo l’interpretazione preferibile della disposizione, aderente alla littera legis, nella nuova disciplina gli oneri della manodopera quantificati dalla stazione appaltante non sono direttamente ribassabili, come accadeva nel sistema previgente, in quanto vanno scorporati dalla base d’asta da assoggettare a ribasso. Pertanto, ai fini dell’aggiudicazione rileva esclusivamente la percentuale di ribasso riferita all’importo dei lavori o dei servizi da appaltare, al netto dei costi del lavoro e della sicurezza (cfr. T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 8 febbraio 2024, nn. 119-120; T.A.R. Campania, Salerno, 11 gennaio 2024, n. 147).
Tuttavia, come esplicitato nell’ultimo periodo dell’art. 41, comma 14, qualora l’operatore economico disponga di un’organizzazione aziendale particolarmente efficiente, che gli consenta di abbattere i costi della manodopera, questi ultimi possono essere diminuiti in via indiretta e riflessa, ossia offrendo un più elevato ribasso sull’importo dei lavori o dei servizi oggetto della commessa. Detto altrimenti, la formulazione del ribasso è consentita esclusivamente sul valore dell’appalto al netto della manodopera stimata dalla stazione appaltante (e al netto degli oneri di sicurezza), ma il concorrente ha la facoltà di ridurre indirettamente i costi del lavoro aumentando la percentuale di sconto praticata sulla componente direttamente ribassabile. Naturalmente, i minori costi della manodopera che l’operatore ritiene di sopportare in concreto vanno specificati nell’offerta economica, ai sensi dell’art. 108, comma 9, del d.lgs. n. 36/2023, nonché giustificati mediante la dimostrazione della propria efficienza aziendale.
Deve, peraltro, darsi conto che, in base ad un’antitetica ricostruzione esegetica, il costo della manodopera, seppur esposto separatamente negli atti di gara, continuerebbe a costituire un elemento della base d’asta, sulla quale l’offerente applica il ribasso (T.A.R. Toscana, sez. IV, 29 gennaio 2024, n. 120; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 19 dicembre 2023, n. 3787; delibera Anac 15 novembre 2023, n. 528). Dunque, secondo tale interpretazione il ribasso viene formulato sull’importo contrattuale al lordo della manodopera, onde nulla sarebbe mutato rispetto al codice del 2016. Tale opzione ermeneutica va, però, respinta, perché conduce alla sostanziale abrogazione della prescrizione dell’art. 41, comma 14, sulla non diretta ribassabilità della manodopera, ponendosi, oltretutto, in contrasto con il criterio direttivo enunciato nella legge delega (ossia che “i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”: cfr. art. 1, comma 2, lett. t della legge n. 78/2022).
Ciò posto, nella lex specialis di gara la Provincia ha recepito la disciplina del nuovo codice dei contratti, nell’approdo esegetico qui ritenuto corretto, giacché:
– gli artt. 1.3 e 18.5 del disciplinare stabiliscono che i costi della manodopera non sono (direttamente) soggetti a ribasso (doc. 2 ricorrente); analoga previsione è contenuta nella tabella del quadro economico inserita al punto 1.3.1 del capitolato speciale d’appalto (doc. 5 ricorrente);
– nel modello di offerta economica l’ “importo ribassabile” è indicato nella somma di € 55.426,49, che corrisponde al costo delle lavorazioni (v. quadro economico, sub doc. 4 ricorrente), cui si aggiungono le voci degli oneri della sicurezza di € 18.203,12 e del costo della manodopera di € 18.365,08. In calce al modulo viene ribadito che gli oneri della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato a ribasso, ma, per i costi del lavoro, è consentito esporre una cifra diversa (più bassa), derivante dall’efficienza organizzativa dell’impresa, che potrà formare oggetto di richiesta di giustificazione (v. doc. 15 ricorrente).
3.1. Alla luce di quanto sin qui illustrato, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, il modulo per predisporre l’offerta economica si rivela perfettamente comprensibile e coerente con il disposto dell’art. 41, comma 14, del d.lgs. n. 36/2023.

Rinvio a giudizio : necessario il contraddittorio procedimentale ai fini dell’ esclusione

TAR Catania, 07.10.2024 n. 3300

L’art. 95, primo comma, lettera e), del decreto legislativo n. 36/2023 stabilisce che: a) la stazione appaltante esclude dalla partecipazione alla procedura un operatore economico qualora accerti che l’offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati; b) all’art. 98 sono indicati, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi.
L’art. 98, secondo comma, dispone che l’esclusione di un operatore economico ai sensi dell’art. 95, primo comma, lettera e), è disposta dalla stazione appaltante quando ricorrono tutte le seguenti condizioni: a) elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale; b) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore; c) adeguati mezzi di prova di cui al comma 6.
Il sesto comma dell’art. 98 dispone che costituiscono mezzi di prova adeguati – in relazione al terzo comma, lettera g) – gli atti di cui all’art. 407-bis, primo comma, c.p.p., il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’art. 429 c.p.p. o eventuali provvedimenti cautelari reali o personali emessi dal giudice penale, la sentenza di condanna non definitiva, il decreto penale di condanna non irrevocabile, la sentenza non irrevocabile di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p.
L’art. 407-bis, primo comma, c.p.p. menziona l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero, sicché la richiesta di rinvio a giudizio risulta, secondo quanto espressamente stabilito dal legislatore, un mezzo di prova in linea di principio adeguato ai fini della dimostrazione della commissione del grave illecito professionale.
Il provvedimento impugnato fa riferimento all’art. 98 del decreto legislativo n. 36/2023, il quale consente alla stazione appaltante di disporre l’esclusione – terzo comma, lettera g) – per grave illecito professionale in caso di contestata commissione da parte dell’operatore economico, ovvero dei soggetti di cui all’art. 94, terzo comma, di taluno dei reati consumati o tentati di cui al citato art. 94, primo comma.
L’art. 98, settimo comma, impone alla stazione appaltante di valutare i provvedimenti sanzionatori e giurisdizionali di cui al sesto comma motivando sulla ritenuta idoneità dei medesimi a incidere sull’affidabilità e sull’integrità dell’offerente, precisando che l’eventuale impugnazione dei medesimi è considerata nell’ambito della valutazione volta a verificare la sussistenza della causa escludente.
Può prescindersi in questa sede dal rilievo che la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero non è, in effetti, un provvedimento giurisdizionale o sanzionatorio, essendo comunque chiaro l’intento del legislatore, posto che, a prescindere da eventuali improprietà del lessico normativo, la richiesta di rinvio a giudizio rileva ai sensi del citato art. 98, sesto comma, e, quindi, costituisce un mezzo di prova in linea di principio adeguato, il quale deve essere, infatti, valutato dalla stazione appaltante ai sensi del successivo settimo comma (anche perché esso costituisce un minus rispetto alla sentenza di condanna non definitiva).
Il secondo comma dell’art. 98 stabilisce che il provvedimento di esclusione debba essere motivato in relazione a tutte le condizioni di cui al secondo comma: a) elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale; b) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore; c) adeguati mezzi di prova di cui al sesto comma.
Al riguardo nel provvedimento impugnato si afferma, in sostanza, quanto segue: a) la richiesta di rinvio a giudizio segue l’avviso di conclusione delle indagini preliminari; b) è stato contestato un reato che incide negativamente sul requisito soggettivo dell’integrità e dell’affidabilità professionale; c) la richiesta di rinvio a giudizio, unitamente alla misura cautelare adottata nei confronti di funzionari pubblici soggetti alla medesima indagine, costituiscono fatti specifici che fanno venir meno la fiducia e l’affidabilità dell’operatore economico.
La decisione assunta risulta, quindi, motivata, mentre altra questione è se tale motivazione sia corretta e condivisibile nel merito (posto che la motivazione, nella specifica prospettiva qui in esame, costituisce un requisito di “forma” del provvedimento, mentre l’erroneità della motivazione – e la conseguente erroneità del provvedimento – costituisce un vizio di natura “sostanziale”).
Tuttavia, le decisioni amministrative e le relative motivazioni rese a supporto presuppongono un ulteriore requisito procedimentale, cioè che esse siano l’esito di una compiuta ed esaustiva istruttoria.
Con riferimento alla specifica fattispecie in esame il legislatore ha, invero, escluso ogni forma di automatismo fra i provvedimenti assunti dall’autorità giudiziaria (ancorché di natura non giurisdizionale) e le determinazioni della stazione appaltante, con la conseguenza che, come più volte affermato dalla giurisprudenza (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, V, 19 agosto 2024, n. 3858), l’Amministrazione, nel disporre l’esclusione da una procedura di affidamento per grave illecito professionale, è tenuta ad attivare il contraddittorio procedimentale, all’esito del quale possono in ipotesi emergere circostanze tali da indurre l’Amministrazione medesima a non condividere la valutazione – preliminare, sotto un profilo processuale – del pubblico ministero.

Accesso agli atti: quando il diritto alla difesa in giudizio prevale su riservatezza e segreti tecnici o commerciali

TAR Napoli, 04.10.2024 n. 5215

I commi 4 e 5 del già richiamato art. 35 individuano espressamente i casi d’esclusione dall’accesso agli atti e le relative eccezioni, a tutela del principio di riservatezza, stabilendo che il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione “possono essere esclusi in relazione alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali” (comma 4 lett. a); al comma 5 della medesima disposizione è inoltre previsto, limitatamente alle ipotesi di cui al comma 4 lettera a) riguardanti c.d. “segreti tecnici o commerciali”, ai quali espressamente si richiama l’istanza di oscuramento (integrale) della -OMISSIS- s.p.a. (…), che l’accesso è comunque consentito “al concorrente” e sempre che la richiesta ostensiva sia “indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara”.
Ciò detto, rileva il Collegio che la ricorrente, avendo partecipato alla gara, è chiaramente titolare di una posizione giuridica, qualificata e differenziata, che la abilita a richiedere l’accesso alla documentazione della gara a cui ha preso parte; non può inoltre dubitarsi, nella specie, della effettiva sussistenza delle ragioni difensive sottese alla richiesta di accesso manifestate dalla -OMISSIS- s.p.a., seconda classificata all’esito della procedura evidenziale per cui è controversia (…), nei cui confronti l’aggiudicazione dispiega evidentemente efficacia lesiva (cfr. T.A.R. Napoli, sez. IV, 3.7.2024 n. 4092) e che, pertanto, ha senz’altro interesse alla verifica dell’attribuzione dei punteggi riservati all’offerta tecnica in funzione del perseguimento dell’interesse alla possibile aggiudicazione della commessa.
È dunque ravvisabile il prescritto nesso di indispensabilità tra contenuti dell’offerta tecnica e tutela giurisdizionale dell’interesse all’aggiudicazione della gara.
Si è osservato, in giurisprudenza, che l’interesse difensivo sotteso all’esercizio del diritto di accesso ai documenti di gara, per espressa previsione normativa prevale su quello alla riservatezza dell’aggiudicataria, e ciò anche a prescindere dalla non comprovata esistenza dei segreti commerciali e industriali da quest’ultima solo genericamente dedotti (Cons. Stato, Sez. III, 23/02/2024, n. 1832). La tutela di un segreto industriale trova un limite in relazione agli interessi di un concorrente ad accedere agli atti della procedura necessari alla sua difesa in giudizio, essendo questi ultimi prevalenti su quello alla riservatezza dei partecipanti, essendo indispensabile, ai fini della contestazione dell’operato della Commissione, poter valutare la corrispondenza tra i giudizi espressi, ed i contenuti dell’offerta tecnica. Si soggiunga, altresì, che l’art. 36 comma 2 D.Lgs. 36/2023 impone la messa a disposizione reciproca, tra i primi cinque concorrenti in graduatoria, delle offerte e dei documenti, dei verbali di gara, degli atti, dei dati e delle informazioni riferite alle singole offerte (T.A.R. Milano, sez. I, 06/05/2020, n.745); ciò proprio per consentire all’interessato di orientarsi con immediatezza sul possibile margine d’impugnativa (si veda, in proposito, la relazione illustrativa al nuovo codice dei contratti pubblici).
Il diritto alla difesa in giudizio prevale, dunque, su quello al segreto industriale.
Più in particolare, durante lo svolgimento della procedura selettiva prevalgono le esigenze di riservatezza degli offerenti, cui si contrappone, successivamente all’aggiudicazione, il ripristino della fisiologica dinamica dell’accesso, ripristino che appare tuttavia parziale, restando preclusa la divulgazione delle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali. Anche tale preclusione deve, tuttavia, essere superata e l’accesso consentito al concorrente quando sia funzionale alla difesa in giudizio degli interessi dell’istante in relazione alla procedura di affidamento del contratto, sicché la minor latitudine (rispetto alla regola generale contenuta nell’art. 24, comma 7, l. proc.) dell’accesso difensivo nell’ambito dell’evidenza pubblica coincide con i confini dell’interesse azionato (o azionabile) nel giudizio avente ad oggetto gli atti e l’esito della gara (T.A.R. Napoli, sez. VII, 27/06/2024, n. 4013).

Principio di equivalenza CCNL – Non impone parità di retribuzione – Oscillazione valutabile – Condizioni (art. 11 d.lgs. 36/2023)

TAR Brescia, 01.10.2023 n. 773

In base all’art. 11 commi 3 e 4 del Dlgs. 36/2023, il ribasso inserito nell’offerta non può essere ottenuto in danno dei lavoratori mediante l’applicazione di un CCNL che, essendo incoerente rispetto alle lavorazioni, comporti minori tutele economiche e normative.
La suddetta norma provoca una limitazione della libertà di organizzazione aziendale, e dunque non può essere interpretata in senso eccessivamente restrittivo. Occorre infatti evitare di introdurre freni non necessari alla concorrenza, che potrebbero ostacolare il raggiungimento della massima partecipazione.
Si ritiene pertanto che un’impresa possa mantenere il proprio CCNL anche in una gara che in base alle ripartizioni della contrattazione collettiva si collocherebbe in un altro settore economico, purché, secondo una valutazione complessiva, giuridica ed economica, sussistano i seguenti requisiti:
(i) il trattamento dei lavoratori impiegati in tale gara non sia eccessivamente inferiore a quello dei CCNL individuati dalla stazione appaltante;
(ii) vi sia corrispondenza, o almeno confrontabilità, tra le mansioni del CCNL applicato e le lavorazioni oggetto dell’appalto.
L’equivalenza dei CCNL non richiede la parità di retribuzione. Una simile condizione sarebbe impossibile, data la varietà di contenuti normalmente osservabile nei diversi settori della contrattazione collettiva, e anche discriminatoria, avendo quale risultato l’imposizione dei soli CCNL presi come riferimento negli atti di gara. A sua volta, il numero chiuso dei CCNL determinerebbe effetti anticoncorrenziali, deprimendo la partecipazione.
D’altra parte, questa non sembra essere l’impostazione seguita dalla stazione appaltante. Gli stessi CCNL indicati nel disciplinare di gara contengono infatti significative differenze di retribuzione, una volta raffrontati i livelli di inquadramento. Occorre quindi ammettere una fascia di oscillazione, nella quale, o attorno alla quale, possano inserirsi anche i CCNL non nominati.

Doppia offerta economica “informatica” e “cartacea” : soccorso istruttorio o esclusione ?

TAR Trieste, 27.09.2024 n. 295

Sebbene si debba dar atto di una non lineare formulazione del testo del disciplinare, potenzialmente foriera di confusione, occorre tuttavia rilevare una oggettiva e non trascurabile discrepanza tra l’offerta indicata dalla -OMISSIS- nel “modello informatico” e quella indicata dalla stessa candidata nel “modulo della busta C”, pari a ben 288.016,09 €.
La differente indicazione, dovuta alla diversa base di calcolo e all’identità, invece, della percentuale di ribasso indicata dalla -OMISSIS-, ha obiettivamente determinato una insanabile ambiguità di fondo della proposta contrattuale tale da comportare, nei fatti, l’inammissibile formulazione di una doppia offerta economica.
Non si tratta, come sostenuto dalla controinteressata, di un semplice e innocuo errore materiale facilmente individuabile, giacché l’errore poteva oggettivamente annidarsi tanto nel “modello informatico” quanto nel “modulo della busta C”, non essendo autoevidente – nemmeno esaminando la complessiva documentazione dell’offerta economica – quale delle due indicazioni fosse in realtà quella corretta.
Ciò è pure confermato dal comportamento successivo tanto della stazione appaltante, quanto della -OMISSIS-.
Infatti, l’Amministrazione – rilevata l’oggettiva discrasia appena indicata, non immediatamente risolvibile, nemmeno alla luce dell’ulteriore documentazione presentata dall’offerente – ha attivato il soccorso istruttorio, invitando l’aggiudicataria a fornire chiarimenti proprio su questo specifico punto.
Non corrisponde quindi al vero – come invece sostenuto dalla difesa della controinteressata – che l’ambiguità di fondo dell’offerta della -OMISSIS- era stata subito individuata e risolta dalla Commissione.
In primis, perché quest’ultima ha dovuto attivare il soccorso istruttorio proprio su questo specifico punto ritenendo perciò solo di non poter autonomamente rimediare all’errore. In secondo luogo, poi, in quanto dall’esame del verbale della seconda seduta pubblica – contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dell’-OMISSIS- – emerge soltanto che la Commissione, dovendo comunque scegliere, tra le due offerte rivenute nella documentazione di gara dell’aggiudicataria, quale valutare, ha ritenuto di privilegiare momentaneamente l’indicazione del “modello informatico”, con la testuale precisazione (“nelle more dell’espletamento del soccorso istruttorio”) della necessità di attendere l’esito dei chiarimenti contestualmente richiesti all’-OMISSIS-.

Accesso civico generalizzato applicabile in vigenza del nuovo Codice contratti pubblici (art. 35 d.lgs. 36/2023)

TAR Napoli, 26.09.2024 n. 5114

Deve rammentarsi che, in applicazione del noto arresto di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 10 del 2020, è stata definitivamente riconosciuta la possibilità di conoscere, da parte del “quisque de populo”, gli atti della procedura di gara, compresi gli atti della fase esecutiva, nei limiti della tutela degli interessi pubblici e privati coinvolti e l’art. 35 comma 1 del nuovo Codice di cui al d.lgs. 36 del 2023 ha esplicitamente previsto anche in materia di appalti l’accesso civico generalizzato, vieppiù valorizzando il valore della trasparenza in tema di appalti pubblici.
Premessa, quindi, l’applicabilità dell’accesso civico generalizzato anche alla materia degli appalti, quale forma di controllo diffuso sull’azione contrattuale dell’Amministrazione, resta il dato che l’Amministrazione è tenuta alla consegna integrale della documentazione in proprio possesso nei limiti previsti dalla legge, sempre che gli atti richiesti esistano effettivamente.
Peraltro, a questo proposito, la giurisprudenza ha precisato che l’Amministrazione richiesta di ostendere documenti di cui non sia in possesso ovvero non esistenti può legittimamente opporre tale circostanza al richiedente, purché però indichi specificamente, assumendosene la relativa responsabilità, i documenti di cui non sia in possesso (cfr. TAR Lazio-Roma 2 marzo 2022, n. 2485).