6.2. La sentenza gravata conferma, in punto di fatto, il ribasso del costo della manodopera previsto dall’offerta -OMISSIS- nei termini dedotti dalla ricorrente: “per quanto riguarda i costi della manodopera, va in primo luogo rilevato che essi non sono in assoluto insuscettibili di ribasso e che pertanto non doveva essere esclusa la controinteressata per aver indicato, nella propria offerta economica, un costo della manodopera di appena 330.000,00, inferiore di oltre 200.000 Euro rispetto al costo indicato dalla Stazione appaltante e non ribassabile” (profilo del resto incontestato nel presente giudizio).
Il T.A.R. ha tuttavia respinto il motivo argomentando la legittimità dell’offerta, come detto, sulla base del combinato disposto degli artt. 108, comma 9, e 41, comma 14, del d. lgs. 31 marzo 2023, n. 36: tuttavia la ricorrente aveva dedotto – come sopra ricordato, e come la stessa sentenza del T.A.R. correttamente riporta nella parte espositiva – anzitutto la violazione del citato art. 3 del Disciplinare. È pertanto evidente che quand’anche il ribasso dei costi relativi alla manodopera fosse consentito dalle norme primarie, l’esplicita ed inequivoca previsione di segno contrario portata dalla – non impugnata – lex specialis non consentiva la presentazione di un’offerta riportante un simile ribasso. Il parametro normativo invocato – per dedurre l’illegittimità e la non ammissibilità dell’offerta -OMISSIS- – dalla ricorrente in primo grado, pienamente valido ed efficace, era dunque costituito anzitutto dal citato art. 3 del Disciplinare: rispetto al quale la sentenza gravata non risulta essersi pronunciata. Tale parametro è espressivo della volontà della stazione appaltante di connotare la specifica disciplina della gara nel senso di escludere dalla dinamica dei ribassi la componente relativa al costo della manodopera.
L’art. 41, comma 14, d.lgs. n. 36/2023 – in applicazione di un preciso criterio di delega di cui all’art. 1, comma, 2 lett. t), legge n. 78/2022 – prevede che “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’ importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”. Come ha evidenziato la giurisprudenza, l’art. 41 comma 14, d.lgs. 36/2023, ha significativamente operato una netta “inversione di rotta” rispetto al d.lgs. n. 50/2016 il cui art. 97, comma 6, non imponeva il divieto di ribasso sui costi di manodopera (Consiglio di Stato, Sez. V, 9.6.2023, n. 5665). Ne consegue che la disciplina che stabilisce l’obbligatorietà dello scorporo dei costi di manodopera dall’importo assoggettato al ribasso ha natura innovativa. Ciò comporta che, contrariamente a quanto asserito dalla difesa comunale, non hanno valenza dirimente le diverse considerazioni contenute nel parere MIT del 19.7.2023, n. 2154, nel parere precontenzioso ANAC n. 528 del 15.11.2023, nel parere MIT del 17.4.2024, n. 2505, in quanto tali amministrazioni non solo non hanno posto in risalto la natura innovativa della disposizione, ma richiamano sostanzialmente la disciplina contenuto nel bando tipo ANAC n. 1/2023 che è stato redatto sulla base della previgente disciplina (d.lgs. n. 50/2016). Ciò non significa che è esclusa la possibilità per l’operatore di proporre un ribasso che coinvolga anche il costo della manodopera. L’operatore non solo potrà formulare un ribasso che coinvolge anche il costo della manodopera, ma potrà anche dimostrare che tale ribasso è derivante “da una più efficiente organizzazione aziendale” o “da sgravi contributivi che non comportano penalizzazioni per la manodopera”, secondo il tradizionale orientamento della giurisprudenza in linea l’art. 41 della Costituzione.
Ai sensi dell’art. 41, comma 14, del d.lgs. 36 del 2023 “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.
Tale norma, ad avviso del Collegio, deve essere interpretata in maniera coerente con:
(i) l’articolo 108, comma 9, del d.lgs. n. 36 del 2023, che prescrive al concorrente di indicare nell’offerta economica, a pena di esclusione, i costi della manodopera, oltre agli oneri di sicurezza aziendali;
(ii) l’art. 110, comma 1, del d.lgs. n. 36 del 2023, ai sensi del quale “Le stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa. Il bando o l’avviso indicano gli elementi specifici ai fini della valutazione”.
Se ne deduce che i costi della manodopera sono assoggettabili a ribasso, come è del resto precisato dall’ultimo periodo del comma 14 dell’art. 41 citato, secondo cui: “Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.
Se, infatti, il legislatore avesse voluto considerare tali costi fissi e invariabili, non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né avrebbe avuto senso includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta (T.A.R. Toscana, sez. IV, 29.01.2024, n. 124).
Una diversa lettura del quadro normativo di riferimento, visto nel suo insieme, determinerebbe un’eccessiva compressione della libertà d’impresa, in quanto l’operatore economico, operando un ribasso, potrebbe dimostrare che quest’ultimo sia correlato a soluzioni innovative e più efficienti, oppure, soprattutto in ipotesi di appalto di servizi, come quello per cui è causa, alla sua appartenenza ad un comparto, per il quale viene applicato un CCNL diverso da quello assunto come riferimento dalla stazione appaltante. Tale eventualità, da ammettersi anche in quanto coerente con il principio di libera iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost., può concretizzarsi a condizione che questo “indiretto” ribasso dei costi della manodopera risulti coerente con una “più efficiente organizzazione aziendale” che l’operatore dovrà dimostrare in sede di verifica dell’anomalia, doverosamente promossa dalla stazione appaltante (Consiglio di Stato sez. V, 09/06/2023, n. 5665; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 8/02/2024, n. 119; T.A.R. Sicilia, Palermo sez. II, 19/12/2023, n. 3779; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 07/11/2023, n. 6128). Ove si ritenesse, invero, che sussista un divieto indiscriminato di ribasso dei costi relativi alla manodopera, il risultato ultimo sarebbe quello di attribuire alla stazione appaltante il potere di standardizzare tali costi verso l’alto, mediante la sostanziale imposizione del CCNL dalla stessa individuato. […] Da ciò discende che, alla luce di quanto previsto dal comma 14 dell’art. 41 del d.lgs. n. 36 del 2023, l’offerta dell’operatore economico che applichi il ribasso anche ai costi della manodopera non è esclusa dalla gara, ma è assoggetta alla verifica dell’anomalia, nella cui sede l’operatore economico avrà l’onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale oltre il rispetto dei minimi salariali.
Quesito: Per i CCNL per i quali non sono state pubblicate le Tabelle del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (e quindi in dei costi orari di riferimento) come deve comportarsi la Stazione appaltante? Come si determina il costo della manodopera per la costruzione della base di gara?
Risposta: Si ricorda che il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. L’art. 41, comma 13, d.lgs. n. 36 del 2023, dispone infatti che “Per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. (…)” . Riguardo alle suddette tabelle ministeriali, ANAC nella delibera n. 534/2023 ricorda che la giurisprudenza ha da tempo riconosciuto che i valori delle tabelle ministeriali costituiscono un mero parametro di valutazione della congruità dell’offerta; la stessa giurisprudenza afferma che le tabelle ministeriali esprimono i costi medi della manodopera e svolgono una funzione indicativa, suscettibile di scostamento in relazione a valutazioni statistiche ed analisi aziendali (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-bis, sent. 19 giugno 2018, n. 6869; TAR Toscana sentenza del 9 aprile 2024, n. 389). Ciò posto, in assenza delle tabelle ministeriali occorre procedere a definire l’importo a base d’asta e il costo della manodopera sulla base del procedimento indicato al co.13 dell’art. 41 sopra riportato, ovvero occorre fare riferimento ai valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative, alle norme in materia previdenziale ed assistenziale, ai diversi settori merceologici e alle differenti aree territoriali. Si rimettono alla scrivente stazione le valutazioni specifiche per il caso concreto. (Parere MIT n. 2880/2024)
Passando ora al merito del ricorso, per quanto riguarda la possibilità di ribasso del costo della manodopera, si rammenta che ai sensi dell’art. 41, comma 14, del D. Lgs. 36/2023 “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”. Secondo l’interpretazione preferibile della disposizione, aderente alla littera legis, nella nuova disciplina gli oneri della manodopera quantificati dalla stazione appaltante non sono direttamente ribassabili, come accadeva nel sistema previgente, in quanto vanno scorporati dalla base d’asta da assoggettare a ribasso. Pertanto, ai fini dell’aggiudicazione rileva esclusivamente la percentuale di ribasso riferita all’importo dei lavori o dei servizi da appaltare, al netto dei costi del lavoro e della sicurezza (T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 8 febbraio 2024, nn. 119-120; T.A.R. Campania, Salerno, 11 gennaio 2024, n. 147). Tuttavia, come esplicitato nell’ultimo periodo dell’art. 41, comma 14, qualora l’operatore economico disponga di un’organizzazione aziendale particolarmente efficiente, che gli consenta di abbattere i costi della manodopera, questi ultimi possono essere diminuiti in via indiretta e riflessa, ossia offrendo un più elevato ribasso sull’importo dei lavori o dei servizi oggetto della commessa. Detto altrimenti, la formulazione del ribasso è consentita esclusivamente sul valore dell’appalto al netto della manodopera stimata dalla stazione appaltante (e al netto degli oneri di sicurezza), ma il concorrente ha la facoltà di ridurre indirettamente i costi del lavoro aumentando la percentuale di sconto praticata sulla componente direttamente ribassabile. Naturalmente, i minori costi della manodopera che l’operatore ritiene di sopportare in concreto vanno giustificati mediante la dimostrazione della propria efficienza aziendale.
Il richiamato comma 13 del citato articolo prevede inoltre che “il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali”. Rileva poi nel caso di specie l’art. 110, comma 5, del D Lgs. 36/2023 che afferma che “La stazione appaltante esclude l’offerta se le spiegazioni fornite non giustificano adeguatamente il livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 3, oppure se l’offerta è anormalmente bassa in quanto: (…)
d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 41, comma 13”.
Tenuto conto di quanto precede, con riferimento alla censura secondo cui “i costi della manodopera non erano soggetti al ribasso da parte dell’operatore economico”, si osserva che l’art. 3 del disciplinare di gara richiama anche il comma 14 dell’art. 41 del D.Lgs. 36/2023, che prevede, come sopra detto, che “Resta ferma la possibilità per l’offerente di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale” e quindi ammette il ribasso. Infatti, secondo la consolidata giurisprudenza, nelle gare pubbliche, non sono consentite deroghe sul costo del lavoro, con esclusivo riguardo ai minimi salariali inderogabili (T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 18 maggio 2021, n.1249; Consiglio di Stato, sez. V, 13 settembre 2024, n.7570), che non è contestato nel caso di specie. Questa opzione appare più aderente al disposto di cui all’art. 110, comma 5 D. Lgs. n. 36/2023: ammettendo la possibilità che le stazioni appaltanti stabiliscano, attraverso apposite clausole convenzionali, il divieto di ribasso tout court sulla manodopera, si ribalterebbe il sistema previsto nel Codice dei contratti pubblici, che da un lato intende assicurare il principio di libera concorrenza, e, al contempo, il rispetto dei minimi salariali, in una logica di ponderato equilibrio fra libertà d’impresa e tutela delle maestranze.
Si aggiunge inoltre che il successivo art. 17 del disciplinare di gara riconosce “la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale” e prevede che “In caso di ribasso della manodopera l’operatore dovrà caricare a sistema la documentazione giustificativa dimostrando la più efficiente organizzazione aziendale attraverso l’esposizione di dati e informazioni dettagliate che saranno oggetto di valutazione in sede di verifica dell’anomalia”.
La censura sul ribasso del costo della manodopera è quindi priva di fondamento, dal momento che l’art. 41, comma 14 del nuovo codice dei contratti pubblici e il disciplinare di gara riconoscono all’operatore economico, ricorrendone le condizioni, tale possibilità.
Occorre premettere che, ai sensi dell’art. 41, comma 14, del d.lgs. n. 36/2023, “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13 [N.d.R: in base alle tabelle ministeriali del costo del lavoro]. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.
Secondo l’interpretazione preferibile della disposizione, aderente alla littera legis, nella nuova disciplina gli oneri della manodopera quantificati dalla stazione appaltante non sono direttamente ribassabili, come accadeva nel sistema previgente, in quanto vanno scorporati dalla base d’asta da assoggettare a ribasso. Pertanto, ai fini dell’aggiudicazione rileva esclusivamente la percentuale di ribasso riferita all’importo dei lavori o dei servizi da appaltare, al netto dei costi del lavoro e della sicurezza (cfr. T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 8 febbraio 2024, nn. 119-120; T.A.R. Campania, Salerno, 11 gennaio 2024, n. 147). Tuttavia, come esplicitato nell’ultimo periodo dell’art. 41, comma 14, qualora l’operatore economico disponga di un’organizzazione aziendale particolarmente efficiente, che gli consenta di abbattere i costi della manodopera, questi ultimi possono essere diminuiti in via indiretta e riflessa, ossia offrendo un più elevato ribasso sull’importo dei lavori o dei servizi oggetto della commessa. Detto altrimenti, la formulazione del ribasso è consentita esclusivamente sul valore dell’appalto al netto della manodopera stimata dalla stazione appaltante (e al netto degli oneri di sicurezza), ma il concorrente ha la facoltà di ridurre indirettamente i costi del lavoro aumentando la percentuale di sconto praticata sulla componente direttamente ribassabile. Naturalmente, i minori costi della manodopera che l’operatore ritiene di sopportare in concreto vanno specificati nell’offerta economica, ai sensi dell’art. 108, comma 9, del d.lgs. n. 36/2023, nonché giustificati mediante la dimostrazione della propria efficienza aziendale.
Deve, peraltro, darsi conto che, in base ad un’antitetica ricostruzione esegetica, il costo della manodopera, seppur esposto separatamente negli atti di gara, continuerebbe a costituire un elemento della base d’asta, sulla quale l’offerente applica il ribasso (T.A.R. Toscana, sez. IV, 29 gennaio 2024, n. 120; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 19 dicembre 2023, n. 3787; delibera Anac 15 novembre 2023, n. 528). Dunque, secondo tale interpretazione il ribasso viene formulato sull’importo contrattuale al lordo della manodopera, onde nulla sarebbe mutato rispetto al codice del 2016. Tale opzione ermeneutica va, però, respinta, perché conduce alla sostanziale abrogazione della prescrizione dell’art. 41, comma 14, sulla non diretta ribassabilità della manodopera, ponendosi, oltretutto, in contrasto con il criterio direttivo enunciato nella legge delega (ossia che “i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”: cfr. art. 1, comma 2, lett. t della legge n. 78/2022).
Ciò posto, nella lex specialis di gara la Provincia ha recepito la disciplina del nuovo codice dei contratti, nell’approdo esegetico qui ritenuto corretto, giacché:
– gli artt. 1.3 e 18.5 del disciplinare stabiliscono che i costi della manodopera non sono (direttamente) soggetti a ribasso (doc. 2 ricorrente); analoga previsione è contenuta nella tabella del quadro economico inserita al punto 1.3.1 del capitolato speciale d’appalto (doc. 5 ricorrente);
– nel modello di offerta economica l’ “importo ribassabile” è indicato nella somma di € 55.426,49, che corrisponde al costo delle lavorazioni (v. quadro economico, sub doc. 4 ricorrente), cui si aggiungono le voci degli oneri della sicurezza di € 18.203,12 e del costo della manodopera di € 18.365,08. In calce al modulo viene ribadito che gli oneri della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato a ribasso, ma, per i costi del lavoro, è consentito esporre una cifra diversa (più bassa), derivante dall’efficienza organizzativa dell’impresa, che potrà formare oggetto di richiesta di giustificazione (v. doc. 15 ricorrente).
3.1. Alla luce di quanto sin qui illustrato, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, il modulo per predisporre l’offerta economica si rivela perfettamente comprensibile e coerente con il disposto dell’art. 41, comma 14, del d.lgs. n. 36/2023.
Sommario: 1. I costi della manodopera sono assoggettabili al ribasso anche nel nuovo Codice; 2. La lettura costituzionalmente orientata dell’art. 41, comma 14, del d.lgs. 36/2023; 3. La possibilità di prevedere il ribasso complessivo; 4. La verifica dei costi della manodopera ribassati; 5. Gli effetti dell’omessa indicazione dei costi della manodopera nel bando; 6. Obbligo di indicazione dei costi della manodopera in caso di subappalto.
Il focus propone una rassegna ragionata delle principali sentenze dei TAR e del Consiglio di Stato (con link alla versione integrale) riguardo il contenuto dell’articolo 41, comma 14 del d.lgs. 36/2023, in base al quale i costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso, ma il concorrente può dimostrare che il ribasso complessivo dipende da un’organizzazione aziendale più efficiente.
Al fine di chiarire i molteplici e legittimi dubbi su come dover procedere in fase di determinazione dell’importo soggetto a ribasso (e quindi se i costi della manodopera debbano essere inclusi o esclusi dall’importo soggetto a ribasso), la giurisprudenza si è avvalsa di un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata di tutte le norme sui costi della manodopera presenti nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici, prendendo in considerazione anche il punto di vista di ANAC e del MIT.
La ricostruzione del percorso giurisprudenziale rappresenta, quindi, un utile strumento per comprendere lo stato dell’arte sullo scorporo e sulla ribassabilità dei costi della manodopera nelle nuove gare.
1. I costi della manodopera sono assoggettabili al ribasso anche nel nuovo Codice.
L’art. 41, comma 14, del d.lgs. 36 del 2023 (di seguito anche solo Codice) prevede che: “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la Stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso.”.
Tuttavia, per il Giudice Amministrativo, tale disposizione deve essere interpretata in maniera coerente con:
– l’articolo 108, comma 9, del Codice, che prescrive al concorrente di indicare nell’offerta economica, a pena di esclusione, i costi della manodopera, oltre agli oneri di sicurezza aziendali;
– l’art. 110, comma 1, del medesimo Codice, ai sensi del quale “Le Stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa. Il bando o l’avviso indicano gli elementi specifici ai fini della valutazione”.
Dalla lettura integrata delle suddette norme è possibile, quindi, dedurre che, anche nel nuovo Codice Appalti, i costi della manodopera sono assoggettabili a ribasso, come del resto è precisato anche dall’ultimo periodo del comma 14, dell’art. 41 citato, secondo cui: “Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”. Tale inciso sarebbe, infatti, posto nel nulla se si interpretasse il precedente come divieto inderogabile di ribasso dei costi della manodopera.
Difatti, se i costi della manodopera fossero interamente predeterminati dalla Stazione appaltante, non sarebbe chiaro quale prova potrebbe desumersi dalla più efficiente organizzazione aziendale dimostrata dall’operatore economico. Inoltre, se il legislatore avesse voluto considerare tali costi fissi e invariabili, non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né avrebbe avuto senso includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta (cfr. TAR Roma, 06.08.2024 n. 15720).
La tesi dell’inderogabilità assoluta dei costi della manodopera individuati dalla Stazione appaltante determinerebbe, peraltro, un’eccessiva compressione della libertà d’impresa, in quanto l’operatore economico potrebbe dimostrare, ad esempio, che il ribasso è correlato a soluzioni innovative e più efficienti, oppure, soprattutto in ipotesi di appalto di servizi, alla sua appartenenza ad un comparto, per il quale viene applicato un CCNL diverso da quello assunto come riferimento dalla Stazione appaltante (cfr. TAR Potenza, 21.05.2024 n.273).
A conferma di quanto sin qui esposto, il Consiglio di Stato, Sez. V, 09.06.2023, n. 5665, anche se con riferimento al previgente Codice dei contratti, aveva già osservato che “la clausola della lex specialis che imponga il divieto di ribasso sui costi di manodopera, sarebbe in flagrante contrasto con l’art. 97, comma 6 d.lgs. n. 50/2016 e, più in generale, con il principio di libera concorrenza nell’affidamento delle commesse pubbliche”, e richiamando, quale supporto interpretativo l’art. 41 comma 14 del d.lgs. 36 del 2023, concludeva che: “persino nel nuovo Codice, ….è stata fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che un ribasso che coinvolga il costo della manodopera sia derivante da una più efficiente organizzazione aziendale così armonizzando il criterio di delega con l’art. 41 della Costituzione”.
Riassumendo, quindi, secondo il Giudice Amministrativo l’art. 41, comma 14, non ha determinato la totale equiparazione tra i «costi della manodopera» e gli «oneri di sicurezza da interferenze» (c.d. oneri fissi): difatti, solo questi ultimi sono (come già lo erano, per giurisprudenza pacifica, sotto la vigenza del precedente Codice) integralmente predeterminati dall’amministrazione aggiudicatrice in maniera fissa ed immodificabile (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 20.02.2024 n. 1677).
2. La lettura costituzionalmente orientata dell’art. 41, comma 14, del d.lgs. 36/2023.
Per primo, con parere n. 2154 del 19.07.2023, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), rispondendo ad un quesito specifico sui costi della manodopera negli appalti, ha chiarito che l’offerta economica non è costituita solamente dal ribasso operato sull’importo al netto del costo della manodopera, ma deve includere quest’ultimo costo al suo interno; il costo della manodopera non può essere considerato un importo aggiuntivo ma fa parte dell’offerta ed è soggetto a verifica.
A sua volta l’ Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), con la delibera n. 528 del 15.11.2023, ha chiarito che: “La lettura sistematica della prima parte dell’articolo 41, comma 14, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, secondo il quale i costi della manodopera sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso, e della seconda parte della norma, che riconosce al concorrente la possibilità di dimostrare che il ribasso complessivo offerto deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, induce a ritenere che il costo della manodopera, seppur quantificato e indicato separatamente negli atti di gara, rientri nell’importo complessivo a base di gara, su cui applicare il ribasso offerto dal concorrente per definire l’importo”. Tale interpretazione del dettato normativo, secondo l’ANAC, “consente un adeguato bilanciamento tra la tutela rafforzata della manodopera – che costituisce la ratio dellaprevisione dello scorporo dei costi della manodopera, evincibile dal criterio contenuto nella lett. t) dell’art. 1, comma 1, della legge delega (L. n. 78/2022) – con la libertà di iniziativa economica e d’impresa, costituzionalmente garantita, la quale, nel suo concreto dispiegarsi, non può che comportare la facoltà dell’operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l’importo rispetto a quello stimato dalla Stazione appaltante negli atti di gara. Tra l’altro, solo seguendo tale impoStazione, si spiega anche l’obbligo del concorrente di indicare i propri costi della manodopera, a pena di esclusione dalla gara (art. 108, comma 9, d.lgs. 36/2023) previsione che sarebbe evidentemente superflua se i costi della manodopera non fossero ribassabili, e il successivo art. 110, comma 1, che include i costi della manodopera dichiarati dal concorrente tra gli elementi specifici in presenza dei quali la Stazione appaltante avvia il procedimento di verifica dell’anomalia”.
Peraltro, sempre l’ANAC, nel bando tipo n. 1/2023 (articolo 17), ha previsto che “l’operatore economico dovrà indicare in offerta il costo della manodopera. Se l’operatore economico riporta in offerta un costo della manodopera diverso da quello stimato dalla Stazione appaltante, l’offerta è sottoposta al procedimento di verifica dell’anomalia ai sensi dell’art. 110, D.Lgs. 36/2023”; evidenziando nella relativa nota illustrativa (punto 28) che: “ai sensi dell’articolo 41, comma 14, del codice, i costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Tuttavia, è fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo derivi da una più efficiente organizzazione aziendale. Tali giustificazioni potranno essere richieste dalla Stazione appaltante in occasione della verifica di anomalia, fermo restando il divieto di giustificazioni in relazione ai trattamenti salariali minimi inderogabili e agli oneri di sicurezza”.
Secondo il Giudice Amministrativo, tutti i suddetti interventi plurimi (e diversificati quanto alla provenienza), convincono del fatto che la tesi, secondo la quale il costo della manodopera non sarebbe assoggettabile a ribasso, sia infondata, e allo stesso tempo consentono di dare una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 41 comma 14, con riferimento all’art. 36 della Costituzione.
La libertà di iniziativa economica deve, infatti, comprendere la facoltà dell’operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l’importo rispetto a quello stimato dalla Stazione appaltante nella disciplina di gara, slavo il rispetto dei trattamenti salariali minimi inderogabili.
Neppure può ravvisarsi il vizio di eccesso di delega, in quanto l’art. 1 comma 2 lett. t) della Legge delega (n. 78 del 2022) dispone che le Stazioni appaltanti devono prevedere “in ogni caso, che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”, ma – nell’imporre alle Stazioni appaltanti l’obbligatorietà dello scorporo, cioè la necessità di separata quantificazione ed indicazione degli stessi – non ne fa discendere anche l’assoluta intoccabilità dei costi della manodopera come fissati dalle Stazioni appaltanti, dovendo invece intendersi che la finalità della norma della legge delega sia quella di obbligare le Stazioni appaltanti ad evidenziare separatamente il costo della manodopera, per garantirne una tutela rafforzata, ed in ultima analisi di salvaguardare il diritto dei lavoratori alla retribuzione minima, tutelato dall’art. 36 della Costituzione.
Dunque, in sintesi, i costi della manodopera non sono in assoluto insuscettibili di ribasso. Il divieto di ribasso del costo del personale indicato nel bando non è quindi assoluto ma relativo (cfr. TAR Milano, 05.07.2024 n. 2077).
Infatti, l’articolo 108, comma 9, del d.lgs. n. 36 del 2023, che prescrive al concorrente di indicare nell’offerta economica, a pena di esclusione, i costi della manodopera va interpretato insieme all’art. 41, comma 14, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (cfr. TAR Napoli, 13.06.2024 n. 3732).
In base al comma 14 dell’art. 41 del d.lgs. 36 del 2023, la conseguenza per l’operatore economico che applichi il ribasso anche ai costi della manodopera è, non l’esclusione dalla gara, ma l’assoggettamento della sua offerta alla verifica dell’anomalia: in quella sede l’operatore economico avrà l’onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale oltre il rispetto dei minimi salariali (cfr. TAR Firenze, 29.01.2024, n. 120).
La giurisprudenza prevalente ritiene legittimo per l’operatore economico avvalersi anche di economie di scala, osservando, tuttavia, che l’esistenza dei relativi presupposti deve essere fatto oggetto di rigorosa e puntuale dimostrazione, e non di semplice allegazione (cfr. TAR Napoli, 26.02.2024 n. 1270 e TAR Napoli, 13.06.2024 n. 3732).
Come recentemente chiarito dal TAR Roma, la ratio della disposizione deve essere individuata nella garanzia di una proporzionata remunerazione del fattore produttivo lavoro (art. 36 Cost.). Tuttavia, occorre considerare come il costo del lavoro, essendo contrattato in un mercato solo parzialmente regolamentato, non possa essere calcolato in maniera certa sulla basa di parametri algebrici inequivocabili: di conseguenza, quella formulata nel bando dalla Stazione appaltante è una stima che sconta inevitabili margini di opinabilità e, per tale ragione, non può essere considerata cogente per l’operatore economico. Peraltro, l’indicazione dei costi della manodopera, in continuità con la precedente disciplina, è basata sulle tabelle ministeriali che, come noto, non sono mai state reputate vincolanti in maniera assoluta, essendo ben possibile dimostrare un trattamento economico inferiore. Conseguentemente, la disposizione ha la funzione di garantire una congrua retribuzione semplificando il processo di verifica dell’anomalia dell’offerta economica, attraverso la circoscrizione della discrezionalità nella valutazione della stessa. Difatti, rendendo separata l’indicazione dei costi della manodopera, la Stazione appaltante ha semplicemente immediata evidenza di quanto l’operatore economico suppone di dover corrispondere per tale fattore produttivo: qualora fosse superiore a quanto indicato nel bando, nulla quaestio; viceversa, nell’ipotesi opposta l’impresa dovrà dimostrare che tali minori oneri siano giustificati dalla più efficiente organizzazione aziendale (cfr. TAR Roma 06.08.2024 n. 15720).
3. La possibilità di prevedere il ribasso complessivo.
Secondo il TAR Palermo, dopo aver indicato e distinto chiaramente nei documenti di gara, all’interno dell’importo complessivo dell’appalto, le componenti di costo ribassabili da quelle non ribassabili, la Stazione appaltante può prevedere che il ribasso sia espresso in termini percentuali sull’importo posto a base d’appalto comprensivo dei costi della manodopera (cfr. TAR Palermo, 19.12.2023 n. 3787). Il Giudice Amministrativo, in tal caso, interpreta l’obbligo normativo di scorporare i costi della manodopera come un mero onere di indicazione separata negli atti di gara, senza che ciò precluda ai concorrenti di offrire ribassi su tale significativa voce di costo.
Dello stesso avviso il MIT, che con il parere n. 2505 del 17.04.2024, ha ritenuto che l’importo assoggettato a ribasso comprende i costi della manodopera, che devono essere quantificati dalla Stazione Appaltante. In sostanza, l’importo assoggettato a ribasso può comprendere i costi della manodopera, ma la Stazione appaltante è tenuta ad indicare, come parametro, quanti sono questi costi. In tal caso il concorrente dovrà formulare un “ribasso complessivo”, ma a sua volta dovrà indicare i costi della manodopera: se i costi parametrici sono superiori rispetto a quelli indicati nell’offerta, il concorrente sarà chiamato a giustificare il ribasso dei costi manodopera e, laddove la Stazione appaltante accolga i giustificativi, procederà all’aggiudicazione.
Per completezza, occorre tuttavia dare conto di tre pronunce in termini opposti.
Il TAR Salerno, 11.01.2024 n. 147, pur non prendendo espressa posizione sul dibattito in relazione all’art. 41, non ha contestato, nel caso sottoposto al suo esame, la scelta della Stazione appaltante di precludere il ribasso sui costi della manodopera.
Anche il TAR Reggio Calabria, con le sentenze 08.02.2024, n. 119e n.120, ha interpretato l’art. 41, comma 14, come divieto al ribasso sui costi della manodopera. Tuttavia, queste ultime due decisioni risultano sospese dal Consiglio di Stato alla data del presente contributo (cfr. ordinanze 22.03.2024 n. 1068 e n. 1067).
4. La verifica di congruità dei costi della manodopera ribassati.
Nessun onere di esplicita o formale valutazione della congruità dei costi della manodopera e degli oneri della sicurezza può essere imputato alla Stazione appaltante, laddove il concorrente abbia formulato una offerta nel pieno rispetto dei valori indicati nel disciplinare di gara, ai sensi dell’art. 41 del D.Lgs. n. 36/2023 e non emergano elementi che possano mettere in dubbio la congruità dei valori offerti (cfr. TAR Firenze, 23.04.2024 n. 493).
Al contrario, se l’operatore economico riporta in offerta un costo della manodopera diverso da quello stimato dalla Stazione appaltante, l’offerta è sottoposta al procedimento di verifica dell’anomalia ai sensi dell’art. 110, d.lgs. 36/2023, nei termini sanciti dall’ultimo capoverso del comma 14 dell’art. 41, ossia il concorrente dovrà dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una sua più efficiente organizzazione aziendale.
Per quel che attiene al costo della manodopera, in base alla previsione di cui al comma 4, lett. a) del citato art. 110, non potranno essere fornite giustificazioni in relazione ai trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge.
Pertanto, l’operatore economico non può, per spiegare un’offerta con un costo del lavoro più bassa rispetto a quello indicato dalla Stazione appaltante, allegare elementi differenti dalla propria organizzazione aziendale (es. corresponsione di salarî inferiori ai minimi retributivi): specularmente, l’amministrazione non è legittimata a valutare ulteriori e diverse circostanze per reputare non anomala un’offerta formulata ribassando i costi stimati (cfr. TAR Roma, 06.08.2024 n. 15720).
Sulla modalità di verifica, secondo il TAR Genova, ordinanza 27.03.2024 n. 54, “Appare privo di fondamento l’assunto secondo cui dovrebbe procedersi a due separate valutazioni di anomalia, la prima sull’importo dei lavori e la seconda sugli oneri della manodopera, onde l’esponente avrebbe offerto un ribasso non anomalo per l’oggetto dell’appalto e potrebbe provare la congruità del suo costo del lavoro in contraddittorio con la Stazione appaltante: in realtà, l’art. 41, comma 14, cit., fa riferimento ad un unico “ribasso complessivo…deriva[nte] da una più efficiente organizzazione aziendale”; inoltre, un simile frazionamento della verifica di anomalia è contrario alla logica di semplificazione e celerità sottesa al nuovo codice”.
5. Gli effetti dell’omessa indicazione dei costi della manodopera nel bando.
La mancata specifica quantificazione dei costi della manodopera nella legge di gara non comporta il travolgimento dell’intera procedura.
Per stabilire, infatti, se l’effetto di un vizio che si riverbera sull’offerta sia tale da travolgere l’intera procedura o solo l’offerta, occorre accertare se esso abbia reso sostanzialmente impossibile od estremamente difficile la presentazione di un’offerta rispettosa dei vincoli imposti alla riduzione dei costi del personale.
Secondo il Giudice Amministrativo, l’art. 110, comma 5 del Codice evidenzia che il giudizio di anomalia del costo del personale è interno all’offerta, in quanto comporta il confronto tra il costo del personale offerto e quello indicato dai CCNL e dalle tabelle ministeriali. Ne consegue che deve escludersi che l’indicazione di un costo del personale pari o superiore a quello indicato nel bando legittimi un giudizio di non anomalia dell’offerta sul personale, in quanto mancano gli elementi basilari per esprimere tale giudizio, cioè l’indicazione del personale necessario, delle ore di lavoro e del relativo costo totale, che appartengono all’offerta e rientrano nella discrezionalità dell’imprenditore.
Ne consegue che l’indicazione dei costi della manodopera nel bando ad opera della Stazione appaltante ha valore meramente indicativo e la sua omissione non comporta l’impossibilità di presentare un’offerta, avendo carattere inderogabile solo il mancato rispetto dei CCNL applicabili e delle tabelle ministeriali negli altri casi.
Ne deriva che l’omissione dell’indicazione del costo della manodopera nella legge di gara non comporta l’impossibilità di presentare l’offerta, né la possibilità di assoggettare il costo del personale a ribasso ad nutum, in quanto non impedisce di verificare il rispetto dei diritti economici dei lavoratori con i criteri indicati dal citato art. 110, comma 5 del Codice.
Anzi si può dire che la mancata indicazione del costo teorico del personale calcolato dalla Stazione appaltante comporta l’effetto opposto della necessaria verifica di anomalia dell’offerta delle spese del personale a maggior tutela dei lavoratori.
In definitiva deve ritenersi che l’omissione dell’indicazione dei costi della manodopera nel bando non costituisce vizio idoneo a travolgere l’intera gara ma può costituire solo vizio dell’offerta, che abbia indicato le spese del personale non rispettose dei livelli salariali applicabili al caso di specie (cfr. TAR Milano, 05.07.2024 n. 2077).
La mancata specifica quantificazione dei costi della manodopera non preclude, infatti, la possibilità di formulazione adeguata e consapevole delle offerte, dal momento che è sempre possibile accedere, a tal fine, alle tabelle ministeriali (oggi art. 41 comma 13 d.lgs. 36/2023) e far ricorso ad esse per la determinazione dell’ammontare di tale voce (cfr. TAR Catania, 06.06.2024 n. 2137).
6. Obbligo di indicazione dei costi della manodopera in caso di subappalto.
La frammentazione della prestazione in plurimi subaffidamenti non trasforma i costi del personale preposto all’esecuzione del contratto in costi indiretti o occasionali, ma al contrario rende ancor più evidenti le esigenze di tutela dei lavoratori coinvolti.
D’altra parte, l’applicazione della disciplina pubblicistica di tutela dei lavoratori non può essere condizionata dalla scelta dell’operatore economico di suddividere la prestazione in plurimi subaffidamenti.
Le suddette considerazioni risultano a fortiori imposte alla luce del d.lgs. 36/2023, che ha ulteriormente rafforzato il sistema di tutele dei lavoratori previsto dal precedente Codice dei contratti pubblici.
La legge delega per la redazione del Codice (legge n. 78 del 21 giugno 2022) all’art. 1, comma 2, lett. m), n. 2), poneva alle Stazioni appaltanti l’obiettivo di “garantire l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, tenendo conto, in relazione all’oggetto dell’appalto e alle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente, di quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nonché garantire le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro irregolare”. Alla lett. t) del medesimo art. 1, comma 2, veniva altresì stabilito come principio e criterio direttivo che “i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”.
In attuazione di tali disposizioni, il Codice dei contratti pubblici, oltre a prevedere all’art. 108, comma 9, che nelle offerte economiche presentate per l’aggiudicazione di pubblici appalti, l’operatore economico concorrente è tenuto ad indicare – sotto espressa comminatoria di esclusione dal procedimento selettivo – i costi della manodopera, ha altresì stabilito:
– all’art. 11, commi 4 e 5, che le Stazioni appaltanti e gli enti concedenti “acquisiscono la dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele…”;
– al comma 5, del medesimo art. 11, che “Le Stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano, in tutti i casi, che le medesime tutele normative ed economiche siano garantite ai lavoratori in subappalto”;
– all’art. 102, comma 1, lett. b), che nella legge di gara le Stazioni appaltanti devono richiedere agli operatori economici di assumere l’impegno di “garantire l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, tenendo conto, in relazione all’oggetto dell’appalto e alle prestazioni da eseguire, anche in maniera prevalente, di quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e di quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente, nonché garantire le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro irregolare”;
– all’art. 119, comma 12, che “Il subappaltatore, per le prestazioni affidate in subappalto, deve garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto e riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale. Il subappaltatore è tenuto ad applicare i medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro del contraente principale, qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto oppure riguardino le lavorazioni relative alle categorie prevalenti e siano incluse nell’oggetto sociale del contraente principale. L’affidatario corrisponde i costi della sicurezza e della manodopera, relativi alle prestazioni affidate in subappalto, alle imprese subappaltatrici senza alcun ribasso”.
Con tale complessivo assetto normativo, il Codice ha introdotto norme maggiormente pregnanti e vincolanti, garantendo maggiore certezza nell’individuazione del contratto collettivo applicabile e assicurando un più elevato livello di effettività alla tutela dei lavoratori, in una logica di equiparazione tra lavoratori del concorrente e lavoratori dell’impresa subappaltatrice.
D’altra parte, la soppressione dei limiti quantitativi al subappalto, a seguito delle note sentenze della Corte di Giustizia UE (Corte giust. UE, 26 settembre 2019, in causa C-63/18; Corte giust. UE 27 novembre 2019, in causa C-402/18), impone il superamento della distinzione tra dipendenti del concorrente e dipendenti dell’impresa subappaltatrice, pena l’elusione dell’articolato sistema di tutela dei lavoratori previsto dal Codice.
Inoltre, stante l’obbligo dell’operatore economico concorrente di “corrispondere i costi della sicurezza e della manodopera, relativi alle prestazioni affidate in subappalto, alle imprese subappaltatrici senza alcun ribasso” (art. 119, comma 12), risulta inevitabile che l’operatore economico concorrente debba indicare in sede di offerta anche il costo della manodopera dell’impresa terza che eseguirà la prestazione. Diversamente la sua offerta mancherebbe di un elemento essenziale e la Stazione appaltante non sarebbe posta nelle condizioni di valutarne l’effettiva serietà.
In definitiva, alla luce del d.lgs. 36/2023, deve ritenersi che il concorrente debba in ogni caso indicare in sede di offerta i costi della manodopera relativi a tutte le prestazioni contrattuali, anche se oggetto di subappalto a terzi (cfr. TAR Venezia, 21.06.2024 n. 1559 e n. 1560).
Il provvedimento è illegittimo per non avere considerato che la somma di €. 241.636,55 non è stata ancora versata dalla-OMISSIS-, in ragione della pendenza del giudizio tributario, avente ad oggetto l’avviso di accertamento relativo all’anno 2008. Nello specifico, -OMISSIS-ha versato unicamente un terzo di quanto dovuto, in base al detto accertamento, in applicazione del chiaro disposto normativo di cui all’art. 15 d.P.R. 602/1973, secondo il quale “le imposte, i contributi ed i premi corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio ma non ancora definitivi, nonché i relativi interessi, sono iscritti a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica dell’atto di accertamento, per un terzo degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati”.
Per effetto di una siffatta disposizione, dunque, in pendenza di giudizio tributario, la somma esigibile dall’amministrazione finanziaria è unicamente quella corrispondente ad un terzo degli imponibili. Inoltre, non va obliterato che, in ragione dei contenziosi citati in narrativa, verosimilmente -OMISSIS-potrebbe trovarsi in posizione creditoria nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.
Ciò precisato, l’art. 95, comma 2, d.lgs. n. 36 del 2023 prevede che “la stazione appaltante esclude […] un operatore economico qualora ritenga che lo stesso ha commesso gravi violazioni non definitivamente accertate agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse o contributi previdenziali. Costituiscono gravi violazioni non definitivamente accertate in materia fiscale quelle indicate nell’allegato II.10”, tuttavia, continua la disposizione, “La gravità va in ogni caso valutata anche tenendo conto del valore dell’appalto” e ancora: “Il presente comma non si applica quando l’operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o sanzioni, oppure quando il debito tributario o previdenziale sia comunque integralmente estinto, purché l’estinzione, il pagamento o l’impegno si siano perfezionati anteriormente alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta, oppure nel caso in cui l’operatore economico abbia compensato il debito tributario con crediti certificati vantati nei confronti della pubblica amministrazione”.
Il testo normativo riguardante le ipotesi di esclusione non automatiche si caratterizza all’evidenza per un maggior favor, nei confronti dell’operatore economico concorrente, rispetto alle disposizioni del passato di analoga portata contenuta nei codici dei contratti pubblici (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) ora abrogati.
E, nella nuova disciplina in materia di contratti pubblici, guidano l’interpretazione delle norme e la qualificazione dei fatti rilevanti – ai sensi dell’art. 4 d.lgs. n. 36cit., secondo cui “Le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli articoli 1, 2 e 3” – i principi generali del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato.
Più specificamente, in modo sinergico, operano: i) il principio del risultato, ex art. 1 d.lgs. n. 36 cit., per il quale le stazioni appaltanti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza, quale criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto; ii) il principio della fiducia, ex art. 2 d.lgs. 36 cit., per il quale l’esercizio del potere, nel settore dei contratti pubblici, si fonda sul principio della reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione e degli operatori economici; iii) il principio dell’accesso al mercato, ex art. 3 d.lgs. n. 36 cit., per cui le stazioni appaltanti favoriscono l’accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei principi di concorrenza, di imparzialità, di non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità.
Sicura incidenza, nel rapporto giuridico amministrativo, ha l’art. 5 d.lgs. 36 cit., ossia il principio di buona fede, per il quale, reciprocamente, nella procedura di gara, le stazioni appaltanti e gli operatori economici si comportano nel rispetto dello stesso; ovverosia, come già esplicitato dall’art. 1, comma 2-bis, legge n. 241 del 1990, i rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede.
L’operare congiunto di consimili principi impone di approfondire la verifica dei requisiti generali di partecipazione all’appalto – che sono previsti essenzialmente per assicurare la partecipazione prima e, soprattutto, l’affidamento poi del contratto di appalto soltanto in favore di operatori economici solidi e affidabili (e, nella specie, in regola nei rapporti obbligatori fiscali e previdenziali) – in modo sostanzialistico e non più in modo formalistico; ciò che importa è verificare la sostanziale posizione di affidabilità e di capacità dell’operatore economico a soddisfare i requisiti generali e specifici e la capacità operativa nel realizzare l’opera o i lavori, la fornitura, o il servizio, a seconda dei casi. Tanto precisato, vero è che il d.lgs. n. 36 del 2023 non fa espresso richiamo alla disciplina dell’art. 15 d.P.R. n. 602 del 1973, ma tuttavia la disciplina di cui al d.P.R. n. 602 citato va ritenuta presupposta dalle norme di cui al d.lgs. n. 36 del 2023 e, comunque, deve darsi alle predette disposizioni una interpretazione sistematica e coerente che valorizzi i relativi precetti, alla luce dei principi generali come sopra richiamati. Difatti, l’art. 4, comma 1, dell’allegato II.10 al d.lgs. n. 36 del 2023 dispone che le violazioni gravi e non definitivamente accertate si considerano tali (e pertanto sono apprezzabili dalla stazione appaltante, ai fini della soltanto eventuale e motivata esclusione) “quando siano decorsi inutilmente i termini per adempiere all’obbligo di pagamento e l’atto impositivo o la cartella di pagamento siano stati tempestivamente impugnati”. Orbene, il pagamento di un terzo dell’imponibile, ai sensi dell’art. 15 d.P.R. n. 602 del 1973, rende l’ammontare residuo, accertato dall’amministrazione e sub iudice, non esigibile in concreto, de facto et de iure, dall’amministrazione finanziaria e, pertanto, non dovuto all’attualità; con la conseguenza che non può una tale ipotesi logicamente e giuridicamente rientrare nell’ambito delle “violazioni” (seppure non definitivamente accertate) delle obbligazioni tributarie, per di più da connotarsi con la qualificazione della “gravità”, al punto tale da poter determinare un giudizio motivato di esclusione dal procedimento di evidenza pubblica.
Diversamente opinando, l’art. 15 d.P.R. n. 602 del 1973 perderebbe la sua peculiare funzione. E – come già detto – per tale disposizione normativa, gli imponibili (accertati dall’ufficio, ma non ancora definitivi) “sono iscritti a titolo provvisorio nei ruoli”, dopo la notifica dell’atto di accertamento, “per un terzo degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati”.
4.3. Occorre premettere che l’art. 108, comma 9 del D.Lgs. 36/2023, rubricato “Criteri di aggiudicazione degli appalti di lavori, servizi e forniture” prescrive che “Nell’offerta economica l’operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale.”
L’art. 41, comma 14 del suddetto decreto prescrive poi che “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13.”
Infine, l’art. 48 del decreto dispone che “Ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si applicano, se non derogate dalla presente Parte, le disposizioni del codice.” E, dunque, sulla scorta dei citati indici normativi ritiene il collegio che non possa escludersi l’applicabilità (anche) agli affidamenti diretti della regola sancita all’art. 108, comma 9 sull’obbligatorietà dell’indicazione dei costi della manodopera a pena di esclusione del concorrente.
4.4. Ai fini del decidere occorre rammentare che il previgente art. 95, comma 10, D. Lgs. n. 50/2016, rubricato “Criteri di aggiudicazione dell’appalto”, prescriveva che “Nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all’articolo 97, comma 5, lettera d)”.
4.5. Dal confronto tra le due disposizioni e dalla circostanza che il legislatore del nuovo codice abbia espunto l’affidamento diretto (“ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a”) quale eccezione all’obbligo di indicare i costi della manodopera, deriva la fondatezza del primo motivo di ricorso con il quale, difatti, il ricorrente censura l’omessa esclusione della controinteressata -OMISSIS- per non aver indicato espressamente tali voci di costo.
5. Chiarita l’applicabilità anche agli affidamenti diretti della regola della obbligatorietà dell’indicazione separata dei costi della manodopera, è opportuno verificare se non sussistano nel caso di specie circostanze che consentano di deviare dalla suddetta regola generale, avente peraltro forza eterointegrativa rispetto a lex specialis di gara che eventualmente non la contemplino.
5.1. Val la pena rammentare che l’Adunanza Plenaria con le sentenze nn. 1, 2 e 3/2019, da un lato, ha aderito alla lettura formalistica dell’art. 95 co. 10 c.c.p., affermando che la “mancata indicazione da parte di un concorrente a una pubblica gara di appalto dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza dei lavoratori comporta comunque l’esclusione dalla gara senza che il concorrente stesso possa essere ammesso in un secondo momento al beneficio del c.d. ‘soccorso istruttorio’, pur nelle ipotesi in cui la sussistenza di tale obbligo dichiarativo derivi da disposizioni sufficientemente chiare e conoscibili e indipendentemente dal fatto che il bando di gara non richiami in modo espresso il richiamato obbligo legale di puntuale indicazione” e, dall’altro, ha rimesso la questione della compatibilità comunitaria della norma così interpretata alla Corte di Giustizia.
5.2. La Corte di Giustizia con la sentenza 2 maggio 2019, C-309/18, ha ritenuto gli artt. 95, comma 10, ed 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016, in linea di principio compatibili con la direttiva n. 2014/24/UE, salva tuttavia la situazione – che spetta al Giudice nazionale verificare – in cui sussista una “materiale impossibilità”, per l’offerente, di indicare separatamente quei costi.
5.3. La giurisprudenza ha altresì precisato che la portata escludente dell’inosservanza dell’obbligo di indicare nell’offerta “i propri costi della manodopera”, secondo quanto prescritto dall’art. 95, comma 10, D. Lgs. n. 50/2016, non trova applicazione allorché in base alla documentazione di gara non sia possibile provvedere a tale indicazione.
5.4. Ad avviso della giurisprudenza l’indicata materiale impossibilità tuttavia non sussiste laddove l’enunciazione dell’obbligo manchi nel corpo della lex specialis, tenuto conto dell’attitudine eterointegrativa della prescrizione normativa dell’art. 95, comma 10, che deve senz’altro considerarsi, anche alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale, ben nota ad ogni serio ed informato operatore economico.
5.5. E’ stato ancora precisato che l’eventuale non editabilità dei moduli dichiarativi predisposti dalla stazione appaltante privi dello spazio per l’indicazione in questione, non è di per sé preclusiva, sul piano della materiale elaborazione scritturale dei termini dell’offerta, dell’integrazione ad opera dell’offerente (Consiglio di Stato, Sez. V, 8 aprile 2021, n. 2839; Corte di Giustizia, 2 maggio 2019, cit.; Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 2 aprile 2020, nn. 7, 8).
5.6. Ciò chiarito, dalle emergenze documentali risulta in primo luogo che la stazione appaltante abbia dato vita ad una procedura di selezione mediante confronto tra più offerte, ragione per la quale va respinta la premessa difensiva dell’amministrazione resistente incentrata sulla natura temporanea dell’affidamento “nelle more della definizione di procedure di maggiore ampiezza e durata” atteso che, avendo comunque posto in essere un affidamento diretto di un servizio – mediante confronto tra preventivi – destinato ad essere remunerato con risorse pubbliche, si è realizzata pur sempre una competizione tra operatori economici a carattere selettivo.
5.7. In secondo luogo non risulta che l’offerta economica della prima graduata contenga il dettaglio dei costi inerenti alla manodopera né, sul piano materiale, sono ravvisabili limiti di indicazione nei moduli dichiarativi, come comprova la circostanza che l’offerta della controinteressata indica espressamente gli oneri per la sicurezza e che la ricorrente, a differenza della controinteressata, ha correttamente integrato il modulo con l’indicazione di entrambe le citate voci di costo.
5.8. Alla luce delle esposte considerazioni, non possono ritenersi persuasive le controdeduzioni riferite, da un lato, alla non applicabilità della prescrizione sull’obbligatorietà dell’indicazione dei costi della manodopera al caso all’esame e, dall’altro, alla circostanza che l’operatore non abbia perseguito la strada della richiesta di chiarimenti per superare la criticità palesata ma abbia impugnato il provvedimento solo dopo l’aggiudicazione e la stipula del contratto atteso che è nella facoltà della ricorrente scegliere la condotta stragiudiziale (richiesta di autotutela a seguito dell’aggiudicazione) e giudiziale (ricorso giurisdizionale in caso di diniego di autotutela) per esercitare il proprio diritto di difesa.
Venendo poi al merito della questione, per quanto riguarda i costi della manodopera, va in primo luogo rilevato che essi non sono in assoluto insuscettibili di ribasso e che pertanto non doveva essere esclusa la controinteressata per aver indicato, nella propria offerta economica, un costo della manodopera di appena 330.000,00, inferiore di oltre 200.000 Euro rispetto al costo indicato dalla Stazione appaltante e non ribassabile”.
Infatti, l’articolo 108, comma 9, del d.lgs. n. 36 del 2023, che prescrive al concorrente di indicare nell’offerta economica, a pena di esclusione, i costi della manodopera, oltre agli oneri di sicurezza aziendali va interpretato insieme all’art. 41, comma 14, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, prevede che “nei contratti di lavoro e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato a ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”. Come condivisibilmente affermato dal TAR Toscana (sent. 120/2024), “Se ne deduce che i costi della manodopera sono assoggettabili a ribasso, come è del resto precisato dall’ultimo periodo del comma 14, dell’art. 41 citato, secondo cui: “Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”. Se, infatti, il legislatore avesse voluto considerare tali costi fissi e invariabili, non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né avrebbe avuto senso includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta. Inoltre, la tesi sostenuta dal ricorrente, dell’inderogabilità assoluta dei costi della manodopera individuati dalla stazione appaltante, determinerebbe un’eccessiva compressione della libertà d’impresa, in quanto l’operatore economico potrebbe dimostrare ad esempio che il ribasso è correlato a soluzioni innovative e più efficienti, oppure, soprattutto in ipotesi di appalto di servizi, come quello di cui si discute, alla sua appartenenza ad un comparto, per il quale viene applicato un CCNL diverso da quello assunto come riferimento dalla stazione appaltante.
A conferma di quanto sin qui esposto, il Consiglio di Stato, sez. V, 9 giugno 2023, n. 5665, con riferimento al previgente Codice dei contratti, ha osservato che “la clausola della lex specialis che imponga il divieto di ribasso sui costi di manodopera, sarebbe in flagrante contrasto con l’art. 97, comma 6 d.lgs. n. 50/2016 e, più in generale, con il principio di libera concorrenza nell’affidamento delle commesse pubbliche”, e richiamando, quale supporto interpretativo l’art. 41 comma 14 del d.lgs. 36 del 2023, ha osservato che: “persino nel “nuovo Codice”, che in applicazione di un preciso criterio di delega di cui all’art. 1 comma 2 lett. t) della L. 78/2022, ha previsto “in ogni caso che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso” è stata fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che un ribasso che coinvolga il costo della manodopera sia derivante da una più efficiente organizzazione aziendale così armonizzando il criterio di delega con l’art. 41 della Costituzione”.
Il Collegio ritiene di condividere pienamente tali argomentazioni. Pertanto, il profilo di doglianza concernente la violazione del divieto di ribasso dei costi di manodopera deve essere respinto.
Quanto alla censura relativa alla mancata giustificazione dei ribassi dei costi della manodopera va rilevato che la controinteressata ha nelle sue giustificazioni rappresentato di potersi giovare di economie di scala, in quanto, come si legge nella relazione giustificativa del costo della manodopera: “ Oggi, la -OMISSIS- catering gode di un’organizzazione aziendale tale da consentire la gestione di un’utenza ben oltre l’appalto per cui si scrive, e tale da consentire la redistribuzione dell’incidenza dei costi del singolo appalto su più ampia scala. Difatti, l’azienda attualmente ha un team, supportato da idonee attrezzature, capace di produrre fino a 5.000 pasti per ciclo produttivo, così come dichiarato anche in fase di gara. Preso atto che attualmente la ditta scrivente è impegnata nella produzione di circa 1.500 pasti giornalieri, dispone di tutte le attrezzature e le risorse per poter soddisfare ampiamente un incremento di circa 600 pasti giornalieri.”
Come già recentemente affermato da questa Sezione (T.A.R. Napoli, sez. II, 26/02/2024, n.1270, la giurisprudenza prevalente ritiene legittimo per l’operatore economico avvalersi di economie di scala, osservando, tuttavia, che l’esistenza dei relativi presupposti deve essere fatto oggetto di rigorosa e puntuale dimostrazione, e non di semplice allegazione: “L’operatore economico può sempre, mediante l’organizzazione d’impresa, realizzare economia di scala che rendono il costo del lavoro offerto inferiore a quello di altro operatore pur a parità di ore lavorate. Il costo del lavoro, ove non risulti inferiore ai minimi retributivi tabellari, non può essere indicativo d’inattendibilità dell’offerta. Una organizzazione aziendale di rilevante entità è in grado di far fronte alle richieste della Stazione appaltante servendosi anche di lavoratori impiegati nella esecuzione di altre commesse” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 13 marzo 2020, n. 1818); “Va dichiarata anomala l’offerta del concorrente che presenti talune voci non giustificate e un utile esiguo, atteso che le economie di scala di cui l’operatore può godere, perché parte di un più ampio consorzio di imprese, vanno dimostrati e non semplicemente allegati” (cfr. T.A.R. Brescia, (Lombardia) sez. I, 10/05/2021, n. 417).
2.1. Tali motivi si basano sull’assunto secondo cui il maggior costo della manodopera indicato da -OMISSIS- andrebbe a costituire un rialzo complessivo della base d’asta e non andrebbe invece ad imputarsi a carico di -OMISSIS-.
Tale prospettazione non può però essere condivisa. L’offerta complessiva di -OMISSIS- è infatti inferiore alla base d’asta, come risulta inequivocabilmente dalla sua offerta economica complessiva, ove viene indicato “Importo totale offerto al netto dell’IVA: Euro 1.607.775,00”, che è inferiore all’importo a base d’asta di € 1.657.500,00.
Invero, come chiarito da -OMISSIS- già in sede di gara in seguito alla sua esclusione, per determinare l’importo complessivo offerto occorreva sommare l’importo fisso, relativo al costo della manodopera stabilito dalla stazione appaltante, con la componente variabile, soggetta a ribasso. Ebbene, sommando i costi della manodopera stimati dalla Stazione appaltante (€ 764.337,00) – che necessariamente dovevano essere indicati nel modello di offerta economica – con l’importo ribassato offerto da -OMISSIS- per il servizio refezione scolastica (€ 842.137,50) si giunge, tenendo conto anche degli per la sicurezza da interferenze (€ 1.300,50), all’importo di € 1.607.775, inferiore all’importo a base d’asta (€ 1.657.500).
In particolare, il modulo precompilato dalla stazione appaltante relativo all’offerta economica riportava come immodificabile il valore del costo della manodopera indicato dalla stazione appaltante in euro 764.337,00.
Pertanto, -OMISSIS- era obbligata a tale indicazione e, volendo e dovendo tuttavia dichiarare i propri effettivi costi della manodopera necessari per l’esecuzione del servizio oggetto dell’appalto, si è servita della separata ed apposita dichiarazione (prevista dalla legge di gara e dall’art. 108, comma 9, del d.lgs. n. 36 del 2023), restando tuttavia logicamente sottinteso che tali maggiori costi (rispetto a quelli fissati dalla stazione appaltante) non andavano ad alterare il prezzo complessivo offerto, dovendo essere imputati all’importo variabile della propria offerta ed andando a gravare sull’utile ritraibile.
Peraltro, lo stesso ricorrente ammette che non si possa dubitare sul fatto che le imprese partecipanti fossero libere di offrire maggiori costi della manodopera rispetto a quelli quantificati dalla stazione appaltante, restando infatti salva la facoltà delle concorrenti di indicare un costo del lavoro diverso rispetto a quello stimato dalla stazione appaltante, e ciò non soltanto in ribasso (ex art. 41, comma 14, del d.lgs. n. 36 del 2023) ma anche in aumento, come appunto fatto da Sodexo in base all’art. 108, comma 9, del d.lgs. citato. A tal riguardo, la Commissione di gara ha correttamente interpretato le disposizioni sopra citate e quelle della lex specialis di gara assegnando a ciascuna dichiarazione della Sodexo la funzione che gli era propria (dichiarazione del prezzo complessivo offerto – dichiarazione del costo della manodopera), come si evince nel verbale del 26 ottobre 2023, nel quale la prima ha ritenuto infatti che “i maggiori costi della manodopera concretamente sostenuti da -OMISSIS- ed indicati nella dichiarazione ex art. 108, co. 9 del d.lgs. 37/2023 siano stati computati dalla concorrente nell’ambito dell’importo complessivo offerto, che, come risulta dal modello dell’offerta economica, è pari ad euro 1.607.775,00; correlativamente, l’indicazione di tali maggiori costi della manodopera non integra alcuna causa di esclusione, ma costituisce un elemento suscettibile di incidere sulla remuneratività dell’offerta, andando ad abbattere l’utile ritraibile dall’importo offerto, essendo, di conseguenza, opportuno il controllo di anomalia dell’offerta”.
Quesito: A norma del comma 14 dell’art. 41 del D.Lgs. 36/2023, “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”. Il nuovo Codice, quindi, letteralmente, esclude dall’assoggettabilità a ribasso non più solo i costi della sicurezza, ma anche i costi della manodopera. Ciò posto, alla luce del riscontro al Quesito Cod. 2154 del 19.07.2023 di Codesto Servizio di Supporto Giuridico e, per ultimo, della Delibera ANAC N. 528 DEL 15.11.2023 contenente l’interpretazione “sistematica e costituzionalmente orientata” dell’Autorità, come deve procedere una Stazione Appaltante in fase di determinazione dell’importo soggetto a ribasso nelle nuove procedure di gara da indire? In particolare: I costi della manodopera devono essere inclusi nell’importo soggetto a ribasso? O devono essere comunque esclusi, a norma della previsione del Codice?
Risposta aggiornata: L’importo assoggettato a ribasso comprende i costi della manodopera, ma la stazione appaltante è tenuta a indicare, come parametro, quanti sono questi costi. Es: importo a base di gara euro 100, di cui manodopera 30 (nel presente esempio si prescinde da IVA e costi/oneri sicurezza, riferendosi solo ai costi della manodopera a fini esemplificativi). Il concorrente dovrà formulare un “ribasso complessivo” a norma dell’art. 41, c. 14 del Codice dei contratti pubblici, ma a sua volta, dovrà indicare, come proprio costo, i costi della manodopera. Es: ribasso del 10% (quindi richiesti euro 90), di cui manodopera 20. La stazione appaltante, prima dell’aggiudicazione, dovrà confrontare i costi parametrici dalla stessa indicati (30) e i costi del concorrente (20). Ove i costi parametrici siano superiori a quelli indicati dal concorrente (come nell’esempio qui fornito), lo stesso concorrete dovrà essere chiamato a giustificare gli stessi. Se i giustificativi saranno accolti, vi sarà aggiudicazione. In sede di esecuzione si pagherà quanto offerto dal concorrente (90 euro di cui 20 manodopera). (Parere MIT n. 2505/2024)
Quesito: Visto il comma 14 dell’art. 41 del D.Lgs 36/2023 secondo cui: “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera, secondo quanto previsto dal comma 13″, si chiede se la previsione è limitata alle procedure di gara in senso stretto (aperte, ristrette e negoziate) e quindi siano esclusi gli affidamenti diretti di cui all’art 50 comma 1 lett a) e b) del codice dei contratti. Per cui l’offerente è tenuto ad indicare i propri costi della manodopera ai sensi dell’art 108 comma 9 (l’esclusione riguarda solo forniture senza posa in opera e servizi intellettuali), ma senza una preventiva stima da parte della Stazione Appaltante all’interno della richiesta di offerta per affidamento diretto.
Risposta aggiornata: Relativamente al tema posto si richiama l’art. 48 del nuovo codice ed in particolare il comma 4 dello stesso, secondo cui “ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si applicano, se non derogate dalla presente Parte, le disposizioni del codice”. Pertanto l’art. 41 comma 14 trova applicazione anche negli affidamenti diretti in quanto la norma esprime un principio generale – quale la tutela dei lavoratori – che deve essere comunque rispettato. Ciò posto, è necessario che siano previste modalità idonee che tengano conto del fatto che negli affidamenti diretti non viene effettuata una procedura di gara. (Parere MIT n. 2398/2024)
Quesito: visto il comma 14 dell’art. 41 del D.Lgs 36/2023 secondo cui: “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera, secondo quanto previsto dal comma 13″, si chiede se la previsione è limitata alle procedure di gara in senso stretto (aperte, ristrette e negoziate) e quindi siano esclusi gli affidamenti diretti di cui all’art 50 comma 1 lett a) e b) del codice dei contratti. Per cui l’offerente è tenuto ad indicare i propri costi della manodopera ai sensi dell’art 108 comma 9 (l’esclusione riguarda solo forniture senza posa in opera e servizi intellettuali), ma senza una preventiva stima da parte della Stazione Appaltante all’interno della richiesta di offerta per affidamento diretto.
Risposta aggiornata: relativamente al tema posto si richiama l’art. 48 del nuovo codice ed in particolare il comma 4 dello stesso, secondo cui “ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si applicano, se non derogate dalla presente Parte, le disposizioni del codice”. Pertanto l’art. 41 comma 14 trova applicazione anche negli affidamenti diretti in quanto la norma esprime un principio generale – quale la tutela dei lavoratori – che deve essere comunque rispettato. Ciò posto, è necessario che siano previste modalità idonee che tengano conto del fatto che negli affidamenti diretti non viene effettuata una procedura di gara. (Parere MIT n. 2398/2024)
Quesito: l’art. 41 comma 14 stabilisce che “14. Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”. Il riferimento alla “documentazione di gara” deve essere interpretata nel senso che l’obbligo per la Stazione Appaltante di indicare i costi della manodopera è escluso per gli affidamenti diretti, posto che non presuppongono una gara? O è generica e ricomprende tutte le procedure di affidamento?
Risposta aggiornata: relativamente al tema posto si richiama l’art. 48 del nuovo codice ed in particolare il comma 4 dello stesso, secondo cui “ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si applicano, se non derogate dalla presente Parte, le disposizioni del codice”. Pertanto l’art. 41 comma 14 trova applicazione anche negli affidamenti diretti in quanto la norma esprime un principio generale – quale la tutela dei lavoratori – che deve essere comunque rispettato. Ciò posto, è necessario che siano previste modalità idonee che tengano conto del fatto che negli affidamenti diretti non viene effettuata una procedura di gara. (Parere MIT n. 2348/2024)
Quesito: alla luce di quanto previsto dall’art. 48 comma 4 del D.lgs. n. 50/2016, nel caso di affidamento diretto previa consultazione di più operatori economici, è necessario che nella “richiesta di preventivo” la stazione appaltante individui il CCNL applicabile? Devono essere altresì indicati i costi della manodopera? L’operatore economico deve indicare nell’offerta-preventivo i costi della manodopera? Qualora tali costi fossero inferiori a quelli stimati dalla S.A. , si dovrà sottoporre l’offerta a verifica di anomalia? Trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 11 commi 3 e 4 del Codice ?
Risposta aggiornata: in base all’art. 48, co. 4, d.lgs. 36/2023 “ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si applicano, se non derogate dalla presente Parte, le disposizioni del codice”. Da tale disposizione consegue la regola secondo cui ai contratti sotto-soglia europea si applicano, in primis, le regole semplificatorie previste dagli artt. 48 – 55 d.lgs. 36/2023 e, per le sole parti ivi non regolate, la disciplina ordinaria (prevista per gli appalti sopra-soglia) del Codice dei contratti pubblici.
Venendo all’esame del primo quesito, l’articolo 11 del d.lgs. 36/2023 introduce il c.d. principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore, i quali devono essere indicati dalla stazione appaltante o dall’ente concedente nel bando di gara o negli inviti (cfr. art. 11, co. 2, d.lgs. 36/2023), seppur con facoltà per l’operatore economico di indicare, nella propria offerta, un differente CCNL che garantisca l’equivalenza delle tutele ai lavoratori dipendenti (art. 11, co. 3, d.lgs. 36/2023). Invero, come è dato leggersi nella Relazione Illustrativa, p. 27, si “prevede come previsione generale l’obbligo di applicare il contratto collettivo nazionale di lavoro in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni oggetto del contratto”. Tanto premesso, il principio in esame non può non trovare applicazione anche negli affidamenti diretti, seppur con la precisazione secondo cui – visto il co. 2 del citato art. 11 d.lgs. 36/2023 – la mancanza di un bando o di invito di gara sembra produrre una apparente disapplicazione del comma citato per l’affidamento diretto. Tuttavia, visto il principio del risultato di cui all’art. 1 del d.lgs. 36/2023, la stazione appaltante potrà indicare il CCNL, ex art. 11 del d.lgs. 36/2023, per vie informali, p.e. nel momento in cui procede alla richiesta di preventivo all’operatore economico.
La risposta al secondo e terzo quesito è positiva.
L’art. 41 comma 14 trova applicazione anche negli affidamenti diretti in quanto la norma esprime un principio generale – quale la tutela dei lavoratori – che deve essere comunque rispettato. Ciò posto, è necessario che siano previste modalità idonee che tengano conto del fatto che negli affidamenti diretti non viene effettuata una procedura di gara.
La risposta al quarto quesito è negativa. Invero, la disciplina della esclusione automatica delle offerte anomale di cui all’art. 54 del Codice non si applica agli affidamenti diretti (art. 54, comma 1, secondo periodo D.lgs. 36/2023). Pertanto, si applica la regola generale in base alla quale “in ogni caso le stazioni appaltanti possono valutare la congruità di ogni altra offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa” (art. 54, comma 1, terzo periodo, D.lgs. 36/2023).
La risposta all’ultimo quesito è positiva per le argomentazioni sopra svolte in ordine al primo quesito. (Parere MIT n. 2346/2024)
Sentenze appalti pubblici e giurisprudenza TAR, Consiglio di Stato e Corte Giustizia UE. Informazione professionale e divulgazione scientifica in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Novità legislative. Linee Guida, Bandi tipo e comunicati ANAC. Supporto specialistico gare e consulenza appalti, piattaforma gare telematiche, project financing, rating di legalità. Quesiti a "risposta rapida". Formazione e training on the job, seminari, corsi, webinar in house.
Utilizziamo i cookies per migliorare la tua navigazione. Continuando, accetti tale utilizzo. Maggiori dettagli.AccettaPolicy
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these cookies, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are as essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may have an effect on your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.