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Qualificazione Stazione Appaltante : è possibile stipulare convenzioni con più centrali di committenza, soggetti aggregatori e stazioni uniche appaltanti ?

Quesito: Può un Comune, non capoluogo di Provincia, stipulare più convenzioni con centrali di committenza, soggetti aggregatori qualificati e stazioni uniche appaltanti? Nel caso pratico, può un Comune che ha già una convenzione in essere stipulata con una SUA (Stazione Unica Appaltante), stipulare anche un’altra convenzione con un’altra centrale di committenza o un’altra SUA? La condizione si pone oggi per l’ente per motivazioni soprattutto legate all’attuazione dei finanziamenti PNRR. Nello specifico, con riferimento all’art. 52 comma 1 lett. a) del D.L. 77/2021, i comuni non capoluogo di provincia per procedere all’acquisizione di lavori, servizi e forniture per procedure inerenti opere finanziate con il PNRR e PNC hanno l’obbligo di ricorrere alle forme di aggregazione previste dall’art. 37 comma 4 del Codice dei Contratti. Considerato le diverse opere finanziate e le scadenze imposte dal PNRR sarebbe utile per il Comune avere più possibilità per l’espletamento delle gare con diversi soggetti e quindi stipulare più convenzioni, tipo due o tre con i soggetti di cui al comma 4 dell’art. 37?

Risposta: In merito al quesito posto si rileva che l’art 37 comma 4 non preclude al comune non capoluogo di provincia di rivolgersi esclusivamente ad una centrale di committenza per l’approvvigionamento dei propri beni e servizi. Pertanto nulla osta a che un’amministrazioni in base ai propri fabbisogni ed ambiti di intervento possa aderire e convenzionarsi con diverse centrali di committenza purché nei singoli atti convenzionali venga indicato l’oggetto e l’ambito di intervento della centrale di committenza. (Parere MIMS n. 1695/2022)

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    PNRR : divieto per soggetti non qualificati come centrali di committenza o non iscritti al registro società in house

    Per l’acquisizione di forniture, servizi e lavori, nell’ambito del Pnrr e del Piano degli investimenti complementari (Pnc), gli enti locali non possono avvalersi di soggetti che non siano qualificati né come centrali di committenza né come soggetti aggregatori. Non è possibile nemmeno servirsi di soggetti che non risultino iscritti all’elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house. Lo chiarisce un comunicato del presidente Anac approvato l’1 febbraio 2023 in seguito a numerose segnalazioni sui servizi espletati in favore degli enti locali nell’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) da soggetti che non sono centrali di committenza né sono iscritti al registro delle società in house gestito dall’Anac.

    L’Autorità ricorda infatti che il decreto governance Pnrr n. 77 del 31 maggio 2021 ha disposto la sospensione dell’obbligo di aggregazione solo per le procedure che non riguardano gli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse del PNRR/PNC. Quindi a un soggetto non qualificabile come centrale di committenza è precluso lo svolgimento di attività di centralizzazione delle committenze ossia: l’acquisizione di forniture o servizi destinati a stazioni appaltanti; l’aggiudicazione di appalti o la conclusione di accordi quadro per lavori, forniture o servizi destinati a stazioni appaltanti.

    Un operatore economico privato può offrire attività di committenza ausiliaria (come ad esempio, consulenze sullo svolgimento o sulla progettazione delle procedure di appalto, messa a disposizione di infrastrutture tecniche) ma nel rispetto dei princìpi previsti dal codice appalti per gli affidamenti diretti, nel rispetto del divieto di frazionamento artificioso degli appalti oltre che al rispetto del principio di rotazione. Anac avverte che, ad esempio, risultano elusivi della disciplina ripetuti affidamenti nei confronti dello stesso soggetto e per lo stesso servizio da parte della stessa stazione appaltante, in relazione a un orizzonte temporale breve. Nell’ipotesi, quindi, in cui non sia possibile procedere all’accorpamento degli affidamenti, dovrà essere applicato il principio di rotazione.

    Le stesse considerazioni valgono se si intendano affidare attività di supporto dei RUP: anche in questo caso gli affidamenti devono avvenire nel rispetto della disciplina del Codice. Infine, non è possibile, da parte degli enti locali, ricorrere a soggetti privi dei requisiti necessari per la qualificazione quale società in house, ai fini del supporto tecnico – operativo per il Pnrr. Quanto alla clausola che impone all’aggiudicatario il pagamento del corrispettivo dovuto dalla stazione appaltante per i servizi di committenza e le altre prestazioni correlate allo svolgimento di gara, le stazioni appaltanti sono invitate a non prevedere nella documentazione di gara clausole che impongono ai concorrenti di assumere l’obbligo di pagare, in caso di aggiudicazione, direttamente al prestatore del servizio, il corrispettivo per il supporto che quest’ultimo ha assicurato alla stazione appaltante.

    fonte: sito ANAC

    Appalti PNRR – Comuni non capoluogo di Provincia – Obbligo di ricorrere a Centrale di committenza, Stazione unica appaltante o strutture simili

    TAR Milano, 23.01.2023 n. 212

    Dal suesposto quadro normativo – in particolare dall’art. 52, comma 1.2, del decreto legge n. 77 del 2021, convertito con legge n. 108 del 2021 – emerge che per gli appalti superiori alle soglie di cui all’art. 37, commi 1 e 2, del D. Lgs. n. 50 del 2016 – come è per l’appalto oggetto del presente giudizio, avente un valore pari a € 179.161,95 – banditi da Comuni non capoluogo di Provincia, al cui novero appartiene anche il Comune di -OMISSIS-, è necessario ricorrere a una centrale di committenza, a una stazione unica appaltante, o a strutture simili, non potendo tali Enti procedere in autonomia alla celebrazione della gara. Tale regime deve applicarsi ai Comuni beneficiari che hanno avviato procedure di affidamento successivamente alla data di pubblicazione in G.U. del Decreto Ministeriale del 24 settembre 2021 (cfr. il citato Comunicato ministeriale del 17 dicembre 2021).
    Ne discende che le gare indette dal Comune di -OMISSIS- in data 26 luglio e 19 agosto 2022 sono state avviate allorquando non risultava più possibile per il predetto Comune bandire in autonomia le richiamate procedure, essendo cogente l’obbligo di rivolgersi a una Centrale di committenza o a un soggetto idoneo, secondo la normativa in precedenza indicata.
    Alla luce delle suesposte premesse risulta corretta la determinazione del Comune di -OMISSIS- di annullare in autotutela le procedure bandite in proprio, essendo le stesse palesemente illegittime per contrasto con norme di legge e comportando il rischio della perdita dei finanziamenti (cfr. all. 14 e 15 del Comune, che si riferiscono ai controlli della Corte dei conti sulla procedura in oggetto; sulla legittimità della revoca di una precedente gara di appalto al fine di rinnovare la procedura per fruire dei fondi P.N.R.R., cfr. T.A.R. Campania, Napoli, I, 1° dicembre 2022, n. 7512).
    L’intervento in autotutela ha peraltro avuto a oggetto delle procedure concorsuali non ancora aggiudicate in via definitiva, con la conseguenza che nessuna posizione di affidamento qualificato sussisteva in capo alla parte ricorrente e nessun obbligo di comunicare l’avvio del procedimento di annullamento incombeva sull’Amministrazione procedente (cfr. Consiglio di Stato, V, 11 gennaio 2022, n. 202; T.A.R. Calabria, Catanzaro, I, 25 maggio 2021, n. 1085; T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, I, 21 settembre 2020, n. 320; T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 30 luglio 2018, n. 1868). Infatti, “nelle gare pubbliche, la decisione della Pubblica amministrazione di procedere alla revoca [o all’annullamento] dell’aggiudicazione provvisoria non è da classificare come attività di secondo grado (diversamente dal ritiro dell’aggiudicazione definitiva), atteso che, nei confronti di tale determinazione, l’aggiudicatario provvisorio vanta solo un’aspettativa non qualificata o di mero fatto alla conclusione del procedimento: pertanto, l’assenza di una posizione di affidamento in capo all’aggiudicatario provvisorio, meritevole di tutela qualificata, attenua l’onere motivazionale facente carico alla Pubblica amministrazione, in occasione del ritiro dell’aggiudicazione provvisoria, anche con riferimento alla indicazione dell’interesse pubblico giustificativo dell’atto di ritiro” (Consiglio di Stato, III, 6 agosto 2019, n. 5597; anche, V, 11 ottobre 2018, n. 5863; T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 7 marzo 2022, n. 529; T.A.R. Lazio, Roma, III quater, 11 marzo 2020, n. 3142). Del resto, la procedura di gara si conclude solo con l’aggiudicazione definitiva e, pur restando ancora salva la facoltà per la Stazione appaltante di manifestare il proprio ripensamento – in questo caso secondo le forme proprie dell’autotutela decisoria – per contro, prima di questo momento, l’Amministrazione resta libera di intervenire sugli atti di gara con manifestazioni di volontà di segno opposto a quello precedentemente espresso senza dovere sottostare a dette forme (cfr. Consiglio di Stato, V, 4 gennaio 2019, n. 107). Ad abundantiam, va altresì rilevato che sussiste per l’Amministrazione la possibilità di intervenire in autotutela perfino dopo l’aggiudicazione della gara e la stipulazione del contratto (cfr. Consiglio di Stato, V, 27 gennaio 2022 n. 590).

    ANAC : simulatore di punteggio per la qualificazione delle Stazioni Appaltanti

    Simulatore per il calcolo del punteggio per la qualificazione delle stazioni appaltanti 

    (Aggiornamento del 31.10.2022) L’ ANAC ha messo a disposizione un file specifico per la categoria di appalti di servizi e forniture, in calce al presente articolo. In questo modo le stazioni appaltanti potranno effettuare una autovalutazione per tutte le tipologie contrattuali previste nelle Linee Guida Anac di settembre 2022 ( Delibera n. 441 del 28 settembre 2022 – Linee guida qualificazione stazioni appaltanti e centrali di committenza ).

    Quale è il punteggio di ciascuna stazione appaltante? Il tuo comune avrà i punti necessari a qualificarsi per lavori di importo superiore alla soglia comunitaria? O potrà fare appalti solo di più modesta entità?
    A due settimane dalla pubblicazione delle Linee guida che individuano i requisiti necessari per la qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza, l’Autorità Nazionale Anticorruzione mette a disposizione delle amministrazioni un file di simulazione dei punteggi ottenibili.

    Ciascuna stazione appaltante, attraverso l’inserimento dei propri dati nei riquadri in verde del programma, potrà auto-valutarsi sia con riferimento al singolo requisito sia complessivamente. Per ora il simulatore riguarda i lavori. Prossimamente sarà reso disponibile un file analogo per la simulazione della qualificazione di servizi e forniture.
    Una volta calcolato il punteggio, la stazione appaltante può verificare in quale livello di qualificazione rientra.

    Nelle Linee guida Anac ne ha individuati tre: 30 punti a regime per qualificarsi per i lavori inferiori a un milione di euro (livello L3), 40 punti per importi superiori a un milione di euro e inferiori alla soglia di rilevanza comunitaria (livello L2), 50 punti per importi pari o superiori alle soglie di rilevanza comunitaria (livello L1).

    Per i primi due anni, sono previsti degli “sconti”, la qualificazione cioè può essere ottenuta anche con un punteggio inferiore di 10 punti per il livello 3 e di 5 punti per gli altri due livelli; per il secondo anno inferiore di 5 punti per il livello 3 e di 2 per gli altri due livelli.
    Per la segnalazione di eventuali bug del programma di simulazione è possibile inviare una mail all’indirizzo di posta elettronica: uesa@anticorruzione.it

    PNRR : indicazioni Ministero dell’ Interno per gestione, monitoraggio, controllo, rendicontazione delle misure

    Circolare Ministero dell’ Interno n. 9 del 24.01.2022

    Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – Indicazioni sul rispetto degli obblighi euro unitari e di ogni altra disposizione impartita in attuazione del PNRR per la gestione, monitoraggio, controllo e rendicontazione delle misure.

    (estratto)

    Gli Enti locali, in qualità di soggetti beneficiari delle risorse nonché attuatori dei relativi progetti, di cui alle citate linee di finanziamento, sono tenuti al rispetto di ogni disposizione impartita in attuazione del PNRR per la gestione. monitoraggio. controllo e rendicontazione delle misure, ivi inclusi, a titolo esemplificativo e non esaustivo:
    1. Gli obblighi in materia di trasparenza amministrativa ex D.lgs. 25 maggio 2016, n. 97 e gli obblighi in materia di comunicazione e informazione previsti dall’art. 34 del Regolamento (UE) 2021/241, mediante l’inserimento dell’esplicita dichiarazione “finanziato dall’Unione europea – NextGenerationEU” all’interno della documentazione progettuale nonché la valorizzazione dell’emblema dell’Unione europea;
    2. l’obbligo del rispetto dei principi del Tagging clima e digitale, della parità di genere (Gender Equality), della protezione e valorizzazione dei giovani e del supera mento dei divari territoriali;
    3. Gli obblighi in materia contabile, quali l’adozione di adeguate misure volte al rispetto del principio di sana gestione finanziaria secondo quanto disciplinato nel Regolamento finanziario (UE, EURATOM) 2018/1046 e nell’art. 22 del Regolamento (UE) 2021/241, in particolare in materia di prevenzione dei conflitti di interessi, delle frodi, della corruzione e di recupero e restituzione dei fondi che sono stati indebitamente assegnati, attraverso l’adozione di un sistema di codificazione contabile adeguata e informatizzata per tutte le transazioni relative al progetto per assicurare la tracciabilità dell’utilizzo delle risorse del PNRR;
    4. l’obbligo di comprovare il conseguimento dei target e dei milestone associati agli interventi con la produzione e l’imputazione nel sistema informatico della documentazione probatoria pertinente;
    5. l’obbligo del rispetto del principio di non arrecare un danno significativo all’ambiente (DNSH, “Do no significant harm”) disposto dall’articolo 17 del Regolamento (UE) 2020/852.
    […]
    Si fa presente, inoltre, che a seguito del passaggio delle risorse sopra rappresentate al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, i Comuni beneficiari che hanno awiato le procedure di affidamento successivamente alla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Ministeriale del 06 agosto 2021 (avvenuta, come detto, il 24 settembre 2021) sono tenuti al rispetto della normativa in tema di appalti pubblici disciplinata dal Decreto Legge n. 77/2021, derogatoria del D. Lgs. n. 50/2016.
    Tra le altre, particolare importanza riveste l’art. 52, comma 1.2, del D.L. n. 77/2021, convertito dalla legge n. 108/2021, che, nell’ottica di favorire l’accentramento delle procedure di gara, ha disposto che “nelle more di una disciplina diretta ad assicurare la riduzione, il rafforzamento e la qualificazione delle stazioni appaltanti, per le procedure afferenti alle opere PNRR e PNC, i comuni non capoluogo di provincia procedono all’acquisizione di forniture, servizi e lavori, oltre che secondo le modalità indicate dal citato articolo 37, comma 4, attraverso le unioni di comuni, le province, le città metropolitane e i comuni capoluogo di provincia“.
    Per le procedure afferenti alle opere a valere sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, viene, dunque, prevista la sospensione degli obblighi di aggregazione di cui al co. 4 art. 37, che era stata prevista dall’art. 1, comma 1, lett. a) del D.L. n 32/2019, ed inserita la possibilità di procedere all’acquisizione di forniture servizi e lavori, oltre che con le modalità già previste dall’articolo 37 comma 4 del D.Lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii., anche tramite unioni di Comuni, Province, Città Metropolitane o Comuni capoluogo di provincia.

    1) ANAC – Legittimazione al ricorso e potere di impugnazione – Presupposti – Primo ricorso per inosservanza delle prescrizioni dell’Autorità; 2) Servizio di Centrale di committenza – Svolgimento da parte di un soggetto privato – Esclusivamente previo affidamento mediante evidenza pubblica (art. 37 , art. 38 , art. 211 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Milano 03.02.2020 n. 240

    1) Preliminarmente il Collegio ritiene necessario ribadire la completezza della documentazione prodotta da A.N.A.C. in adempimento dell’incombente istruttorio assegnato all’Autorità con ordinanza n. 2182/2019 della Sezione e la conseguente ricorrenza dei presupposti previsti per l’esercizio del potere di impugnazione ex articolo 211, comma 1-bis e 1-ter, del D.lgs. n. 50/2016.

    Sul punto si evidenzia come le previsioni normative contenute nell’alveo del disposto legale appena citato conferiscano ad A.N.A.C. una legittimazione straordinaria ed eccezionale in ragione della funzione (vigilanza e controllo sugli appalti pubblici) che le è assegnata dalla Legge (Consiglio di Stato, Commissione speciale del 4 aprile 2018, parere n. 1119/2018 del 26 aprile 2018). La previsione di cui all’articolo 211, comma 1-quater, del D.Lgs. 50/2016 onera la stessa A.N.A.C. di individuare con proprio regolamento “i casi o le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercita i poteri di cui ai commi 1-bis e 1-ter”. Il Consiglio di Stato ritiene che “ogni qualvolta l’Autorità, nel rispetto delle previsioni di legge e di regolamento, eserciterà in concreto quei poteri di azione eccezionalmente attribuiti dovrà concretamente motivare la relativa decisione” (Consiglio di Stato, Commissione speciale del 4 aprile 2018, parere n. 1119/2018 del 26 aprile 2018). Pertanto, dall’impianto argomentativo del parere del Consiglio di Stato emerge come la motivazione espressa dal Consiglio dell’A.N.A.C. costituisca un requisito necessario dell’autorizzazione all’esercizio del potere. Nella prospettiva del Consiglio di Stato, la delibera autorizzativa risulta necessaria al fine di comprendere compiutamente la ragioni a sostegno dell’atto espressivo della legittimazione straordinaria ed eccezionale conferita all’Autorità. Simile delibera assume, quindi, precipua rilevanza processuale e, per tale ragioni, non è assimilabile alla deliberazione dell’organo statale competente a promuovere la lite che attiene, invece, al rapporto interno tra l’Amministrazione e l’Avvocatura dello Stato (cfr., ex multis, Cassazione civile, sez. III, 26 luglio 1997, n. 7011, Cassazione civile, Sezioni unite, 28 ottobre 1995, n. 11296).

    Nel caso di specie, l’Autorità provvede a depositare in giudizio: a) copia del verbale n. 23 del 4 settembre 2019, corredato della relazione dell’Ufficio piano di vigilanza e vigilanze speciali, del parere del Presidente A.N.A.C. e di una relazione integrativa dell’Ufficio piano di vigilanza e vigilanze speciali; b) copia del verbale n. 24 del 18 settembre 2019, corredato di un “appunto per il Consiglio” e della bozza del ricorso giurisdizionale. Tale documentazione prova la sussistenza della capacità processuale di A.N.A.C. all’esercizio di un atto espressivo della legittimazione straordinaria ed eccezionale conferita all’Autorità e supportato (anche per relationem agli ulteriori documenti acclusi ai verbali) da un idoneo impianto motivazionale, come richiesto dal parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato. Infatti, dalla documentazione in esame si evincono le ragioni fattuali a sostegno dell’intervento di A.N.A.C. e sono, altresì, indicati i presupposti giuridici su cui si fonda l’azione che verranno esaminati analiticamente nell’ambito della trattazione dei singoli motivi di ricorso.  [*]

    2) Come spiegato dall’ordinanza cautelare n. 1446/2019, la possibilità di svolgimento diretto di un servizio di committenza da parte di un soggetto privato deve escludersi anche aderendo alla prospettiva elaborata dalla parte resistente ai fogli – omissis – della propria memoria difensiva dell’- omissis – non risultando decisiva, sul punto, la previsione di cui all’articolo 37, comma 4, della Direttiva 2004/24/UE secondo cui: “Le amministrazioni aggiudicatrici, senza applicare le procedure di cui alla presente direttiva, possono aggiudicare a una centrale di committenza un appalto pubblico di servizi per la fornitura di attività di centralizzazione delle committenze”. 

    Tale disposizione risulta, infatti, calibrata sull’affidamento ad una centrale di committenza “pubblicistica” e non anche ad un soggetto privato. Lo conferma la disamina del considerandum n. 70 della Direttiva 2004/24/UE (che assume valenza interpretativa secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea e secondo la previsione di cui all’articolo 31, par. 1 della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati) che testualmente afferma: “Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero avere la facoltà di aggiudicare a una centrale di committenza un appalto pubblico di servizi per la fornitura di attività di centralizzazione delle committenze senza applicare le procedure di cui alla presente direttiva. Dovrebbe anche essere ammesso che tali appalti pubblici di servizi includano la fornitura di attività di committenza ausiliarie. Gli appalti pubblici di servizi per la fornitura di attività di committenza ausiliarie dovrebbero, qualora non siano eseguiti da una centrale di committenza in collegamento con la fornitura di attività di centralizzazione delle committenze all’amministrazione aggiudicatrice interessata, essere aggiudicati conformemente alla presente direttiva. È anche opportuno ricordare che la presente direttiva non dovrebbe applicarsi nei casi in cui le attività di centralizzazione delle committenze o le attività di committenza ausiliarie non sono effettuate attraverso un contratto a titolo oneroso che costituisce appalto ai sensi della presente direttiva”. Il considerandum in esame, nell’escludere l’applicazione della Direttiva nei casi di aggiudicazione del servizio ad una centrale di committenza, evidenzia, tuttavia, come il ricorso al mercato (e, quindi, l’applicazione delle regole di evidenza pubblica) dovrebbe ammettersi nei casi di fornitura di attività di committenza ausiliaria. Regola che, invero, pare dover valere, a fortiori, laddove l’oggetto della prestazione sia l’attività di centralizzazione della committenza risultando, altrimenti, irragionevole una regola che impone l’operatività delle norme a tutela della concorrenza in un ambito di minor rilievo escludendola, al contempo, in quello di maggior rilevanza anche economica. Inoltre, seppur con una formula involuta, il considerandum esclude l’applicazione delle regole di evidenza pubblica nei casi in cui le attività di centralizzazione delle committenze o le attività di committenza ausiliarie non siano effettuate attraverso “un contratto a titolo oneroso che costituisce appalto ai sensi della presente direttiva”. Ne consegue che, ove l’attività sia conferita mediante un contratto a titolo oneroso, dovrà trovare applicazione la normativa in tema di evidenza pubblica.

    Da una lettura complessiva del considerandum può, quindi, inferirsi che il ricorso ad un soggetto privato che svolga l’attività di centralizzazione della committenza o le attività di committenza ausiliaria possa avvenire, secondo il diritto dell’Unione, esclusivamente ricorrendo alle regole di evidenza pubblica per la scelta del soggetto privato chiamato a svolgere tale servizio e non mediante un affidamento diretto che risulterebbe consentito solo laddove il soggetto chiamato a svolgere simile servizio sia sostanzialmente pubblico. Diversamente opinando si realizzerebbe un’evidente violazione dei principi “di non discriminazione e tutela della concorrenza che la disciplina degli appalti pubblici si pone di perseverare” (cfr. Cassazione, sezioni unite, 28 marzo 2019, n. 8673 sul tema dell’organismo di diritto pubblico). Si consentirebbe, infatti, ad un soggetto privato ed anche privo dei requisiti pubblicistici richiesti dall’ordinamento di svolgere direttamente un servizio remunerato senza la preventiva applicazione delle regole in tema di evidenza pubblica.

    Del resto, l’ordinanza n. 68/2019 della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, nel rimettere una serie di quesiti interpretativi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (in una vertenza relativa, tra l’altro, alla stessa – omissis -), muove dalla constatazione che una centrale di committenza sia “per il diritto euro-unitario un’impresa che offre il servizio dell’acquisto di beni e servizi a favore delle amministrazioni aggiudicatrici” (punto 10.3). Simile servizio potrebbe, allora, risultare espletabile in forza di un “mandato di committenza” (punto 10.1) che, tuttavia, impone, in ossequio ai già richiamati principi del diritto dell’Unione europea, la preventiva applicazione delle regole di evidenza pubblica per la scelta del “mandatario”.

    Lo conferma la stessa sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europea del 20 ottobre 2005, in causa C-264/03, richiamata dall’ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato (punto 10.1), che ritiene i mandati di committenza derivati rientranti nell’alveo della direttiva 92/50, operante ratione temporis, e, per questo, dichiara incompatibile la legislazione francese esaminata nella parte in cui impone una restrizione all’accesso di simile servizio ai prestatori non contemplati da tale regolazione. A fortiori, simile principio consente, quindi, di escludere la possibilità di un conferimento diretto di tale funzione ad un soggetto privato in difetto di un’apposita procedura di affidamento che la parità di trattamento tra gli operatori non può che imporre.

    [rif. art. 37 e art. 38 d.lgs. n. 50/2016]

    [*] Riconoscendo le ragioni dell’Autorità nazionale anticorruzione, il Tar Lombardia ha annullato la cd. “gara Led” indetta dall’associazione Asmel (base d’asta: 831 mln) contro cui Anac aveva fatto ricorso. Nei confronti del bando in questione per la prima volta l’Autorità ha impiegato il potere, previsto dal Codice degli appalti (art. 211 c. 1-ter), che consente di impugnare i bandi che presentano gravi violazioni normative in materia di contratti pubblici.
    Lo scorso agosto l’Anac – anche in qualità di soggetto cui spetta la verifica dei requisiti per il riconoscimento quale centrale di committenza – aveva invitato la stazione appaltante a ritirare la gara con un parere motivato e, constatatane l’inadempienza, ha agito in giudizio. A novembre il Tar aveva sospeso in via cautelare la gara, riconoscendo la sussistenza di un possibile “pregiudizio grave e irreparabile” per il sistema degli appalti pubblici.
    Nella sentenza 240/2020, depositata lo scorso 3 febbraio, il Tribunale amministrativo ha stabilito che “non sussiste la legittimazione di Asmel all’espletamento delle funzioni di centrale di committenza per l’affidamento di convenzioni quadro”. Dal momento che il servizio svolto “è specificamente remunerato dagli aggiudicatari”, infatti, “deve escludersi che l’Associazione intenda operare per conto degli associati senza alcuna finalità di lucro”. Di conseguenza deve parimenti escludersi che essa “operi nel caso di specie come organismo di diritto pubblico”.

     

     

    Qualificazione della Stazione appaltante nel periodo transitorio ed obbligo di ricorso alla Centrale Unica di Committenza (art. 37 , art. 38 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Brescia, 21.03.2019 n. 266

    Per quanto riguarda i requisiti di qualificazione di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 50/2016, finché non sarà approvata la disciplina attuativa di tale norma non vi sono i presupposti per formulare un giudizio di inadeguatezza della stazione appaltante. Di conseguenza, nel periodo transitorio ogni ente locale, previa iscrizione nell’anagrafe unica dell’ANAC, può bandire e gestire come autonoma stazione appaltante tutte le procedure di gara a cui sia interessato, senza che questo possa mettere a rischio l’aggiudicazione.
    Occorre infatti sottolineare che la violazione del principio di aggregazione e centralizzazione delle committenze, anche nei casi previsti dall’art. 37 comma 4 del Dlgs. 50/2016, non è sanzionabile con l’annullamento dell’intera procedura di gara in mancanza di parametri precostituiti che consentano di misurare la sproporzione tra la complessità della procedura e le competenze tecniche della stazione appaltante. Questi parametri potranno essere forniti solo dal decreto che individuerà i requisiti tecnico-organizzativi di cui all’art. 38 comma 2 del d.lgs. n. 50/2016 per l’iscrizione nell’elenco delle stazioni appaltanti qualificate (cfr.  TAR Firenze, 23.05.2017 n. 730). 

    Sul punto vedasi FAQ ANAC sull’applicazione del Codice dei contratti nel periodo transitorio

    1) Soggetti aggiudicatori, Soggetti accentratori, Centrali di committenza: differenza; 2) CONSIP – Convenzione – Adesione – Obbligo – Presupposti (art. 37 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Roma, 24.05.2018 n. 5781

    1) I Soggetti accentratori di cui all’art. 9, d.l. 24 aprile 2014, n. 66 sono figure diverse dalle Centrali di Committenza costituite da Comuni non Capoluogo di Provincia che sono, invece, riconducibili figura della Stazione Unica Appaltante di cui all’art. 13, l. 13 agosto 2010, n. 136 (d.P.C.M. 30 giugno 2011).
    I Soggetti accentratori di cui all’art. 9, d.l. 24 aprile 2014, n. 66 hanno in comune con le Centrali di Committenza costituite da Comuni non Capoluogo di Provincia la funzione di aggregazione della domanda (operando entrambi come Centrali di Committenza), il Soggetto Aggregatore costituisce una Centrale di Committenza “qualificata” ed iscritta ex lege all’apposito elenco tenuto dall’ANAC.
    A sua volta le Centrali di committenza costituite per iniziative dei Comuni non capoluogo, che pure costituiscono una species del genus della Centrale di committenza, presentano un quid pluris, in quanto costituiscono espressione diretta dell’autonomia negoziale dell’Ente esponenziale della Comunità locale, che risponde a principi e valori che superano il mero compito (tecnico) di aggregare la domanda, per conseguire risparmi di spese.
    Ai sensi degli artt. 37, 38 e 216, comma 10, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 80, nel regime transitorio, la mera iscrizione quale Centrale di committenza nell’Anagrafe Unica delle Stazioni appaltanti, di cui all’art. 33-ter d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 costituisce condizione sufficiente per operare come Centrale di committenza.

    2) Il Comune non è obbligato ad aderire alla Convenzione Consip per assicurare il servizio pubblico locale di illuminazione (inclusivo di manutenzione e adattamento tecnologico degli impianti), non risultando questo espressamente menzionato nell’elenco dei settori merceologici e di servizi contemplati dal d.P.C.M. 24 dicembre 2015.
    L’obbligo per i Comuni di avvalersi delle Convenzioni Consip ha natura diversa rispetto all’obbligo di tenere conto delle condizioni più vantaggiose da questa offerte (cd. benchmark) ai sensi dall’art. 26, l. n. 499 del 1988 e dall’art. 1, comma 449, l. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007). In quest’ultimo caso, l’obbligatorietà non investe l’intero contenuto della Convenzione CONSIP, ma solo i parametri “di prezzo-qualità”, che operano come “limiti massimi del prezzo per l’acquisto di beni e servizi”.
    L’obbligo di aderire alle Convenzioni Consip, fatta salva la possibilità di procurarsi in autonomia beni e servizi, a condizione di motivare la relativa scelta, ove più vantaggiosa economicamente, esteso anche ai Comuni dall’art. 59, comma 5, l. n. 388 del 2000, poi abrogato dall’art. 1, comma 458, l. n. 297 del 2007, e successivamente reintrodotto dall’art. 9, d.l. n. 66 del 2014, sia aggiunge, e non sostituisce, altri obblighi posti da leggi settoriali e di contenimento della spesa pubblica (cd. spending review) preesistenti, (in particolare quelle) che sono espressamente richiamate dalla stessa legge.
    Ha aggiunto il Tar – con riferimento all’inconfigurabilità di un obbligo, a carico del Comune di aderire alla Convenzione Consip per assicurare il servizio pubblico locale di illuminazione pubblica – che la scelta del Comune di assicurare l’espletamento del servizio pubblico locale (a rete) in questione attraverso l’affidamento in concessione a seguito di un’ordinaria procedura ad evidenza pubblica, rispetto alle alternative modalità di gestione sopraindicate, o rispetto alla possibilità di aderire alla Convenzione Consip Servizio Luce 3, costituisce una facoltà discrezionale del Comune, sottratta al sindacato giurisdizionale di legittimità, salvo il caso in cui sia manifestamente inficiata da illogicità, irrazionalità, arbitrarietà od irragionevolezza, ovvero non sia fondata su di un altrettanto macroscopico travisamento dei fatti. Non si può configurare alcun obbligo, in tal senso, dal favor delle norme vigenti per le convenzioni della Consip, da cui può farsi discendere, semmai, solo “una peculiare presunzione di convenienza” delle convenzioni in parola (Cons. St., sez. V, n. 2194 del 2015) che comporta solo l’onere del Comune di motivare le relative scelte e di farle precedere da adeguata istruttoria.

    fonte: sito della g.a.

    Gara aggregata – Ricorso – Notificazione – Soltanto nei confronti dell’Amministrazione capofila (art. 37 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 18.05.2018 n. 8

    Ai sensi dell’art. 41, comma 2, c.p.a., in caso di impugnazione di una gara di appalto svolta in forma aggregata da un soggetto per conto e nell’interesse anche di altri enti, il ricorso deve essere notificato esclusivamente alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato.

    La questione era stata rimessa dal Consiglio di Stato, sez. III, ord., 21.09.2017 n. 4403.

    Il Consiglio di Stato ha aderito all’orientamento (Consiglio di Stato, sez. III, 13.09.2013 n. 4541; id., sez. V, 06.07.2012 n. 3966; id., sez. V, 15.03.2010 n. 1500) che esclude la necessità di notificare il ricorso anche a  tutti i soggetti che aderiscono alla procedura di aggiudicazione in forma aggregata.
    A tale esito appare, infatti, necessario pervenire considerando il rilievo decisivo, ai fini della soluzione del quesito, dell’art. 41 c.p.a., che identifica l’amministrazione cui deve essere notificato il ricorso introduttivo del giudizio esclusivamente in quella che ha emesso l’atto impugnato. In virtù della disposizione di cui all’art. 41 c.p.a., ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio appare necessaria e sufficiente la notificazione dell’atto introduttivo esclusivamente all’amministrazione che ha emanato il provvedimento impugnato.
    In altri termini, la disposizione di cui all’art. 41 c.p.a., nell’enunciare la regola generale sopra ricordata, positivamente esclude che l’atto introduttivo del giudizio debba essere notificato anche ad amministrazioni od enti che a diverso titolo abbiano avuto modo di partecipare al procedimento.
    Corollario di tale regola – come è stato affermato (Consiglio di Stato, sez. V, 06.07.2012 n. 3966) – è che solo quando l’atto finale sia imputabile a più amministrazioni, come accade per gli atti di concerto o come può verificarsi per gli accordi di programma, la legittimazione passiva riguarda tutte le amministrazioni interessate.
    Per converso, le partecipazioni al procedimento giuridicamente qualificate (come quelle concernenti il potere di iniziativa o di proposta, la partecipazione all’intesa che abbia preceduto l’adozione del provvedimento finale, ovvero gli atti preparatori) non sono idonee ad estendere la veste di parte necessaria a soggetti diversi dall’autorità emanante. A tal fine, infatti, sarebbe necessaria una formale imputazione del provvedimento finale ad una pluralità di amministrazioni (Cons. St., sez. V, 6 luglio 2012, n. 3966). Una diversa soluzione, volta ad estendere la legittimazione processuale a soggetti diversi dall’autorità che ha emanato l’atto, si risolverebbe in una oggettiva violazione della norma che presidia la legittima costituzione del rapporto giuridico processuale.
    Nei casi sopra ricordati, d’altra parte, si è di fronte ad una unica amministrazione (capofila) che gestisce la procedura e che di essa è responsabile, sicché soltanto ad essa sono imputabili gli atti ed i provvedimenti della medesima, divenendo così l’amministrazione cui notificare il ricorso giurisdizionale per l’instaurazione del giudizio (Consiglio di Stato, sez. V, n. 1500 del 2010); tutto ciò mentre le altre amministrazioni, eventualmente interessate alla procedura, sono tuttavia sfornite di os ad loquendum sulle vicende della gara.
    Deve, infine, essere rilevato che alla prospettazione sopra esposta non può essere opposta la disciplina di cui all’art. 81 c.p.c., pacificamente applicabile al processo amministrativo, secondo cui fuori dai casi previsti dalla legge, nessuno può far valere in nome proprio un diritto altrui. Nelle fattispecie sopra ricordate, infatti, l’amministrazione capofila è chiamata a far valere e tutelare una situazione giuridica soggettiva propria (quella derivante dall’essere l’amministrazione che ha posto in essere il procedimento ed emanato il provvedimento di aggiudicazione). Non si verifica pertanto alcuna forma di sostituzione processuale, con la legittimazione straordinaria che a questa è connessa, mentre l’eventuale rilevanza degli esiti della aggiudicazione nei confronti del soggetto in unione di acquisto con l’amministrazione procedente, ha luogo in forza dei rapporti interni fra le due amministrazioni, privi, per le ragioni già esposte, di rilevanza processuale.

    fonte: sito della Giustizia Amministrativa

    Convenzione Consip – Mancata adesione – Procedura autonoma – Legittimità – Condizioni

    Consiglio di Stato, sez. V, 28.03.2018 n. 1937

    Il punto nodale riguarda la possibilità per le amministrazioni centrali di indire autonome procedure per l’approvvigionamento di beni e servizi di proprio interesse, in deroga al generale obbligo di avvalersi delle convenzioni quadro di cui all’articolo 26, comma 3, della l. 23 dicembre 1999, n. 488.
    Il Collegio osserva che, fermo il carattere di principio del dovere di cui al richiamato articolo 26, nondimeno permane la facoltà per le amministrazioni (ivi comprese le amministrazioni statali centrali e periferiche) di attivare in concreto propri strumenti di negoziazione laddove tale opzione sia orientata a conseguire condizioni economiche più favorevoli rispetto a quelle fissate all’esito delle convenzioni-quadro.
    Risulta dirimente al riguardo la previsione di cui al quarto periodo del comma 1 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (recante ‘Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario’), a tenore del quale “la disposizione del primo periodo del presente comma [il quale sancisce la nullità dei contratti stipulati in violazione del richiamato articolo 26, n.d.E.] non si applica alle Amministrazioni dello Stato quando il contratto sia stato stipulato ad un prezzo più basso di quello derivante dal rispetto dei parametri di qualità e di prezzo degli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip s.p.a., ed a condizione che tra l’amministrazione interessata e l’impresa non siano insorte contestazioni sulla esecuzione di eventuali contratti stipulati in precedenza”.
    Così come la disposizione in parola ammette (sia pure in via derogatoria) la stipula di contratti che esulano dagli obblighi di ricorso alle procedure centralizzate gestite dalla Consip, così anche la medesima disposizione legittima l’indizione di procedure miranti a conseguire razionalizzazione di spesa e risparmi maggiori rispetto a quelli conseguibili con l’adesione al programma di razionalizzazione di cui richiamato articolo 26.
    La sussistenza del richiamato (e legittimo) rapporto fra regola ed eccezione è confermato dallo stesso articolo 26 della l. 488 del 1999 il quale
    – al comma 3 stabilisce che “le amministrazioni pubbliche possono ricorrere alle convenzioni stipulate ai sensi del comma 1, ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per l’acquisto di beni e servizi comparabili oggetto delle stesse (…)”. La disposizione per un verso conferma (attraverso il ricorso alla modalità deontica “possono”) il carattere non pienamente vincolante del ricorso alle convenzioni-quadro e, per altro verso, consente la ricerca da parte delle amministrazioni di opzioni negoziali alternative (scil.: con il vincolo/limite dell’insuperabilità delle condizioni negoziali proprie delle convenzioni-quadro);
    – al comma 3-bis obbliga le amministrazioni che abbiano deliberato di procedere in modo autonomo agli acquisti di proprio interesse di trasmettere le relative delibere alle strutture e agli uffici preposti al controllo di gestione, per l’esercizio delle funzioni di sorveglianza e di controllo di propria competenza.
    Le disposizioni appena richiamate (lette in combinato disposto con il richiamato articolo 1 del decreto-legge n. 95 del 2012) delineano un coerente quadro normativo il quale (al fine di assicurare in modo adeguato la razionalizzazione degli acquisti da parte delle PP.AA.)
    – demanda alla Consip il cruciale compito di rinvenire, in sede di centralizzazione, le migliori possibili condizioni di offerta da porre a disposizione delle amministrazioni;
    – consente (ma in via eccezionale e motivata) alle amministrazioni di procedere in modo autonomo, a condizione che possano dimostrare di aver ricercato e conseguito condizioni migliorative rispetto a quelle contenute nelle convenzioni-quadro;
    – responsabilizza le amministrazioni che intendano procedere in modo autonomo fissando taluni vincoli ex ante (insuperabilità delle condizioni trasfuse nelle convenzioni quadro) e talune serie conseguenze ex post (nullità degli atti realizzati in violazione e responsabilità in capo ai funzionari che abbiano agito in violazione di legge e con ingiustificato dispendio di risorse pubbliche).
    Il richiamato assetto normativo, tuttavia, non sanziona le amministrazioni per il solo fatto di aver attivato autonome procedure al fine di individuare condizioni migliorative rispetto a quelle offerte dalla Consip (confliggerebbe del resto con gli obiettivi di razionalizzazione della spesa sottesi al programma di centralizzazione e introdurrebbe nel sistema ingiustificabili profili di rigidità).
    Al contrario, le serie conseguenze legali delineate dall’articolo 1 del decreto legge n. 95 del 2012 sono attivabili solo laddove la singola amministrazione abbia travalicato le regole legali che sottendono al richiamato rapporto fra regola ed eccezione.
    E’ qui importante osservare che, nonostante il ripetuto richiamo dell’appellante al contenuto della circolare ministeriale del 25 agosto 2015, anche tale ultimo atto richiama in modo espresso la facoltà eccettuale di cui si è avvalso il Ministero (alla quale dedica l’intera Sezione 3), pur sottolineando i puntuali obblighi di motivazione che incombono sull’amministrazione che di tale facoltà intenda avvalersi.

    Ricorso notificato unicamente alla Centrale Unica di Committenza – Omessa notifica alla Stazione Appaltante – Inammissibilità (art. 37 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Bari, 05.10.2017 n. 1014

    Sia il ricorso principale che quello per motivi aggiunti sono inammissibili, non essendo stati notificati al Comune di A., nella qualità di effettiva Amministrazione resistente.
    In via generale, come è noto, in base all’art. 3, comma 34, del D.lgs. n. 163/2006, la centrale di committenza è un’amministrazione aggiudicatrice che:
    – acquista forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori;
    – aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori.
    Analoghe previsioni sono contenute nel D.lgs. n. 50/2016, ove per “centrale di committenza” si indica un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore che fornisce attività di centralizzazione delle committenze e, se del caso, attività di committenza ausiliarie.
    La centrale di committenza a livello nazionale è costituita da Consip S.p.A., ente aggiudicatore in senso proprio, munito di personalità giuridica.
    La legge finanziaria 2007 ha poi previsto l’istituzione di centrali di committenza regionali che, parallelamente ed unitamente a Consip S.p.A., costituiscono un sistema reticolare per il perseguimento dei piani di razionalizzazione della spesa pubblica e per la realizzazione di sinergie nell’utilizzo di strumenti informatici per l’acquisto di beni e servizi (cfr. art. 1, comma 457, Legge n. 296/2006).
    In via generale, le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori possono acquisire lavori, servizi e forniture facendo ricorso a centrali di committenza, anche associandosi o consorziandosi (cfr. art. 33, comma 1, del D.lgs. n. 163/2006).
    Le amministrazioni pubbliche non possono delegare alle centrali di committenza le funzioni di stazioni appaltanti di lavori pubblici, potendo tuttavia affidare tali funzioni ai Provveditorati interregionali per le opere pubbliche o alle amministrazioni provinciali (cfr. art. 33, comma 3, del D.lgs. n. 163/2006).
    Il comma 3-bis dell’art. 33 del D.lgs. n. 163/2006 ha invece reso obbligatorio il ricorso alle centrali uniche di committenza per i Comuni non capoluogo di provincia per l’acquisizione di lavori, servizi e forniture, concentrando le gestioni delle procedure di acquisto:
    – nell’ambito delle Unioni di comuni di cui all’art. 32 del TUEL, ove esistenti, ovvero
    – costituendo un apposito accordo consortile tra comuni non facenti capo ad unioni e avvalendosi dei competenti uffici anche delle province, ovvero
    – ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle Province stesse.
    In alternativa all’obbligo di ricorso a centrali di committenza, gli stessi Comuni possono effettuare i propri acquisti attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da altre centrali di committenza di riferimento, ivi comprese le convenzioni Consip ed il MePA.
    In ogni caso, ai fini che qui rilevano, in base all’art. 37, comma 9, D.lgs. n. 50/2016 “La stazione appaltante, nell’ambito delle procedure gestite dalla centrale di committenza di cui fa parte, è responsabile del rispetto del presente codice per le attività ad essa direttamente imputabili. La centrale di committenza che svolge esclusivamente attività di centralizzazione delle procedure di affidamento per conto di altre amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori è tenuta al rispetto delle disposizioni di cui al presente codice e ne è direttamente responsabile.”.
    In relazione al caso di specie occorre anzitutto premettere che i Comuni di V. e di A. hanno inteso gestire in forma convenzionale una Centrale unica di committenza per l’acquisizione di lavori, forniture e servizi ai sensi del citato art. 37 del Codice dei contratti, cui ha successivamente aderito anche il Comune di G.
    Per il suo funzionamento è stata approvata apposita Convenzione ed un Regolamento di attuazione (entrambi versati in atti).
    In proposito, è dirimente osservare che la Centrale Unica di Committenza di cui al caso di specie è priva sia di personalità giuridica autonoma, sia di legittimazione passiva in giudizio.
    Ogni Comune convenzionato, infatti, resta un mero beneficiario della procedura di gara espletata dalla Centrale Unica, mantenendo la qualificazione di Stazione appaltante / Amministrazione aggiudicatrice e, quindi, di resistente legittimato passivo in giudizio.
    A conferma di quanto innanzi, nella fattispecie, l’art. 1 della Convenzione CUC chiarisce che “la Centrale di Committenza cura la gestione della procedura di gara e svolge le seguenti attività e servizi…”.
    In particolare, l’art. 4 della Convenzione CUC nello stabilire le attività di competenza di tale organismo prevede unicamente:
    “a) collaborazione per la redazione degli atti di gara, ivi incluso il bando di gara, il disciplinare di gara e la lettera di invito, lo schema di contratto e il capitolato speciale di appalto;
    b) nomina della commissione di gara; […]
    e) aggiudicazione provvisoria dell’affidamento; […]
    f) collaborazione alla gestione degli eventuali contenziosi conseguenti alla procedura di affidamento, con predisposizione degli elementi tecnico – giuridici per la difesa in giudizio”.
    Contestualmente l’art. 5 della Convenzione CUC nel disciplinare l’attività di competenza dell’Ente convenzionato stabilisce:
    “1. Rimangono in capo ai Comuni convenzionati sia la fase che precede la predisposizione del bando di gara, sia la fase che segue l’aggiudicazione provvisoria e l’esecuzione del contratto. In particolare:
    2. L’Ente convenzionato mantiene tra le proprie competenze:
    a) la nomina del RUP (Responsabile Unico del Procedimento), ai sensi dell’art. 31 D.lgs. n. 50/2016;
    b) le attività d’individuazione delle opere da realizzare;
    c) la redazione e l’approvazione dei progetti e degli atti elaborati, ivi compresa l’attribuzione dei valori ponderali in caso d’appalto da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, da riportare nel capitolato speciale d’appalto;
    d) l’adozione della determina a contrarre, art. 32, comma 2, del D.lgs. n. 50/2016;
    e) l’attestazione, ai sensi dell’art 106, primo comma del D.P.R. 207/2010 (per appalti di lavori validazione del progetto previa acquisizione da parte del RUP dell’attestazione del direttore dei lavori in merito alla accessibilità delle aree, all’assenza di impedimenti sopravvenuti, alla realizzabilità del progetto);
    f) l’aggiudicazione definitiva;
    g) la stipula del contratto d’appalto;
    h) l’affidamento della direzione dei lavori;
    i) gli adempimenti connessi alla corretta esecuzione dei lavori e ai pagamenti sulla base degli stati di avanzamento lavori;
    j) la comunicazione all’ANAC delle informazioni ai sensi dell’art 7 D.Lgs. n. 50/2016
    k) il monitoraggio sulla esecuzione del contratto, in specie per la redazione di eventuali varianti in corso d’opera, ritardi sui tempi di esecuzione dei lavori, richieste di maggiori compensi da parte delle imprese aggiudicatarie degli appalti”.
    Il funzionamento della Centrale Unica di Committenza in ordine agli aspetti organizzativi e di gestione, come già ricordato supra, è disciplinato da apposito Regolamento approvato dalla Giunta Comunale.
    L’art. 1 del Regolamento CUC prevede espressamente:
    “2. La CUC è costituita quale Ufficio Unico dei comuni di V., A. e G.. La titolarità delle funzioni di competenza di ciascun Comune rimane in capo all’Ente stesso, con i connessi poteri di vigilanza, controllo, direttiva, avocazione e revoca, secondo le norme previste dal presente Regolamento.
    3. La gestione associata delle procedure di gara non opera sulla qualifica di stazione Appaltante che rimane, pertanto, in capo a ciascun comune aderente. La Centrale Unica è priva di personalità giuridica autonoma, ma si configura dotata di autonomia operativa-funzionale, come meglio specificato dai successivi commi.
    4. La legittimazione attiva e passiva in giudizio, in ipotesi di contenzioso relativo all’esercizio della funzione rimane esclusivamente in capo alla stazione appaltante, ossia in capo all’ente nel cui esclusivo interesse è stata esperita la procedura di gara”.
    In sintesi dunque pur sussistendo, su un piano generale, Centrali Uniche di Committenza dotate di personalità giuridica e di legittimazione passiva a stare in giudizio (enti aggiudicatori in senso proprio) la Centrale Unica di Committenza fra i Comuni di V. e di A. è una “semplice” amministrazione aggiudicatrice, risultando svolgere il ruolo di un mero modulo organizzativo accentrato della funzione di pubblica acquisizione di beni e servizi per i menzionati Enti locali.
    In virtù di quanto innanzi esposto il ricorso principale e quello per motivi aggiunti devono essere dichiarati inammissibile, in quanto non notificati al C. quale effettiva Amministrazione resistente e Stazione Appaltante, restando all’evidenza detto Comune l’unico soggetto in possesso di personalità giuridica autonoma e di legittimazione passiva nel presente giudizio.