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Appalto di fornitura ed operatività della clausola sociale (art. 57 d.lgs. 36/2023)

TAR Napoli, 05.09.2024 n.  4825

L’appalto in questione è di fornitura, non caratterizzato dalla prevalenza della manodopera; non a caso all’art. 2.2 del disciplinare di gara i costi della manodopera sono indicati come pari a zero. Pertanto, per legge, non opera la cd. clausola sociale, in particolare quella volta a sancire il riassorbimento del personale impiegato nel servizio dall’appaltatore uscente.
D’altronde, che ai contratti di fornitura non sia applicabile l’istituto del passaggio di cantiere, trova conferma anche nelle linee guida ANAC approvate dal Consiglio con delibera n. 114 del 13 febbraio 2019.
In questa prospettiva va quindi esattamente interpretata la prescrizione di cui al punto 3.1. del disciplinare di gara. Per di più, -OMISSIS- non ha in alcun modo previsto che il nuovo contraente assuma in tutto o in parte il predetto personale.
La circostanza, peraltro, come fa osservare la stazione appaltante nella memoria difensiva, dovrebbe essere nota alla ricorrente che, in quanto attuale fornitrice della -OMISSIS- per il medesimo oggetto, non ha proceduto ad alcun assorbimento del personale della società che l’ha preceduta.
L’art. 57 del d. lgs n. 36/2023 fissa l’obbligo delle clausole sociali solo per gli “affidamenti dei contratti di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale e per i contratti di concessione …”.
Secondo consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, la clausola sociale in un appalto non impone l’assunzione integrale del personale precedente ma deve comunque garantire al concorrente la libertà economica. L’elasticità della clausola deve infatti bilanciare la tutela del lavoro con la libertà d’impresa, evitando il dumping sociale (ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. IV, 3 giugno 2024, n. 11261).
La regola cui fa riferimento la ricorrente, pertanto, non può essere interpretata quale stabilizzazione dei lavoratori precedentemente impiegati dal precedente operatore, ma quale assunzione degli obblighi relativi imposti dal D. Lgs. 36/2023. Per questo, -OMISSIS- ha allegato in sede di partecipazione una “Situazione del Personale”, nel quale è fotografata la situazione dei propri dipendenti col relativo inquadramento. Pertanto, l’impegno assunto dal -OMISSIS- non rappresenta altro l’assunzione degli obblighi sanciti dal D. Lgs. 36/2023 circa il rispetto delle norme in materia di applicazione dei contratti collettivi.

Forniture : differenza tra omologazione ed equivalenza

Consiglio di Stato, sez. V, 10.08.2023 n. 7727

8.2. Riguardo alla seconda parte della prima questione pregiudiziale, la Corte di giustizia ha poi evidenziato che le nozioni di «omologazione» e di «equivalenza» hanno contenuti diversi: l’una certifica, a seguito dei controlli appropriati effettuati dalle autorità competenti, che “un tipo di componente è conforme alle prescrizioni della direttiva 2007/46, comprese le prescrizioni tecniche contenute negli atti normativi di cui all’allegato IV a tale direttiva”; l’altra attesta che un componente “abbia le stesse qualità di un altro componente, a prescindere dal fatto che quest’ultimo sia stato o meno omologato”. Pertanto, le relative prove, di omologazione e di equivalenza, non sono “intercambiabili”: sicché, per i componenti per cui la direttiva comunitaria 2007/46 prevede l’omologazione ai fini della vendita e messa in circolazione, “la prova dell’avvenuta omologazione non può essere sostituita da una dichiarazione di equivalenza resa dall’offerente” (par. 78 e 84 della sentenza).

8.3. Tali conclusioni, secondo la Corte di Giustizia, non sono messe in discussione:
a) né “dai principi di parità di trattamento e di imparzialità, di libera concorrenza e di buon andamento dell’amministrazione, ai quali il giudice del rinvio ha fatto riferimento”, trattandosi di obbligo che non dà luogo a una discriminazione dei produttori di pezzi di ricambio equivalenti rispetto ai produttori di ricambi originali (cfr. par. 78 e 79 della decisione);
b) né dalle disposizioni degli articoli 60 e 62 della direttiva 2014/25 riguardanti le modalità con cui i partecipanti a una procedura di affidamento possono dimostrare che le loro offerte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti nelle specifiche tecniche previste dai bandi di gara.

8.4. A quest’ultimo riguardo, la Corte di giustizia ha, infatti, precisato che se è vero che le richiamate norme della direttiva 2014/25 consentono di fornire tale prova con qualsiasi mezzo adeguato, allo scopo di realizzare l’obiettivo di una maggiore apertura degli appalti pubblici alla concorrenza, ciò, tuttavia, conformemente al considerando 56 della medesima direttiva non consente di prescindere dai requisiti imperativi imposti da altre norme del diritto dell’Unione, tra cui, per quanto di interesse, quelle in materia di sicurezza e protezione ambientale, quale è il requisito di omologazione stabilito, per questi medesimi motivi, dalla direttiva 2007/46 per taluni ricambi per veicoli (cfr. par. 90 e 91).
Pertanto, se la direttiva 2007/46 richiede, in considerazione dei predetti obiettivi di sicurezza stradale e tutela ambientale, l’omologazione di taluni ricambi per veicoli, tale requisito diviene imprescindibile e non può essere eluso richiamando la direttiva 2014/25 e le modalità della prova di equivalenza ivi disciplinate.

8.5. La Corte di giustizia ha, pertanto, statuito che “al fine di ottemperare ai requisiti imperativi stabiliti dalla direttiva 2007/46, poiché i componenti sono soggetti a un obbligo di omologazione, possono essere considerati equivalenti ai sensi dei termini delle suddette gare d’appalto solo i componenti che siano stati oggetto di una siffatta omologazione e che, quindi, possano essere commercializzati”.

8.6. Quanto alla seconda questione la Corte ha chiarito che i principi già affermati dalla sua sentenza del 12 luglio 2018 in causa C-14/17 devono trovare applicazione anche in ordine alla prova dell’equivalenza dei prodotti offerti ai sensi degli articoli 60 e 62 della direttiva 2014/25, per cui il potere discrezionale di cui l’ente aggiudicatore dispone al riguardo deve essere esercitato in modo tale che i mezzi di prova ammessi da quest’ultimo gli consentano «di procedere effettivamente a una valutazione proficua dell’offerta per determinare se quest’ultima sia conforme alle specifiche tecniche oggetto del bando di gara in questione» (par. 97-99 della sentenza).

8.7. La Corte di giustizia ha quindi concluso che, per poter essere considerato un mezzo di prova appropriato, nell’ambito di un bando di gara come quello che ha dato origine al procedimento principale (id est: avente ad oggetto la fornitura di ricambi per veicoli), una dichiarazione di equivalenza di un componente deve provenire dal costruttore di tale componente, benché quest’ultimo non debba necessariamente intervenire direttamente in tutte le fasi della costruzione. Per contro, non può essere considerata idonea a costituire un mezzo di prova appropriato una dichiarazione di equivalenza proveniente da un rivenditore o da un commerciante (v. par. 106-107).
8.7.1. Ha altresì precisato, onde fornire una risposta utile al giudice del rinvio (cui spetta verificare se nei procedimenti in questione gli offerenti possono qualificarsi come «costruttori» dei componenti che essi proponevano), che «il fatto che un offerente produca pezzi di ricambio diversi da quelli oggetto della gara d’appalto in questione, che sia iscritto a una camera di commercio o che la sua attività sia stata oggetto di una certificazione di qualità, è irrilevante al fine di determinare se tale offerente possa essere considerato il costruttore dei componenti che propone nella sua offerta» (par. 108).

8.8. Ha respinto, inoltre, l’argomentazione secondo cui sarebbe necessaria un’interpretazione più ampia della nozione di «costruttore», e cioè «comprensiva anche dell’operatore che si limita a commercializzare il prodotto apponendovi il proprio marchio, senza aver partecipato materialmente al processo di costruzione», ai sensi della normativa europea a tutela dei consumatori, poiché quest’ultima non rileva ai fini dell’interpretazione della normativa dell’Unione sugli appalti pubblici.

8.9. Infine, la Corte ha ribadito che la prova dell’equivalenza dei prodotti proposti da un offerente, rispetto a quelli definiti nelle specifiche tecniche figuranti nel bando di gara, deve essere fornita, con mezzi appropriati, già nell’offerta, onde consentire effettivamente all’ente aggiudicatore di procedere a una valutazione proficua delle offerte presentate, demandando anche questa verifica al giudice del rinvio (par. 110).

Fornitura senza posa in opera – Individuazione – Costi della manodopera – Obbligo di indicazione – Inapplicabilità (art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 27.07.2020 n. 4764

5. Ritiene il Collegio decisiva la qualificazione dell’appalto come fornitura senza posa in opera, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 95, comma 10, del d. lgs. n. 50 del 2016 al caso di specie.
6. Questo Collegio è ben consapevole delle difficoltà insite nella distinzione tra fornitura con o senza posa in opera, soprattutto per le rigorose conseguenze che ne discendono, come nel caso di specie, per l’applicazione o meno dell’art. 95, comma 10, del d. lgs. n. 50 del 2016, conseguenze ora ben precisate dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio nelle sentenze n. 7 e n. 8 del 2 aprile 2020.
6.1. La Sezione di recente, di fronte a serie incertezze applicative, si è fatta invero carico di fornire, in assenza di una chiara indicazione nella legge, un criterio discretivo, individuato nella fruibilità o meno, da parte del destinatario, dei beni oggetto della fornitura, «nel senso che laddove si rendano necessarie attività ulteriori – strumentali, accessorie e secondarie per loro natura – rispetto alla mera consegna del bene, l’appalto si configura come posa in opera» (Cons. St., sez. III, 19 marzo 2020, n. 1974, ma v. anche Cons. St., sez. III, 9 gennaio 2020, n. 170).
6.2. Questo criterio (fruibilità immediata dell’opera da parte dell’utilizzatore, senza preventiva intermediazione di opere ulteriori rispetto alla mera consegna del bene), che ha un valore puramente indicativo per l’interprete, deve ovviamente misurarsi con l’oggetto specifico dell’appalto, che in questo caso consiste nella fornitura in service, per un periodo di 72 mesi eventualmente rinnovabili per altri 24 mesi, di sistemi per la gestione della fase preanalitica e di preparazione delle provette occorrenti alle Aziende Sanitarie del Piemonte.
6.3. La lex specialis di gara in nessuna parte ha chiesto e previsto la specificazione separata, nell’offerta economica, dei costi della manodopera, perché la fornitura richiesta non è caratterizzata da prestazioni di manodopera nell’esecuzione dell’appalto di tale onerosità o complessità, secondo la valutazione della stazione appaltante, da far apparire le attività installative prodromiche o ancillari al funzionamento dei macchinari rilevanti o prevalenti rispetto alla finalità della gara, che consiste essenzialmente nella fornitura di macchinari per la produzione di sistemi di preparazione di provette e, più precisamente, nell’etichettatura delle provette da prelievo.
6.4. Il concetto di “mera consegna del bene” deve rapportarsi, quindi, alla peculiare natura dell’appalto considerato, che nel caso di specie richiede una snella, semplice, agevole installazione e un altrettanto immediato semplice collaudo delle apparecchiature senza il dispendio di particolari energie lavorative di carattere manuale, che possano acquistare rilievo al punto da configurare, propriamente, una posa in opera.
6.5. Nessuna delle prestazioni richieste a p. 6 del disciplinare di gara sembra fa propendere per una diversa qualificazione dell’appalto come fornitura con posa in opera, atteso che nessuna di esse richiede un peculiare sforzo nella messa in funzione delle macchine né postula particolari competenze specialistiche necessarie alla continuazione della fruizione del bene.
6.6. Le istruzioni per l’installazione delle macchine, oggetto di fornitura, richiedono unicamente, per il funzionamento delle etichettatrici, azioni molto semplici, come il collegamento con il cavo di alimentazione, l’azionamento dell’interruttore e un doppio click su tre icone del computer.
6.7. Non si richiede dunque alle Aziende piemontesi, destinatarie della fornitura, alcuna specifica manualità o competenza nella fruizione della fornitura, che debba essere fornita con la speciale prestazione di manodopera dall’appaltatrice, mentre tutte le ulteriori attività previste dal disciplinare – manutenzione ordinaria e straordinaria o assistenza full risck – sono successive all’installazione dei macchinari stessi, sicché appare irrilevante il numero complessivo di 17.636 ore di manodopera per tutta la durata dell’appalto in riferimento ai due addetti […].
6.8. Quanto sin qui si è chiarito spiega perché la stazione appaltante, nel legittimo esercizio del proprio potere discrezionale nella corretta determinazione dell’oggetto di gara, non abbia inteso dare rilevanza, e con ciò separata evidenza, alla modestissima attività di manodopera richiesta all’avvio della fornitura, che non può ritenersi dunque richiedere, propriamente, la posa in opera, a differenza di quanto ha ritenuto la sentenza impugnata, che merita dunque riforma.
6.9. Discende da quanto esposto l’inapplicabilità dell’art. 95, comma 10, del d. lgs. n. 50 del 2016 e, quindi, la correttezza dell’offerta economica dell’originaria aggiudicataria, odierna appellante, laddove non ha indicato separatamente i costi della manodopera, non richiesta alla sostanziale natura della fornitura senza posa in opera, con il conseguente assorbimento di tutte le ulteriori censure e le ulteriori questioni relative al fondamento e ai limiti di applicabilità di tale disposizione al caso di specie, pur secondo la linea tracciata dalla Corte di Giustizia e dall’Adunanza plenaria, sulla sua scorta.

Indagine di mercato: è possibile indicare il marchio di produzione o fabbricazione della fornitura?

Nell’avviso di avvio dell’indagine di mercato la Stazione appaltante può specificare i requisiti minimi della fornitura richiesta, anche con riferimento ad una specifica marca di “produzione” o di “fabbricazione”, al fine di meglio chiarire il prodotto che intende acquistare, a condizione di inserire nel medesimo avviso la cosiddetta “clausola di equivalenza” ai sensi dell’art. 68 del d.lgs. n. 50/2016, ovvero di precisare che l’indagine è volta proprio a verificare se esistano altri operatori economici fornitori di prodotti funzionalmente e tecnologicamente equivalenti.
Il comma 6 dell’articolo citato, invero, recita “Salvo che siano giustificate dall’oggetto dell’appalto, le specifiche tecniche non possono menzionare una fabbricazione o provenienza determinata o un procedimento particolare caratteristico dei prodotti o dei servizi forniti da un operatore economico specifico, né far riferimento a un marchio, a un brevetto o a un tipo, a un’origine o a una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti. Tale menzione o riferimento sono tuttavia consentiti, in via eccezionale, nel caso in cui una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell’oggetto dell’appalto non sia possibile applicando il comma 5. In tal caso la menzione o il riferimento sono accompagnati dall’espressione «o equivalente»” (in tal senso, recenentemente TAR Torino, 21.08.2018 n. 963).

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