Affitto o cessione di azienda: effetti – Requisiti necessari per il subentro del cessionario: sono quelli previsti dalla lex specialis – Potere di verifica della Stazione appaltante: limiti (Art. 51)

 


Consiglio di Stato, sez. III, 03.08.2015 n. 3803

(sentenza integrale)

“Va altresì rilevato che l’affitto di azienda rientra nell’ambito di applicazione della regola generale prevista dall’art. 51 del d.lgs. n. 163/2006 («Vicende soggettive del candidato, dell’offerente e dell’aggiudicatario»), per il quale:
«Qualora i candidati o i concorrenti, singoli, associati o consorziati, cedano, affittino l’azienda o un ramo d’azienda, ovvero procedano alla trasformazione, fusione o scissione della società, il cessionario, l’affittuario, ovvero il soggetto risultante dall’avvenuta trasformazione, fusione o scissione, sono ammessi alla gara, all’aggiudicazione, alla stipulazione, previo accertamento sia dei requisiti di ordine generale, sia di ordine speciale, nonché dei requisiti necessari in base agli eventuali criteri selettivi utilizzati dalla stazione appaltante ai sensi dell’articolo 62, anche in ragione della cessione, della locazione, della fusione, della scissione e della trasformazione previsti dal presente codice»
La codificazione, ad opera dell’art. 51, dell’opponibilità alla Stazione appaltante della posizione del soggetto subentrante all’esito delle operazioni testé indicate ha introdotto un temperamento al principio dell’immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche.
Tale temperamento risponde all’esigenza di salvaguardare la libertà contrattuale delle imprese, nel senso che queste devono poter procedere alle riorganizzazioni aziendali reputate opportune senza che possa essere loro di pregiudizio lo svolgimento delle gare alle quali abbiano partecipato (C.d.S., V, 6 marzo 2013, n. 1370).
La previsione dell’art. 51 vale testualmente tanto per le imprese che concorrano in gara come singole quanto per quelle che vi concorrano in associazione con altre (la sua incidenza è maggiore nel primo caso, in cui l’identità del concorrente muta in toto, che nel secondo); oltre il campo di applicazione di tale articolo, si riespande il ricordato principio di immodificabilità soggettiva.
7a Orbene, l’appellante si richiama al pacifico orientamento secondo il quale l’affitto di azienda, alla stessa stregua della relativa cessione, mette l’affittuario/cessionario, per ciò stesso, in condizione di potersi giovare dei requisiti e referenze inerenti al compendio aziendale acquisito (cfr., ad es., C.d.S., Ad.Pl., nn. 10 e 21 del 4 maggio e 7 giugno 2012: «il cessionario … si avvale dei requisiti del cedente sul piano della partecipazione a gare pubbliche»; Sez. VI, 6 maggio 2014, n. 2306: l’atto di cessione di azienda abilita la società subentrante, previa verifica dei contenuti effettivamente traslativi del contratto di cessione, ad utilizzare i requisiti maturati dalla cedente; Sez. V, 10 settembre 2010, n. 6550: «sono certamente riconducibili al patrimonio di una società o di un imprenditore cessionari prima della partecipazione alla gara di un ramo d’aziendai requisitiposseduti dal soggetto cedente, giacché essi devono considerarsi compresi nella cessione in quanto strettamente connessi all’attività propria del ramo ceduto»).
7b In proposito il TAR ha però ritenuto che una simile conclusione sarebbe subordinata al compimento in concreto di una particolare verifica.
Il Tribunale ha convenuto in via di principio, beninteso, che il subingresso del cessionario investa il complesso dei rapporti del cedente e, tra questi, il possesso dei titoli, referenze e requisiti maturati nello svolgimento dell’attività dell’azienda (o del suo ramo) oggetto di cessione.
Il TAR ha affermato, tuttavia, che in casi del genere residuerebbe, per l’Amministrazione, la possibilità di valutare se il cessionario «possa effettivamente disporre» dei requisiti di capacità economico-finanziaria a esso trasferiti: verifica che sarebbe consentita «perlomeno in situazioni nelle quali si possa fondatamente dubitare del passaggio di tali requisiti per effetto dell’operazione di cessione.»
In un quadro normativo del genere senz’altro poco chiaro, l’Amministrazione disporrebbe, dunque, di un potere di apprezzamento che potrebbe portarla a ricusare il soggetto imprenditoriale pur subentrante ai sensi dell’art. 51.
7c La Sezione – rilevato che il quadro normativo risulta effettivamente complesso – ritiene condivisibile l’opposta tesi di fondo, qui sostenuta dall’appellante, secondo la quale, una volta accertata l’efficacia giuridica del negozio di trasferimento della titolarità o del godimento dell’azienda, l’unica «verifica in concreto» all’uopo occorrente (e possibile) sia quella dell’inerenza del requisito in questione al compendio aziendale oggetto della cessione o dell’affitto, condizione la cui sussistenza nel caso di specie è incontestata.
Non può perciò essere seguita l’impostazione del primo Giudice secondo la quale nei casi in rilievo l’Amministrazione potrebbe verificare – sulla base di ulteriori parametri, non precisati da una disposizione normativa primaria o secondaria, né tanto meno dal bando di gara – se il subentrante, in concreto, «possa effettivamente disporre dei requisiti ad esso trasferiti».

Il Tribunale non ha chiarito, in realtà, né in quali casi la ipotizzata «verifica» ulteriore possa rendersi necessaria sulla base di una specifica disposizione normativa o di una previsione del bando di gara, né quale debba essere il suo preciso oggetto.
A parte l’indeterminatezza appena evidenziata, che già si risolve nel riconoscere alla Stazione appaltante un potere decisionale privo di limiti, la lettura seguita dal T.A.R. presenta, inoltre, l’inconveniente – incompatibile con la normativa del settore – di estendere le valutazioni che l’Amministrazione può esercitare, ai sensi dell’art. 51, nei riguardi del soggetto subentrante, su requisiti ulteriori rispetto al numerus clausus stabilito dalla legge: laddove nessuna disposizione ha considerato preclusiva una condizione di «squilibrio finanziario e patrimoniale», né questa è stata resa rilevante dalla disciplina di gara.
Nei confronti del cessionario/affittuario di azienda, va da sé, invece, che non possano pretendersi altri requisiti se non quelli già esigibili secondo legge nei riguardi del suo dante causa e degli altri concorrenti, ossia quelli previsti dalla disciplina legale e dalla lex specialis.
E proprio questo è il contenuto essenziale dell’art. 51 cit., che, appunto, richiede soltanto l’accertamento «sia dei requisiti di ordine generale, sia di ordine speciale, nonché dei requisiti necessari in base agli eventuali criteri selettivi utilizzati dalla stazione appaltante ai sensi dell’articolo 62».
7d La sentenza impugnata viene quindi fondatamente criticata, in sintesi, sia per avere obliterato il fatto che mediante la cessione o l’affitto di azienda si subentra senz’altro nei requisiti inerenti all’azienda oggetto del negozio, sia per aver giustificato la non consentita introduzione (a carico dell’affittuario) di requisiti ulteriori rispetto a quelli stabiliti dalla disciplina della gara e, in particolare, dall’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006.
8 A questo punto occorre invero rimarcare che la lex specialis della fattispecie non prevedeva requisiti di capacità economico-finanziaria ulteriori rispetto a quelli del fatturato, globale e specifico, che sicuramente sono stati trasferiti quale effetto dell’affitto dell’azienda.
In particolare, la lex specialis non esigeva alcun capitale minimo.
Pur risultando comprensibile (in rapporto agli interessi pubblici da salvaguardare) la preoccupazione manifestata dall’Autorità amministrativa con la valutazione contestata in primo grado, il provvedimento impugnato – nell’attribuire rilevanza alla circostanza che il capitale della società affittuaria fosse limitato a «soli euro 10.000» – ha dunque individuato un caso di esclusione ulteriore rispetto a quelli previsti dalla legge ed ha formulato un giudizio di «inaffidabilità» del subentrante che non si può ex se ritenere consentito, sulla base del solo capitale della società.
9 Diversamente da quanto dedotto dall’Amministrazione, pertanto, l’affittuaria non è risultata priva per ciò solo dei requisiti richiesti dall’art. 51, essendo indiscusse la validità e l’efficacia giuridica del più volte menzionato contratto di affitto di azienda.
Pertanto, il Comune – in assenza di ulteriori, significativi e univoci elementi tali da far concludere in senso opposto – avrebbe dovuto ammettere alla stipulazione, senza pretendere di svolgere apprezzamenti ulteriori, per giunta di natura discrezionale in assenza di previi parametri, sulla sua «reale capacità economica e finanziaria», i quali non erano nemmeno consentiti e precostituiti dalla disciplina di gara.
L’art. 51 infatti, «ammette espressamente che la cessione dell’azienda o di un suo ramo comporta il subentro dell’impresa cessionaria alla cedente (…) e condiziona tale effetto alla sola verifica (vincolata e vincolante) del possesso dei requisiti di ordine generale e speciale in capo alla cessionaria» (C.d.S., III, 14 gennaio 2015, n. 55).
E non vi è dubbio che l’Amministrazione anche in occasione dell’accertamento dei requisiti agli effetti di tale articolo sia tenuta all’osservanza della lex specialis.
10 E’ pur vero, poi, che l’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, al comma 1, lett. a), stabilisce che la sottoposizione a concordato preventivo (oltre che a fallimento o liquidazione coatta) comporta di regola l’esclusione dalle gare. All’uopo è sufficiente, anzi, che il relativo procedimento sia stato instaurato (laddove però la semplice esistenza di condizioni di «squilibrio finanziario e patrimoniale» o di una «situazione finanziaria precaria», cui pure nell’atto impugnato si fa riferimento, non rientra tra le cause di possibile esclusione di un’impresa).
La misura oggetto d’impugnativa non trae, tuttavia, specifico fondamento dalla circostanza che, come si è detto, la s.r.l. D. abbia conclusivamente presentato, il 15 aprile 2014, domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo.
Né il Comune avrebbe potuto correttamente farlo.
Occorre difatti rilevare che l’iniziativa dell’originaria mandante dell’ATI aggiudicataria di sottoporsi al concordato preventivo è stata assunta soltanto dopo l’aggiudicazione definitiva, il successivo invito comunale del 22 novembre 2013 alla stipula del contratto di affidamento previa costituzione della cauzione definitiva, e, soprattutto, dopo la sottoscrizione del contratto di affitto d’azienda, la comunicazione della relativa operazione alla Stazione appaltante, e, infine, la successiva trasmissione da parte dell’affittuaria della documentazione riflettente il possesso dei requisiti per subentrare nell’A.T.I..
In questo contesto, l’Amministrazione era quindi ormai chiamata a svolgere il proprio vaglio sul possesso dei requisiti da parte dell’affittuaria, verifica il cui esito favorevole avrebbe escluso la rilevanza delle iniziative postume dell’originaria mandante dell’ATI (cfr. C.d.S., IV, 3 luglio 2014, n. 3344).
L’interpretazione dell’art. 51 cit., del resto, «implica il riconoscimento dell’obbligo della stazione appaltante di verificare, ai fini di una corretta amministrazione della procedura, il possesso, da parte dell’impresa cessionaria, dei requisiti richiesti per la partecipazione alla gara, avendo riguardo al momento in cui si è prodotta la modificazione soggettiva e senza che rilevi, a tali fini, il tempo in cui la stessa è stata effettivamente comunicata» (così C.d.S., Sez. III, 14 gennaio 2015, n. 55; 5 aprile 2013, n. 1894).”

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