Requisiti generali, liquidazione giudiziale, coatta, concordato preventivo e pendenza di un procedimento per una di tali procedure : evoluzione della causa di esclusione , ratio ed operatività (art. 94 d.lgs. 36/2023)

Consiglio di Stato, sez. V, 18.04.2025 n. 3418

Ai sensi dell’art. 94 comma 5 lett. d) del d. lgs. n. 36 del 2023 è escluso dalla partecipazione alle gare l’operatore economico che sia stato sottoposto a liquidazione giudiziale (o si trovi in stato di liquidazione coatta o di concordato preventivo o nei cui confronti sia in corso un procedimento per l’accesso a una di tali procedure), fermo restando quanto previsto dall’art. 95 del d.lgs. n. 14 del 2019, dall’art. 186 bis comma 5 del r.d. n. 267 del 1942 e dall’art. 124 del d.lgs. n. 36 del 2023, con la precisazione che l’esclusione non opera se, entro la data dell’aggiudicazione, sono stati adottati i provvedimenti di cui all’art. 186 bis comma 4 del r.d. n. 267 del 1942 e all’art. 95 commi 3 e 4 del d.lgs. n. 14 del 2019, a meno che non intervengano ulteriori circostanze escludenti relative alle procedure concorsuali.
L’antinomia tradizionalmente sussistente fra procedure concorsuali e procedure ad evidenza pubblica, risalente all’art. 68 del r.d. n- 827 del 1924, e più di recente disciplinata dall’art. 38 del d. lgs. n. 163 del 2006 e successivamente dall’art. 80 comma 5 lett. b) e 110 del d. lgs. n. 50 del 2016 (così come successivamente modificai, anche a seguito del d. lgs. n. 14 del 2019), tutela l’esigenza di garantire la solidità imprenditoriale del futuro contraente, al fine di evitare che le amministrazioni abbiano come controparte contrattuale un soggetto inaffidabile, che non dia garanzia di esatto adempimento, con pericoli di compromissione dell’interesse pubblico sotteso all’affidamento.
Presupposto per l’operatività della causa escludente è infatti quello per cui la liquidazione giudiziale (e in precedenza il fallimento), oltre alle altre procedure indicate, determina la perdita dell’amministrazione e della disponibilità dei beni da parte del titolare dell’impresa, con nomina di un curatore che agisce a tutela dell’interesse dei creditori, superando la precedente prospettiva dell’interesse dell’impresa, in funzione della quale è stata decisa la partecipazione alla gara pubblica.
Infatti, se la liquidazione giudiziale, la liquidazione coatta e il concordato preventivo intervengono in fase esecutiva l’Amministrazione provvede a stipulare un nuovo contratto sulla base della graduatoria “se tecnicamente ed economicamente possibile” (art. 124 comma 1 del d. lgs. n. 36 del 2023), fatta salva la specifica disciplina dettata per il concordato preventivo (artt. 95 commi 3 e 4 e 124 comma 5 del d. lgs. n. 14 del 2019) e la procedura di liquidazione giudiziale con autorizzazione all’esercizio provvisorio dell’impresa (art. 124 comma 4 del d. lgs. n. 14 del 2019).
Pertanto la ratio della causa escludente consiste nella volontà di evitare il rischio di un impedimento all’esecuzione del contratto.
Nel caso di specie il rischio non si concretizza dal momento che il contratto di affitto di ramo di azienda stipulato dal Consorzio stabile con altra società, sottoposta a liquidazione giudiziale, è soggetto alla specifica disciplina recata dall’art. 184 del d. lgs. n. 14 del 2019 (che non ne impedisce la continuazione e quindi la conservazione dei requisiti di partecipazione).
La stessa evoluzione della causa escludente correlata alla situazione di crisi dell’impresa in gara evidenzia una prospettiva che si appunta sulla necessità di valutare lo specifico contratto coinvolto, e non solo la situazione soggettiva di crisi dell’impresa nel suo complesso.
La causa di esclusione di cui all’art. 94 comma 5 lett. d) del d. lgs. n. 36 del 2023, riferita ai casi di ricorrenza delle situazioni di liquidazione giudiziale, di stato di liquidazione coatta, di concordato preventivo e di pendenza di un procedimento per l’accesso a una di tali procedure, non opera infatti se, entro la data dell’aggiudicazione, sono stati adottati i provvedimenti di cui all’art. 186 bis comma 4 del r.d. n. 267 del 1942 e all’art. 95 commi 3 e 4 del d.lgs. n. 14 del 2019.
Ai sensi dei commi 3 e 4 dell’art. 95 del d.lgs. n. 14 del 2019 (recante “Disposizioni speciali per i contratti con le pubbliche amministrazioni”), depositata la domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale, “la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, e, dopo il decreto di apertura, dal giudice delegato”, alle condizioni ivi previste.
Pertanto, nel caso intervenga detta autorizzazione, la causa di esclusione di cui al comma 5 lett. d) dell’art. 94 del d. lgs. n. 36 del 2023 non si perfeziona.
L’antinomia tradizionalmente sussistente fra procedure concorsuali e procedure ad evidenza pubblica (risalente all’art. 68 del r.d. n. 827 del 1924) ha subito quindi un’evoluzione, dapprima con riferimento al concordato preventivo, in costanza del quale la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal giudice (art. 186-bis comma 5 del r.d. n. 267 del 1942), e attualmente in base all’art. 95 del d.lgs. n. 14 del 2019.
Quest’ultimo prevede la possibilità di partecipare a procedure a evidenza pubblica allorquando nei confronti dell’operatore economico sia stata depositata domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale di cui all’art. 40 del d. lgs. n. 14 del 2019, previa autorizzazione del giudice.
Sicché si è andata ampliando la possibilità di coesistenza della procedura di crisi d’impresa con la partecipazione a procedure a evidenza pubblica, ritenendo rilevante la valutazione di affidabilità dell’impresa rispetto al singolo contratto in gara e superando la concezione dell’antinomia con le procedure ad evidenza pubblica incentrata sul profilo soggettivo dell’imprenditore.
Detta evoluzione ha comportato il superamento della prospettiva meramente contabilistica, che muove dalla preoccupazione che la crisi possa minare alla radice l’affidabilità dell’appaltatore in vista della realizzazione della commessa pubblica, per approdare a un sistema che tenga conto (anche) della funzione delle gare pubbliche quale veicolo di implementazione del mercato interno e di superamento delle crisi economiche (direttiva n. 2019/1023/UE), consentendo “al debitore un precoce risanamento attraverso i quadri di ristrutturazione preventiva con gli obiettivi di evitare il default di imprese sane, ma in difficoltà finanziarie e, nel contempo, di tutelare sia i lavoratori che i creditori” (Cons. St., comm. spec., parere 13 maggio 2022 n. 832).
La ratio della causa escludente di cui all’art. 94 comma 5 lett. d) del d. lgs. n. 36 del 2023 non è quindi quella di espellere dal mercato delle gare pubbliche l’impresa rispetto alla quale sia stata presentata domanda ex art. 40 del d. lgs. n. 14 del 2019 ma è quello di evitare che alle gare partecipino soggetti non in grado, in base a un giudizio prognostico qualificato, di garantire la corretta esecuzione del contratto affidando.
Non è quindi lo stato di insolvenza in sé a essere ostativo rispetto alla partecipazione alle gare pubbliche ma l’inaffidabilità dell’impresa in crisi rispetto al singolo contratto, insita nel primo in mancanza di autorizzazione.
Il bilanciamento fra le esigenze di certezza della stazione appaltante e le prerogative di superamento della crisi d’impresa è individuato nella condizione che detta idoneità sia accertata dal giudice (alle condizioni previste dall’art. 95 del d. lgs. n. 14 del 2019).
Sicché la stessa causa escludente di cui all’art. 94 comma 5 lett. d) del d. lgs. n. 36 del 2023 si muove in una prospettiva che tiene conto dello specifico contratto rilevante nella gara.
Nella stessa prospettiva si inquadra la disciplina dell’affitto del ramo d’azienda da parte del terzo, con la specificità che nel caso di affitto il rapporto prosegue salvo diversa determinazione del curatore, previa valutazione del comitato dei creditori. Ciò in quanto il contratto si caratterizza per il fatto che ha ad oggetto il godimento di un complesso organizzato di beni, che l’avente causa intende organizzare in propria azienda (Cass. civ., sez. III, 17 febbraio 2020 n. 3888 e Cass., sez. III, 3 marzo 2025 n. 5657).
L’affittuario pertanto, a far tempo dalla data di efficacia dell’affitto, esercita l’impresa rispetto ai beni e alle risorse che fanno parte del ramo d’azienda e ne assume la responsabilità.
L’affittante assume invece la qualifica di creditore del corrispettivo pattuito e cede la responsabilità dell’esercizio dell’azienda in costanza di contratto, fatte salve alcune specifiche posizioni, quali quelle dei lavoratori, che, ai sensi dell’art. 2112 c.c., conservano i diritti pregressi.
Proprio la qualificazione dell’affittante di ramo di azienda come creditore, che viene in evidenza in questa sede in quanto connota, spiega il trattamento riservato a detto contratto. Da un lato, la disciplina detta dal d. lgs. n. 14 del 2019 prevede la continuazione del rapporto, salvo diversa determinazione, da assumere in un termine ristretto, in quanto il negozio risponde, in via generale, all’interesse di questi ultimi, aumentando la liquidità destinata a soddisfarli (a differenza dei rapporti pendenti di cui all’art. 172 del d. lgs. n. 14 del 2019, che soggiacciono a uno stadio di sospensione che si appunta sull’interesse dei creditori).
Nel contempo la qualificazione dell’affittante di ramo di azienda come creditore non supporta il superamento della disciplina speciale recata dall’art. 184 del d. lgs. n. 14 del 2019 ad opera dell’art. 94 comma 5 del d. lgs. n. 36 del 2023. In tal caso, infatti, non vengono in evidenza i profili di inaffidabilità che connotano la posizione dell’impresa in crisi (e che integrano, come visto, la ratio della causa escludente in esame) dal momento che la posizione della società sottoposta a liquidazione giudiziale (che presta i requisiti) è quella di creditore (fatti salvi gli specifici oneri imposti, che spiegano la facoltà di recedere del contratto, peraltro sottoposta a speciali guarentigie).
Né il diritto eurounitario osta all’interpretazione sopra illustrata.
Infatti l’Italia ha incluso la situazione di liquidazione giudiziale, di stato di liquidazione coatta, di concordato preventivo e di pendenza di un procedimento per l’accesso a una di tali procedure fra le cause di esclusione automatica, facendo “uso del proprio margine di scelta” (Ad. plen. 27 maggio 2021 n. 9, con riferimento alla disciplina ratione temporis vigente, contenuta nell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, e Cgue, sez. IX, 30 gennaio 2020 C-395/18).
Nondimeno le direttive europee sugli appalti, a partire dalla prima, la n. 305 del 1971, sino all’ultima, la n. 24 del 2014 (art. 57 par. 4 lett. b), pur contemplando il fallimento e le altre procedure concorsuali tra i possibili motivi di esclusione, hanno tuttavia sempre rimesso agli stati membri e alle loro amministrazioni aggiudicatrici la scelta se e come escludere i concorrenti che si trovano in tali situazioni.
Pertanto l’ordinamento dell’UE non impone agli Stati membri di escludere gli operatori che si trovano in dette situazioni in quanto “gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare affatto tali cause di esclusione o di inserirle nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale” (Cgue, sez. X, 28 marzo 2019 C-101/18).
Pertanto gli elementi addotti dall’appellante non consentono di ritenere violato dell’art. 94 comma 5 lett. d) del d. lgs. n. 36 del 2023 (mentre non è oggetto di censura l’art. 184 del d. lgs. n. 36 del 2023, la cui interpretazione necessiterebbe comunque di essere coordinata con le fattispecie rimediali di cui al d. lgs. n. 36 del 2023, considerato che non risulta che il curatore della liquidazione giudiziale abbia esercitato, in merito alla pregressa pattuizione contrattuale oggetto di indagine, alcun recesso).