Consiglio di Stato, sez. V, 18.04.2025 n. 3418
10.2. In base all’art. 16 comma 9 dell’Allegato II.12 al d. lgs. n. 36 del 2023, recante “Sistema di qualificazione e requisiti per gli esecutori di lavori” (come già il precedente art. 76 comma 9 del d.P.R. n. 207 del 2010), in caso di affitto di azienda, “l’affittuario può avvalersi dei requisiti posseduti dall’impresa locatrice se il contratto di affitto abbia durata non inferiore a tre anni”.
In particolare il requisito può essere integrato a mezzo di affitto d’azienda “a prescindere dalla perfetta sovrapponibilità temporale tra la durata dell’affitto e quella dell’affidamento” (Cons. St., sez. V, 15 febbraio 2021 n. 1335), in quanto, “Una volta soddisfatto tale requisito, non è consentito indagare oltre circa l’esatta corrispondenza tra durata dei due rapporti contratti (contratto di affitto e contratto di appalto)” (Cons. Stato, sez. III, 5 giugno 2020, n. 3585).
La previsione, dettata per gli appalti di lavori, è ritenuta applicabile, dalla giurisprudenza formatasi sulla base della previgente, e analoga, previsione, anche all’appalto di servizi (Cons. St., sez. V, 17 giugno 2022 n. 4967 e 4 febbraio 2019, n. 827).
Essa è infatti espressione di un principio generale, che consente all’operatore economico di avvalersi, a determinate condizioni, dell’affitto del ramo d’azienda ai fini dell’attestazione di possesso dei requisiti di qualificazione, così fissando, per gli appalti di lavori, il punto di equilibrio fra favor partecipationis e tendenziale stabilità del requisito.
In particolare, decidendo in merito a un appalto di servizi, la Sezione ha ritenuto che “la regola iuris di cui trattasi è logicamente concepibile e quindi valevole solo se riferita ai requisiti connessi ad affidamenti di durata pari o superiore a 3 anni”. Mentre, nel caso di un servizio avente durata inferiore, è sufficiente che l’affitto abbia durata “superiore alla durata dell’appalto” (Cons. St., sez. V, 17 giugno 2022 n. 4967).
In caso di appalti di servizi di durata inferiore a tre anni, come è quello de quo¸ l’applicazione in via di principio della norma richiede che la durata del contratto di affitto “sia almeno pari a quella dell’affidamento”, come nel caso di specie.
Né la circostanza che il ramo d’azienda sia stato successivamente venduto al Consorzio stabile (come da comunicazione 10 luglio 2024) depone in senso contrario (così esimendo il Collegio dal valutare l’ammissibilità della deduzione), in quanto rende stabile il rapporto fra il ramo di azienda e il Consorzio aggiudicatario, così assorbendo il profilo della durata del contratto di affitto, funzionale proprio ad assicurare un’idonea solidità a detta relazione (allorquando è funzionale al “prestito” dei requisiti di carattere speciale).
Pertanto la censura (la prima contenuta nel motivo in esame) è infondata, atteso che si appunta sull’impossibilità di spendere, ai fini della sussistenza dei requisiti di capacità tecnica e professionale, un contratto di affitto di ramo di azienda avente durata inferiore al triennio.
In tali termini è stata infatti formulata la censura in primo grado (il contratto di affitto “ha una durata inferiore a quella minima di tre anni”) e nel ricorso in appello (“il contratto di affitto ha durata biennale, inferiore a quella minima ex lege di tre anni”).
Solo con memoria 21 marzo 2025 il Consorzio -OMISSIS- ha infatti dedotto che “il motivo d’appello è comunque fondato” sul punto, “anche a voler (quod non) accedere all’interpretazione della norma effettuata ex adverso”, aggiungendo che “il contratto d’affitto “scadeva” il 31 dicembre 2024, ossia prima della scadenza annuale del contratto d’appalto”.
Senonché la doglianza relativa all’impossibilità di spendere i requisiti “portati” dalla società affittante non è stata formulata in ragione della scadenza del contratto di affitto prima della scadenza del termine annuale dell’appalto (sul quale si richiama la giurisprudenza citata sopra), aggiunta solo con memoria, ma in ragione della durata inferiore al triennio del primo.
Peraltro il contratto di affitto prevede il rinnovo tacito per ulteriori due anni se non disdettato entro il 31 ottobre 2024 (sul punto si richiama Cons. St., sez. V, 4 febbraio 2019 n. 827).
[…]
Maggiormente pregnante risulta invece il richiamo al criterio ubi commoda, ibi incommoda, di cui si rinviene traccia nella disciplina del principale istituto volto a consentire il “prestito” dei requisiti, l’avvalimento: l’impresa ausiliaria è infatti “tenuta a dichiarare alla stazione appaltante […] di essere in possesso dei requisiti di ordine generale” (art. 104 comma 4 del d. lgs. n. 36 del 2023).
Senonché viene in evidenza la connotazione propria del contratto di affitto d’azienda o di un suo ramo, con le correlate conseguenze in punto di applicazione del criterio ubi commoda, ibi incommoda.
Il contratto di affitto di ramo d’azienda si differenzia infatti dal contratto di avvalimento, nell’ambito del quale le due soggettività rimangono distinte e titolari della rispettiva impresa anche nel corso del rapporto (di avvalimento).
Il contratto di avvalimento consente all’offerente di beneficiare dei requisiti senza sopportare alcun peso riguardante l’impresa che ha acquisito quei titoli, se non il pagamento di un corrispettivo. Essendo quindi l’ausiliaria a sopportare gli oneri dell’esercizio dell’impresa a quest’ultima si richiede di dichiarare di essere in possesso dei requisiti di ordine generale.
In base all’art. 2558 c.c. invece la società affittuaria subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda (art. 2558 c.c.): “il contratto di cessione o di affitto d’azienda determina l’automatico trasferimento all’acquirente (o all’affittuario) di tutti i rapporti compresi nel complesso aziendale, sia attivi che passivi” (Cons. St., sez. V, 11 gennaio 2023 n. 388).
Sicché l’affittuaria beneficia dei commoda (i requisiti) sopportando gli incommoda, cioè gli obblighi che derivano dall’intervenuto affitto di ramo d’azienda, fra i quali l’obbligo di corrispondere le retribuzioni e di pagare i contributi.
La possibilità di fruire dei requisiti è quindi strettamente connessa con l’esercizio del ramo d’azienda da parte della società offerente: in altre parole, la ragione che la giustifica è strettamente connessa alla causa di detto contratto, connotata dal trasferimento dell’esercizio dell’impresa in capo all’affittuaria, che ne sopporta gli oneri.
Il disposto dell’art. 2112 c.c. prevede, in particolare, che, in caso di trasferimento di azienda – ivi compreso, nel senso previsto dal successivo comma 4, l’affitto di azienda – il rapporto di lavoro continua con il cessionario (comma 1), fatta salva la responsabilità solidale di entrambe le società per i “crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento” (comma 2).
Dunque, “l’affitto d’azienda, nel momento in cui si conclude e per tutta la sua durata, comporta una successione legale a titolo particolare nel rapporto di lavoro dal lato datoriale (Cass. 12919/2017, Cass. 10701/2002), dovendosi di conseguenza escludere la persistenza di un rapporto contrattuale anche con il concedente e la possibilità di continuare a includere i lavoratori operanti all’interno dell’azienda trasferita nel novero dei lavoratori subordinati alle dipendenze del medesimo trasferente” (Cass. civ., sez. I, 10 febbraio 2022 n. 4342).
Sicché è la società affittuaria, nel caso di specie il Consorzio stabile aggiudicatario, a dover corrispondere le retribuzioni e i contributi da quando è divenuto efficace il contratto di affitto. Infatti, a partire dal giugno del 2022, i rapporti compresi nel ramo d’azienda affittato sono stati trasferiti al Consorzio stabile e, in particolare, i rapporti di lavoro.
La conseguenza è che lo stesso è tenuto a presentare il DURC con riferimento ai lavoratori trasferiti nel 2022 (in quanto compresi nel ramo d’azienda oggetto dell’affitto) e quindi già transitati al Consorzio stabile all’epoca della gara.
RISORSE CORRELATE
- Affitto ramo d'azienda - Irregolarità fiscale - Si trasferisce al cessionario (art. 80 d.lgs. 50/2016)
- Affitto ramo d’azienda - Completa discontinuità nella gestione - Mancanza - Verifica dei requisiti in capo all' affittante - Necessità (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)
- Affitto ramo d'azienda - SOA originaria - Mancato rinnovo o aggiornamento - Perdita dei requisiti di qualificazione (art. 84 d.lgs. n. 50/2016)
- Affitto ramo d'azienda per avvalimento dei requisiti di partecipazione (art. 89 d.lgs. n. 50/2016)
- Fatturato specifico - Affitto di ramo d’azienda - Durata inferiore rispetto alla durata dell’appalto - Irrilevanza (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)
- Requisiti di partecipazione - Affitto ramo di azienda - Durata inferiore a quella del contratto d'appalto - Esclusione (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)
- Cessione o affitto di ramo d’azienda - Regolarità contributiva - Regolarizzazione postuma (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)
- Affitto di ramo d'azienda con contratto di durata inferiore a quella della prestazione - Indeterminatezza del soggetto eventualmente subentrante - Esclusione - Legittimità (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)
- Affitto d'azienda (con esclusione dei rapporti di lavoro) - Idoneità - Requisiti e referenze utilizzabili ai fini della partecipazione alla gara - Obbligo di dichiarare che il possesso dei requisiti di partecipazione sia stato acquisito mediante affitto - Non sussiste (Art. 51)