CCNL diverso : il decreto “correttivo” conferma obbligo per Stazione Appaltante di verificare la dichiarazione di equivalenza delle tutele (art. 11 d.lgs. 36/2023)

TAR Milano, 30.01.2025 n. 296

Nel caso di specie, l’aggiudicataria si è avvalsa della facoltà riconosciuta dall’art. 11, comma 3, D.Lgs. 36/2023, indicando un CCNL diverso da quello previsto all’art. 3 del Disciplinare di gara e depositando una espressa dichiarazione di equivalenza tra i due contratti (doc. 17 Comune).
Ebbene, a fronte di ciò, ritiene il Collegio che l’ente concedente avrebbe dovuto procedere, in ossequio al disposto dell’art. 11, comma 4, D.lgs. 36/2023 ratione temporis applicabile, alla verifica del contenuto della suddetta dichiarazione, anche con le modalità di cui all’art. 110 del medesimo decreto legislativo, ciò che, tuttavia, non è avvenuto, essendosi l’Amministrazione limitata a recepire supinamente la dichiarazione resa dalla aggiudicataria.
E, invero, se, da un lato, mediante l’istituto in esame il legislatore ha inteso riconoscere agli operatori economici una maggiore flessibilità nella propria organizzazione aziendale, quale corollario della libertà di iniziativa economica privata scolpita all’art. 41 Cost. (con la conseguenza che la norma in esame non può essere interpretata in senso eccessivamente restrittivo, in quanto occorre evitare di introdurre freni non necessari alla concorrenza e al principio di massima partecipazione – v. in tal senso T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, ord. 12.03.2024, n. 89), dall’altro tale facoltà deve contemperarsi con la ineludibile tutela dei lavoratori, la quale postula un’attenta disamina da parte della stazione appaltante circa l’equivalenza delle tutele (economiche e normative) riconosciute in forza del diverso CCNL prescelto dall’operatore economico.
Al fine di precisare il contenuto della suddetta valutazione, del resto, il legislatore è recentemente intervenuto mediante l’art. 2, comma 1, lett. d), D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209, che – a far data dal 31.12.2024 – ha così modificato il comma 4 dell’art. 11 D.Lgs. 36/2023: «Nei casi di cui al comma 3, prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione le stazioni appaltanti e gli enti concedenti acquisiscono la dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele. In quest’ultimo caso, la dichiarazione è anche verificata con le modalità di cui all’articolo 110, in conformità all’allegato I.01.6».
In particolare, l’art. 3 del predetto Allegato introduce una espressa presunzione di equivalenza, l’art. 4 precisa i criteri da tenere in considerazione ai fini della verifica di equivalenza nell’ipotesi in cui l’anzidetta presunzione non possa trovare applicazione (art. 4 Allegato I.01.6 al D.Lgs. 36/2023) e, infine, l’art. 5 (rubricato “Verifica della dichiarazione di equivalenza”) stabilisce che “1. Per consentire alle stazioni appaltanti ed enti concedenti di verificare la congruità dell’offerta ai sensi dell’articolo 110, gli operatori economici trasmettono la dichiarazione di equivalenza di cui all’articolo 11, comma 4, in sede di presentazione dell’offerta. 2. Prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione, la stazione appaltante o l’ente concedente verifica la dichiarazione di equivalenza presentata dall’operatore economico individuato”.
Le disposizioni da ultimo richiamate – ancorché non operanti alla data di svolgimento della procedura evidenziale in esame – confermano (e precisano) quanto già previsto dal previgente art. 11, comma 4, D.Lgs. 36/2023, ossia come la determinazione di affidamento/aggiudicazione debba necessariamente essere preceduta dalla verifica della dichiarazione di equivalenza, la quale assume, pertanto, carattere obbligatorio.
Nella fattispecie di cui è causa tale adempimento risulta, per converso, del tutto omesso, non essendovi traccia, né nei verbali di gara né nella determinazione di affidamento, dell’effettivo espletamento della verifica relativa al contenuto della dichiarazione di equivalenza resa dalla controinteressata.
Pertanto, in disparte la fondatezza della lamentata carenza del requisito dell’equivalenza delle tutele tra il CCNL applicato dalla controinteressata e quello individuato dall’ente concedente (il cui vaglio è precluso a questo Giudice, trattandosi di potere amministrativo non ancora esercitato – v. art. 34, comma 2, c.p.a.), il motivo di ricorso in esame è fondato, nei termini sin qui precisati.

Quinto obbligo e proroga tecnica : obbligo di quantificazione nel calcolo importo stimato appalto (art. 14 , art. 120 d.lgs. 36/2023)

TAR Milano, 30.12.2025 n. 329

A dispetto della precedente formulazione dell’art. 106 del D.lgs. n. 50/2016, l’art. 120 ha impresso agli istituti in analisi una differente fisionomia, tale che, ad avviso del Collegio, ove previsti dalla lex specialis, gli importi a questi afferenti non possono essere esclusi dal calcolo dell’importo globale della commessa.
Nello specifico, il quinto d’obbligo di cui al comma 9 ha assunto propriamente la natura di “opzione contrattuale”, attivabile dall’Amministrazione non più automaticamente ma soltanto ove prevista ab origine nei documenti iniziali di gara, ciò al fine di rendere la sua previsione compatibile con le fattispecie di “modifica” dell’appalto consentite dall’art. 72 della Direttiva 2014/24/UE.
La proroga tecnica, invece, con il comma 11 è stata distinta nel nuovo Codice dall’opzione di proroga di cui al comma 10, in quanto azionabile solo in “casi eccezionali”, per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura e, soprattutto, senza possibilità alcuna di modifica dei prezzi, patti e condizioni previsti nel contratto per l’ultimazione della commessa.
La specificità di tale ipotesi di proroga contrattuale, tuttavia, non elide, ad avviso del Collegio, l’onere in capo alla S.A. che questa venga puntualmente prevista nella lex specialis, pena la violazione del principio inderogabile, fissato dal Legislatore per ragioni di interesse pubblico, in forza del quale l’Amministrazione, una volta scaduto il contratto, deve procedere all’indizione di una nuova gara pubblica, qualora ravvisasse ancora la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 12 settembre 2023, n. 8292); sicché le proroghe dei contratti affidati con gara, qualunque natura abbiano, “sono consentite se già previste ab origine e comunque entro termini determinati, mentre una volta che il contratto scada e si proceda ad una proroga non prevista originariamente, o oltre i limiti temporali consentiti (ovvero senza limiti predeterminati ed espliciti), la stessa proroga dovrebbe essere equiparata ad un affidamento senza gara” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 3 aprile 2017, n. 1521).
Tirando le fila del discorso, quindi, in forza delle caratteristiche sopra delineate, tanto il quinto d’obbligo quanto la proroga tecnica estendono il perimetro delle obbligazioni contrattuali previste dall’appalto o in senso “quantitativo” (quinto d’obbligo) o in senso dell’“estensione temporale” (proroga tecnica), sicché, ad avviso del Collegio, sorge il complesso onere in capo alla S.A. di specifica previsione degli stessi nella lex specialis, di conseguente quantificazione del loro valore economico e, infine, di inclusione dei relativi importi nel complesso valore contrattuale stimato dalla S.A. ai sensi dell’art. 14, comma 4 del D.lgs. n. 36/2023 (come peraltro previsto dal bando tipo ANAC n. 1/2023).