Deve preliminarmente evidenziarsi che il problema giuridico sotteso alla decisione in commento riguarda la corretta esegesi di quanto stabilito dell’art. 35 D. Lgs. cit., rubricato “Accesso agli atti e riservatezza”, che, pur riportandosi alla disciplina generale sull’accesso di cui agli artt. 22 e ss. l. 241/1990, aggiunge delle speciali e specifiche disposizioni derogatorie in punto di differimento, di limitazione e di esclusione della pretesa ostensiva in considerazione delle peculiari esigenze di riservatezza che sogliono manifestarsi e assumere rilievo nel contesto delle procedure evidenziali (cfr. Cons. di Stato, sez. V, n. 64/2020).
Ai fini che qui interessano, il comma 4 dell’art. 35 cit., recependo le indicazioni dell’art. 21 della direttiva 2014/24/UE, dell’art. 39 della direttiva 2014/25/UE e dell’art. 28 della direttiva 2014/23/UE, prevede alcune ipotesi di esclusione dal diritto di accesso, interferendo con la disciplina generale di cui ai primi tre commi dell’art. 24 l. n. 241/1990. In particolare, il comma 4, lett. a), esclude il diritto di accesso in relazione alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, “segreti tecnici o commerciali” (per meglio comprendere il significato di tale locuzione si veda l’art. 98 D. Lgs. n. 30/2005).
Dunque, la norma salvaguarda, nell’ottica di garantire e non di derogare alla corretta competizione fra imprese, l’interesse di chi partecipa ad una gara, nel senso che non vi è “un’indiscriminata accettazione del rischio di divulgazione di segreti tecnici o commerciali”, che, almeno in principio, sono sottratti, dato il loro specifico valore concorrenziale, ad ogni forma di divulgazione, come indicato dalla disposizione in commento.
Tuttavia, posto che trasparenza e riservatezza sono valori primari per l’azione amministrativa, il citato divieto di accesso non è assoluto.
Infatti, l’art. 35, co. 5, cit. consente, proprio con riferimento alla menzionata lett. a) del comma 4, l’accesso al concorrente che lo richieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di gara nell’ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso. Il co. 5, quindi, può essere considerato come una “eccezione all’eccezione”, in quanto consente una riespansione e riaffermazione del diritto di accesso.
Ne deriva, come chiarito più volte dalla giurisprudenza, che nell’analisi del caso concreto sotteso al suo esame, il giudice amministrativo deve verificare se è stata fatta corretta applicazione di quanto sopra o meglio se vi è stato un corretto bilanciamento tra le esigenze di trasparenza nell’acquisizione documentale, funzionali ad un pieno esercizio del diritto di difesa da parte del concorrente istante, e la salvaguardia della segretezza (tecnica e commerciale) per i concorrenti controinteressati rispetto all’anzidetta istanza.
Nel procedere a tale verifica, si ritiene, anche sulla scorta della giurisprudenza formatasi sul tema, che il controllo da eseguire sia triplice:
– in primo luogo, andrà verificato che rispetto al diniego di accesso vi sia stata una “motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente”; detto altrimenti, il sancito limite all’ostensibilità è, però, subordinato all’espressa manifestazione di interesse da parte dell’impresa interessata, cui incombe l’onere dell’allegazione di motivata e comprovata dichiarazione, con cui provi l’effettiva sussistenza di un segreto tecnico o commerciale;
– dopodiché, andrà appurato che le informazioni richieste rientrino nel concetto di “segreto tecnico o commerciale”, come ritenuto da chi si oppone all’ostensione;
– infine, in caso di esito favorevole alla controinteressata dei precedenti controlli, bisognerà verificare se l’istante abbia o meno una concreta necessità (da guardarsi in termini di “stretta indispensabilità”) di utilizzo della documentazione richiesta in uno specifico giudizio; in effetti, come chiarito anche dal Consiglio di Stato (sez. V, 1 luglio 2020, n. 4220) già sotto la vigenza del codice precedente, alla luce degli interessi in gioco e del tenore della norma, non c’è un’automatica presunzione assoluta di prevalenza dell’accesso “difensivo” rispetto alla tutela della segretezza tecnica e commerciale, poiché l’istanza di accesso agli atti nell’ambito di una gara pubblica impone ragionevolmente di dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma la concreta necessità di uso dell’atto in giudizio; cioè, l’accesso è, nella materia in esame, strettamente legato alla sola esigenza di “difesa in giudizio”, previsione più restrittiva di quella dell’art. 24, co. 7, l. n. 241 del 1990, che contempla un ventaglio più ampio di possibilità, consentendo l’accesso, ove necessario, senza alcuna restrizione alla sola dimensione processuale.