AFFIDAMENTO DIRETTO NEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI D.LGS. 36/2023: CRITERI INTERPRETATIVI ED APPLICAZIONE CONCRETA NELLE PIÙ RECENTI SENTENZE DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO

                                     

 

 

 

 

Sommario: 1. L’affidamento diretto, anche se procedimentalizzato, non è una procedura di gara; 2. Affidamento diretto e rispetto del principio di rotazione; 3. Affidamento diretto ed obbligo indicazione dei costi della manodopera; 4. Divieto di ricorso all’affidamento diretto nelle concessioni; 5. Vademecum e criticità degli affidamenti diretti secondo ANAC.

In considerazione dell’attualità e della rilevanza – sia in termini numerici che economici – degli affidamenti diretti nel settore degli appalti pubblici, il focus propone una rassegna ragionata delle principali sentenze dei TAR e del Consiglio di Stato (con link alla versione integrale) pubblicate nel 2024 sull’argomento.

1. L’affidamento diretto, anche se procedimentalizzato, non è una procedura di gara.

La definizione di affidamento diretto è contenuta nell’Allegato 1.3, art 3, lett. d) al D.Lgs. 36/2023, secondo il quale si tratta dell’“affidamento del contratto senza una procedura di gara, nel quale, anche nel caso di previo interpello di più operatori economici, la scelta è operata discrezionalmente dalla stazione appaltante nel rispetto dei criteri qualitativi e quantitativi di cui all’art. 50 comma 1 lett. a) e b) del codice e dei requisiti generali o speciali previsti dal medesimo codice”.

L’affidamento diretto, pertanto, per espressa disposizione legislativa, non è una procedura di gara, intesa come confronto competitivo tra più operatori economici. Tuttavia, ciò non significa che lo stesso non possa essere, in qualche modo, “procedimentalizzato”.

Nel bandire una procedura semplificata, la stazione appaltante è libera, ad esempio, di introdurre alcuni elementi procedurali tipici delle gare senza determinare ex se l’applicazione integrale delle regole previste dal Codice per le procedure ordinarie.

Come ribadito dal Consiglio di Stato, infatti, la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori, non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze. L’acquisizione di più offerte non comporta la trasformazione della procedura di affidamento diretto in una gara vera e propria, trattandosi piuttosto di un mero confronto di preventivi, con conseguente dovere della stazione appaltante di motivare la scelta dell’aggiudicatario non in ottica comparativa, ma solo in termini di economicità e di rispondenza dell’offerta alle proprie esigenze (Consiglio di Stato, sez. V, 15.01.2024 n. 503).

Nelle procedure di affidamento diretto, infatti, il d.lgs. n. 36/2023 prevede che la scelta dell’operatore “anche nel caso di previo interpello di più operatori economici” è “operata discrezionalmente dalla stazione appaltante” (art. 3, allegato I.1), fermo restando l’obbligo di motivarne le ragioni (art. 17, c. 2). Essa sfugge, pertanto, al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia manifestamente inficiata da illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità o travisamento dei fatti (TAR Milano, 11.06.2024 n. 1778).

Così, ad esempio, secondo la giurisprudenza, la chiara indicazione della norma applicata (art. 50, c. 1, lett. b), d.lgs. n. 36/2023), la previsione di un mero confronto tra preventivi e l’assenza di una commissione giudicatrice nominata per la valutazione delle offerte, per cui l’individuazione del preventivo ritenuto più conveniente per l’amministrazione è effettuata direttamente dal R.U.P., senza le formalità della seduta pubblica e senza l’elaborazione di una graduatoria finale tra le diverse proposte, palesano la volontà dell’amministrazione di ricorrere ad una modalità di affidamento diretto e non ad una procedura di carattere comparativo.

In particolare, non palesa la volontà di indire una procedura negoziata la decisione dell’amministrazione di interpellare cinque operatori; l’art. 50, c. 1, lett. b), d.lgs. n. 36/2023 consente, infatti, l’affidamento diretto dei servizi e forniture, di importo inferiore a 140.000 euro, “anche senza” consultazione di più operatori economici e l’art. 3, allegato I.1 del Codice prevede espressamente la facoltà per la stazione appaltante di interpellare più operatori. Non assumono, pertanto, rilievo la richiesta di un’offerta tecnica e un’offerta economica, l’indicazione di un importo “a base d’asta” e la predeterminazione di criteri di valutazione. Così come non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara neppure la richiesta del possesso, in capo agli operatori, di requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale che è, anzi, conforme a quanto previsto all’art. 17, c. 2, d.lgs. n. 36/2023 in forza del quale, in caso di affidamento diretto, la decisione di contrarre “individua l’oggetto, l’importo e il contraente, unitamente alle ragioni della sua scelta, ai requisiti di carattere generale e, se necessari, a quelli inerenti alla capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale” (TAR Milano, 11.06.2024 n. 1778).

2. Affidamento diretto e rispetto del principio di rotazione.

Con il Comunicato del Presidente del 24.06.2024, l’ANAC ha fornito chiarimenti sull’applicazione del principio di rotazione per gli affidamenti diretti e le procedure negoziate nei contratti di appalto di importo inferiore alle soglie europee.

Nell’affidamento diretto trova applicazione il principio di rotazione ex art. 49 D.Lgs. n. 36/2023, che non consente un terzo affidamento consecutivo. Sotto tale profilo è stato precisato che la norma in questione – secondo cui “è vietato l’affidamento o l’aggiudicazione di un appalto al contraente uscente nei casi in cui due consecutivi affidamenti abbiano ad oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi” – va interpretata nel senso che i “due consecutivi affidamenti” fanno riferimento a quello da aggiudicare e a quello “immediatamente precedente” con la conseguenza che è vietato già il “secondo” consecutivo affidamento e non il “terzo” in favore dell’operatore già affidatario di due precedenti consecutivi affidamenti; non si rinvengono, per una simile interpretazione, né elementi testuali, né elementi sistematici tenuto anche conto che la disposizione si pone in linea di continuità con la precedente regolamentazione di cui alle Linee Guida ANAC n. 4 che al punto 3.6 facevano espresso riferimento all’affidamento “precedente” e a quello “attuale”. Peraltro, in tal caso, la norma avrebbe utilizzato il termine “abbiano avuto”, piuttosto che “abbiano”, tempo presente che “attualizza” la sequenza temporale al momento immediatamente precedente (in tal senso, TAR Catania, 19.03.2024 n. 1099 e Parere MIT n. 2177/2023).

Il principio di rotazione non si applica qualora il nuovo affidamento avvenga tramite procedure ordinarie o comunque aperte al mercato, nelle quali la stazione appaltante non disponga alcuna limitazione in ordine al numero di operatori economici tra i quali effettuare la selezione. Così, ad esempio, secondo il TAR Calabria (TAR Catanzaro, 29.05.2024 n. 848), il procedimento instaurato mediante l’avviso di indagine esplorativa di mercato può essere equiparato a tutti gli effetti a una “procedura aperta al mercato”, essendo in esso prevista una selezione aperta a tutti e basata sul criterio dell’offerta più congrua e conveniente, così da escludere una potenziale lesione del principio di rotazione. Da qui l’accoglimento del ricorso e l’annullamento sia dell’avviso pubblico sia della successiva aggiudicazione, per aver la stazione appaltante precluso, sulla base di una illegittima applicazione del principio di rotazione, alla impresa ricorrente di essere invitata a presentare il proprio preventivo in risposta a una procedura di selezione pubblica.

Con parere n. 2624 del 21 giugno 2024, il MIT ha risposto al quesito postogli da una stazione appaltante riguardo la possibilità di derogare al principio di rotazione per evitare un dispendio maggiore di costi per un nuovo affidamento avente le medesime caratteristiche del precedente. Nel parere, richiamando il parere di ANAC 58/2023, il Ministero chiarisce nuovamente che le uniche eccezioni (oltre alla deroga al di sotto dei 5.000 Euro) ammesse al principio di rotazione sono quelle previste dai commi 4 e 5 dell’art. 49. Il principio di rotazione prevale, quindi, a quello di economicità dell’azione della pubblica amministrazione.

3. Affidamento diretto ed obbligo indicazione dei costi della manodopera.

L’art. 108, comma 9 del D.Lgs. 36/2023, rubricato “Criteri di aggiudicazione degli appalti di lavori, servizi e forniture” prescrive che “Nell’offerta economica l’operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale.

L’art. 41, comma 14, prescrive poi che “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13.

Infine, l’art. 48 dispone che “Ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si applicano, se non derogate dalla presente Parte, le disposizioni del codice.”.

Sulla scorta dei citati indici normativi, il TAR Catanzaro ha ritenuto come non possa escludersi l’applicabilità (anche) agli affidamenti diretti della regola sancita all’art. 108, comma 9 sull’obbligatorietà dell’indicazione dei costi della manodopera a pena di esclusione del concorrente (TAR Catanzaro, 17.06.2024 n. 958).

Del resto, con le sentenze nn. 1, 2 e 3/2019, anche l’Adunanza Plenaria, da un lato, aveva aderito alla lettura formalistica dell’art. 95 co. 10, del D.Lgs. 50/2016, affermando che la “mancata indicazione da parte di un concorrente a una pubblica gara di appalto dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza dei lavoratori comporta comunque l’esclusione dalla gara senza che il concorrente stesso possa essere ammesso in un secondo momento al beneficio del c.d. ‘soccorso istruttorio’, pur nelle ipotesi in cui la sussistenza di tale obbligo dichiarativo derivi da disposizioni sufficientemente chiare e conoscibili e indipendentemente dal fatto che il bando di gara non richiami in modo espresso il richiamato obbligo legale di puntuale indicazione” e, dall’altro, aveva rimesso la questione della compatibilità comunitaria della norma così interpretata alla Corte di Giustizia.

La Corte di Giustizia, con la sentenza 2 maggio 2019, C-309/18, ha ritenuto gli artt. 95, comma 10, ed 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016, in linea di principio compatibili con la direttiva n. 2014/24/UE, salva tuttavia la situazione – che spetta al Giudice nazionale verificare – in cui sussista una “materiale impossibilità”, per l’offerente, di indicare separatamente quei costi.

La giurisprudenza ha altresì precisato che la portata escludente dell’inosservanza dell’obbligo di indicare nell’offerta “i propri costi della manodopera”, secondo quanto prescritto dall’art. 95, comma 10, D.Lgs. n. 50/2016, non trova applicazione allorché in base alla documentazione di gara non sia possibile provvedere a tale indicazione.

Secondo il Giudice Amministrativo, l’indicata materiale impossibilità, tuttavia, non sussiste laddove l’enunciazione dell’obbligo manchi nel corpo della lex specialis, tenuto conto dell’attitudine eterointegrativa della prescrizione normativa dell’art. 95, comma 10, che deve senz’altro considerarsi, anche alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale, ben nota ad ogni serio ed informato operatore economico.

È stato ancora precisato che l’eventuale non editabilità dei moduli dichiarativi predisposti dalla stazione appaltante privi dello spazio per l’indicazione in questione, non è di per sé preclusiva, sul piano della materiale elaborazione scritturale dei termini dell’offerta, dell’integrazione ad opera dell’offerente (Consiglio di Stato, Sez. V, 8 aprile 2021, n. 2839).

Pertanto, l’art. 41, comma 14, del nuovo Codice trova applicazione anche negli affidamenti diretti, in quanto la norma esprime un principio generale – quale la tutela dei lavoratori – che deve essere comunque rispettato. Ciò posto, è necessario che siano previste modalità idonee che tengano conto del fatto che negli affidamenti diretti non viene effettuata una procedura di gara. Ad esempio, nei casi in cui sia necessario procedere allo scorporo dei costi della manodopera, si tenga conto delle esigenze di semplificazione sottese agli affidamenti diretti ai fini della individuazione delle modalità di scorporo medesimo (cfr. Pareri MIT nn. 2346/2024 e 2398/2024).

4. Divieto di ricorso all’affidamento diretto nelle concessioni.

La scelta del Legislatore nel nuovo Codice dei contratti pubblici è stata quella di regolamentare in via autonoma le concessioni, quali species del genus del partenariato pubblico-privato di tipo contrattuale, riconoscendone l’autonomia rispetto ai contratti di appalto non solo per quanto attiene agli aspetti sostanziali, ma anche per quanto di specifica attinenza ai profili procedurali.

Si assiste, infatti, ad una autonoma regolamentazione delle procedure di affidamento delle concessioni, senza alcun rinvio alla disciplina riguardante il settore degli appalti, al fine, evidentemente ritenuto essenziale, di attribuire autonoma dignità ad una porzione ormai rilevante dei contratti pubblici.

In particolare, alle concessioni di importo inferiore alla soglia europea, la scelta del Legislatore del 2023 è stata quella di operare una radicale inversione di rotta rispetto alla previgente disciplina, regolamentando autonomamente l’affidamento di tali contratti senza alcun rinvio alle disposizioni dettate per i contratti di appalto e, in particolare, senza alcun richiamo all’art. 50 del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36.

Pertanto, la procedura di affidamento delle concessioni sotto la soglia di rilevanza europea potrà avvenire secondo le modalità delineate dall’art. 187 del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36, ovvero mediante procedura negoziata, senza pubblicazione di un bando di gara, previa consultazione, ove esistenti, di almeno 10 operatori economici, ferma restando l’opzione dell’ente concedente di utilizzare le procedure di gara disciplinate, per le concessioni, dalle altre disposizioni del Titolo II, della Parte II del Libro IV del Codice.

La disposizione di cui all’art. 187 citato risponde, da un lato, alle stesse finalità di flessibilità e semplificazione cui è ispirato l’art. 50; dall’altro sembra valorizzare in maniera più spiccatamente garantista le esigenze pro-concorrenziali, intendendo coinvolgere il maggior numero possibile degli operatori economici (dieci).

Sulla scorta delle suddette considerazioni, sono state ritenute fondate dal TAR Parma le censure della parte ricorrente in ordine alla illegittimità della procedura ex art. 50 del D.lgs. 36/2023, prescelta dal Comune di Reggio Emilia per l’affidamento del servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza stradale compromesse a seguito del verificarsi di incidenti stradali. Nel caso di specie, trattandosi di concessione di servizi di importo inferiore alla soglia europea, la disciplina applicabile è quella dettata dall’art. 187 del D.Lgs. 36/2023, che prevede la procedura negoziata senza bando con la previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici, ferma restando la possibilità per l’ente concedente di optare per le procedure ad evidenza pubblica dettate specificamente per le concessioni dal Titolo II, della Parte II del Libro IV del Codice (TAR Parma, 18.06.2024 n. 155).

Agendo sempre nell’ottica delle esigenze di flessibilità e semplificazione, il nuovo Codice ha previsto quindi una semplificazione anche per le procedure relative alle concessioni al di sotto delle soglie comunitarie, ma non ha ammesso l’affidamento diretto.

5. Vademecum e criticità degli affidamenti diretti secondo ANAC.

Il 30 luglio 2024, l’ANAC ha predisposto un Vademecum informativo per “gli affidamenti diretti di lavori di importo inferiore a 150.000,00 euro, e di forniture e servizi di importo inferiore a 140.000 euro”, con lo scopo di per fornire a stazioni appaltanti ed imprese indicazioni sia dal punto di vista normativo che operativo.

L’ANAC ha inoltre recentemente individuato alcune criticità (anche su segnalazione di stakeholder) nel Codice dei contratti pubblici (cfr. ANAC – Criticità e segnalazioni in materia di contratti pubblici – 23.07.2024.pdf).

Rispetto alle procedure per l’affidamento diretto, l’Autorità ha segnalato:

– il rischio di un eccessivo frazionamento degli appalti. Stante l’ampia possibilità di ricorso all’affidamento diretto e alla procedura negoziata senza bando, le stazioni appaltanti potrebbero essere indotte, al fine di ottenere la massima semplificazione delle procedure, ad un eccessivo frazionamento degli appalti, in modo da far rientrare l’affidamento occorrente entro la soglia prescritta per il ricorso alle procedure semplificate. Potrebbe quindi accadere che appalti pluriennali, anziché essere affidati mediante le procedure ordinarie, vengano invece affidati annualmente, in modo da rimanere al di sotto della soglia prevista per l’affidamento diretto o per la procedura negoziata senza bando ed evitare, così, di assoggettarsi al principio della gara pubblica;

– l’esigenza di estendere la possibilità per le stazioni appaltati di ricorrere alle procedure ordinarie in luogo delle procedure semplificate previste per gli appalti sottosoglia. Ad oggi, nel Codice, ciò è espressamente consentito nel solo caso di cui all’articolo 50, comma 1, lettera d) – procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno dieci operatori economici, ove esistenti, per lavori di importo pari o superiore a 1 milione di euro e fino alla soglia di rilevanza europea. L’Autorità ha evidenziato l’opportunità di consentire in ogni caso alle stazioni appaltanti, nell’esercizio della propria discrezionalità e in applicazione del principio di auto-organizzazione amministrativa, di ricorrere alle procedure ordinarie anche sottosoglia, in luogo delle procedure negoziate, qualora le caratteristiche del mercato di riferimento inducano a ritenere preferibile un ampio confronto concorrenziale. Di recente, con parere del MIT n. 2577/2024, tale possibilità è stata subordinata ad una adeguata motivazione anche in considerazione dell’allungamento dei tempi di conclusione del procedimento derivanti da tale scelta. In tal senso, secondo l’Autorità, il testo normativo dovrebbe essere emendato alla luce dell’orientamento espresso dal MIT. Del resto, anche ANAC, nel parere in funzione consultiva n. 13 del 13 marzo 2024, rispondendo ai dubbi dell’amministrazione interpellante, ha ritenuto che «debba considerarsi consentito, in via generale, per gli affidamenti di valore inferiore alle soglie di cui all’art. 50 del Codice Appalti (anche) il ricorso alle procedure ordinarie, secondo le opportune valutazioni della stazione appaltante in relazione alle caratteristiche del mercato di riferimento, alle peculiarità dell’affidamento e agli interessi pubblici ad esso sottesi».

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