Offerta economica – Costo della manodopera palesemente errato in cifre ed in lettere – Deve essere, in ogni caso, accertato in sede di verifica di anomalia (art. 95 , art. 97 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 16.08.2022 n. 7141

9.1. Come emerge dalla esposizione sopra svolta, la questione sollevata dall’appellante impone di stabilire se una indicazione palesemente incongruente dei costi della manodopera, come avvenuto nel caso di specie, comporti l’immediata esclusione dell’offerta, per la riscontrata difformità tra detto importo (indicato nell’offerta economica ai sensi dell’art. 95, comma 10, del Codice dei contratti) e l’effettivo costo del lavoro ricavabile dall’offerta; ovvero se la stazione appaltante, constatato che tale indicazione non corrisponde al complessivo costo della manodopera impiegata per l’esecuzione dell’appalto, debba procedere non all’immediata esclusione dell’offerta ma all’avvio del procedimento di verifica della congruità dell’offerta nel cui ambito sarà tenuta ad accertare la conformità del costo del personale rispetto ai minimi salariali indicati nelle apposite tabelle ministeriali di cui all’art. 23, comma 16, del Codice dei contratti (art. 97, comma 5, lettera d), al quale rinvia l’art. 95, comma 10, ultimo periodo).
9.2. Va rilevato, anzitutto, che la questione non è risolvibile nei termini di un mero errore materiale, riconoscibile ictu oculi e quindi emendabile direttamente dalla stazione appaltante, posto che, nel caso di specie, dall’esame del documento contenente l’offerta economica non emergono elementi che facciano dubitare della corrispondenza di quanto indicato all’effettiva volontà del dichiarante. In particolare, il fatto che nell’offerta economica l’importo errato sia stato ripetuto sia in cifre che in lettere non lo rende immediatamente riconoscibile sulla base della mera lettura dell’offerta. Per giungere a tale conclusione occorrerebbe procedere a un’attività interpretativa basata su dati esterni al documento (quale, per esempio, l’importo del contratto posto a base di gara, che potrebbe rivelare la palese incongruenza del costo della manodopera indicato), ma la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato è univoca non solo nell’affermare che l’errore può essere considerato tale solo se riconoscibile dal contesto stesso dell’atto e senza bisogno di complesse indagini ricostruttive (dovendo concretarsi in una «discrepanza tra volontà decisionale chiaramente riconoscibile da chiunque e rilevabile dal contesto stesso dell’atto»: Cons. Stato, VI, 2 marzo 2017, n. 978; V, 11 gennaio 2018, n. 113; id., 24 agosto 2021, n. 6025; id., 26 gennaio 2021, n. 796), richiedendo una correzione di ordine meramente materiale (Cons. Stato, III, 20 marzo 2020, n. 1998). In tale prospettiva, ai fini della eventuale emendabilità occorre che a questa «si possa pervenire con ragionevole certezza, e, comunque, senza attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima o a dichiarazioni integrative o rettificative dell’offerente (Cons. Stato, III, 28 maggio 2014, n. 1487)» (in termini Cons. Stato, V, 9 dicembre 2020, n. 7752; Id. 2 agosto 2021, n. 5638).
9.3. Tuttavia, sebben non si tratti di errore materiale riconoscibile ed emendabile (e in tal senso va quindi modificata e corretta la motivazione della sentenza appellata), la attendibilità del costo della manodopera previsto nell’offerta deve essere, in ogni caso, accertata nella sede propria del procedimento di verifica della congruità dell’offerta. L’art. 95, comma 10, del Codice dei contratti pubblici, non prevede, infatti, per l’ipotesi di errata o incongrua indicazione del costo della manodopera, l’immediata esclusione dell’offerta (prevedendo tale grave conseguenza unicamente per il caso della omessa indicazione: in termini Cons. Stato, V, 30 giugno 2020, n. 4140), ma impone la verifica della congruità ai sensi dell’art. 97, comma 5, lettera d); e solo se la verifica risultasse negativa l’offerta potrebbe essere esclusa.

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