Conflitto di interessi attuale e potenziale , situazioni tipizzate e non tipizzate : differenza (art. 42 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 20.07.2022 n. 6389

Il Codice dei contratti pubblici se ne occupa: nell’art. 42 (Conflitto di interesse), che delinea la fattispecie nei riguardi, in particolare, della stazione appaltante e dei suoi dipendenti; nell’art. 77 (Commissione giudicatrice), che, al comma 6, la richiama per i commissari di gara e per i segretari delle commissioni; nell’art. 80, comma 5, lett. d), che rinvia all’art. 42, comma 2, prevedendola, nei riguardi dell’operatore economico, come causa di esclusione quando la situazione di conflitto di interesse non sia “diversamente risolvibile”.
Le disposizioni del d.lgs. n. 50 del 2016 sono attuative del 16° considerando della direttiva 2014/24 sui lavori pubblici (“Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero avvalersi di tutti i possibili mezzi a loro disposizione ai sensi del diritto nazionale per prevenire le distorsioni derivanti da conflitti di interesse nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici. Tra questi potrebbero rientrare le procedure per individuare, prevenire e porre rimedio a conflitti di interessi”) e dell’art. 24, paragrafo 2, della stessa direttiva (“Il concetto di conflitti di interesse copre almeno i casi in cui il personale di un’amministrazione aggiudicatrice o di un prestatore di servizi che per conto dell’amministrazione aggiudicatrice interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti o può influenzare il risultato di tale procedura ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto”).
La definizione di conflitto di interesse contenuta nella direttiva è testualmente ripresa dall’art. 42, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 che vi aggiunge l’inciso finale che “In particolare, costituiscono situazioni di conflitto di interesse quelle che determinano l’obbligo di astensione previste dall’art. 7 del DPR 16 aprile 2013, n. 62” (che contiene il regolamento recante il codice di comportamento dei dipendenti pubblici).
Quest’ultima disposizione, intitolata “Obbligo di astensione”, richiamando le fattispecie contemplate nell’art. 51 cod. proc. civ. (sull’obbligo di astensione del giudice) prevede che il dipendente “si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza.”.
Risulta evidente dalla sola lettura delle richiamate disposizioni come la problematica del conflitto di interesse sia stata particolarmente presente al legislatore del Codice dei contratti pubblici, che, in tale settore, ne ha ampliato la portata risultante da una precedente elaborazione giurisprudenziale, estendendo l’obbligo di astensione alle ipotesi non tipizzate delle “gravi ragioni di convenienza” del detto art. 7. Queste, oltre a coincidere con l’identica previsione dell’art. 51 c.p.c., sono sostanzialmente coincidenti con le situazioni che altre disposizioni di legge qualificano come conflitto di interesse potenziale (cfr. art. 6 bis della legge n. 241 del 1990 e 53, comma 14, del d.lgs. n. 165 del 2001).
4.1. Su tale aspetto di novità si è soffermato questo Consiglio di Stato nel parere n. 667/2019 del 5 marzo 2019, espresso sullo Schema delle Linee guida ANAC aventi ad oggetto “Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici”, in attuazione dell’articolo 213, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.
In particolare, la Sezione consultiva per gli atti normativi ha evidenziato come “occorra distinguere situazioni di conflitto di interessi da un lato conclamate, palesi e soprattutto tipizzate (quali ad esempio i rapporti di parentela o coniugio) che sono poi quelle individuate dall’art. 7 del d.P.R. n. 62 del 2013 citato; dall’altro non conosciuti o non conoscibili, e soprattutto non tipizzati (che si identificano con le “gravi ragioni di convenienza” di cui al penultimo periodo del detto art. 7 e dell’art. 51 c.p.c.)” ed ha nel prosieguo precisato che “rilevano sia palesi situazioni di conflitto di interessi, sia situazioni di conflitto di interessi (in questo senso) potenziali, perché tale nozione include non soltanto le ipotesi di conflitto attuale e concreto, ma anche quelle che potrebbero derivare da una condizione non tipizzata ma ugualmente idonea a determinare il rischio.”.
Le situazioni di “potenziale conflitto” sono identificate in primo luogo, in quelle che, per loro natura, pur non costituendo allo stato una delle situazioni tipizzate, siano destinate ad evolvere in un conflitto tipizzato. A queste vengono aggiunte “quelle situazioni le quali possano per sé favorire l’insorgere di un rapporto di favore o comunque di non indipendenza e imparzialità in relazione a rapporti pregressi, solo però se inquadrabili per sé nelle categorie dei conflitti tipizzati. Si pensi a una situazione di pregressa frequentazione abituale (un vecchio compagno di studi) che ben potrebbe risorgere (donde la potenzialità) o comunque ingenerare dubbi di parzialità (dunque le gravi ragioni di convenienza)”.
4.2. A completamento di quanto sopra, vanno menzionate le Linee Guida Anac n. 15 del 15 giugno 2019, le quali definiscono il conflitto di interesse come “la situazione in cui la sussistenza di un interesse personale in capo ad un soggetto operante in nome o per conto della stazione appaltante che interviene a qualsiasi titolo nella procedura di gara o potrebbe in qualsiasi modo influenzarne l’esito è potenzialmente idonea a minare l’imparzialità e l’indipendenza della stazione appaltante nella procedura di gara”.
4.3. Dal punto di vista soggettivo è poi significativo che già l’art. 42, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 ponga in alternativa, tra il personale della stazione appaltante, quello che “interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni” e quello che “può influenzarne, in qualsiasi modo il risultato”.
L’interpretazione letterale – avallata sia dal detto parere del Consiglio di Stato che dalle Linee Guida Anac – induce ad escludere che si tratti di un’endiadi.